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La chiesetta di via Teodolinda, due Regine e tre Re Magi

Chiese oratori e cappelle del Municipio 2.

Non tutti la notano correndo veloce lungo via Palmanova. Anche perché la chiesetta dei Re Magi è girata, giustamente, verso il centro dell’antichissimo borgo di Corte Regina, mentre via Palmanova è stata realizzata solo negli anni ’50 del ‘900. È la chiesa dei Re Magi, che si trova in via Regina Teodolinda e che Barnabò Visconti volle restaurare per donarla alla consorte Regina della Scala. Ecco le due regine che accompagnano i tre Re Magi. Il sito si può raggiungere con la metro linea 2, fermata Crescenzago. Proseguendo poi a piedi in via Rottole, che un tempo costituiva la Via Postale Veneta in uscita dalla Porta Orientale e diretta verso Bergamo.

Prima del sito di Cimiano – le cui citazioni risalgono all’anno 912 – e prima ancora di Crescenzago, la cui comunità si costituisce intorno al 1140, il sito di Corte Regina (se si assume per vera la tradizione di un podere appartenuto alla regina Teodolinda) si può far risalire al periodo tra il 588 e il 628, gli anni del regno di Teodolinda. Sito che, trovandosi lungo la via militare romana di Milano, era spesso occupato da compagnie costrette, prima di entrare in città, a una quarantena a causa delle frequenti pestilenze. 

Ecco una breve storia dei personaggi importanti, che, secondo la tradizione, avrebbero attraversato questo luogo.

Teodolinda (570-627) Figlia del duca dei Bavari venne data in sposa al re dei Longobardi, Autari, suggellando l’alleanza tra le due popolazioni. Ma dopo un anno dal matrimonio Autari morì, costringendo Teodolinda a un secondo matrimonio con Agilulfo, duca di Torino. A Monza, capitale estiva del regno, fece costruire nel 595 la Basilica di San Giovanni, il Palazzo Reale, oltre a diverse chiese e monasteri in Brianza. Alla morte di Agilulfo (616) Teodolinda resse il regno fino alla maggiore età del figlio Adaloaldo (624), dopodiché si ritirò a vita privata, morendo nel 627.

Il re Rotari (606-652) L’ariano Rotari divenne re alla morte di Arioaldo, sposandone la vedova cattolica Gundeperga, figlia di Teodolinda. Allargò il dominio dei Longobardi in quasi tutta Italia, ma la sua fama è legata soprattutto alla riforma del diritto longobardo, trasmessa non più per via orale ma scritta, conosciuta come Editto di Rotari. 

Barnabò Visconti (1323-1385) e Regina della Scala (1335-1384) Barnabò era nipote di Matteo Visconti, signore di Milano e della Lombardia, morto nell’abbazia di Crescenzago. Era anche nipote di Giovanni, arcivescovo di Milano, che sognava di riunire l’Italia settentrionale sotto la guida della signoria viscontea. Per tale motivo fece sposare il nipote Galeazzo II con Bianca di Savoia e Barnabò con Beatrice Regina della Scala, figlia di Mastino II signore di Verona. Ma Beatrice era una donna volitiva ed energica: non solo diede al marito ben 15 figli, ma fu la sua maggiore consigliera negli affari di stato. Lui la ricambiò con onori e privilegi e le donò la chiesa di Corte Regina.

Beatrice della Scala aveva fatto erigere nel centro di Milano la chiesa di Santa Maria della Scala (sulle cui fondamenta venne poi eretto il Teatro alla Scala) e, ristrutturando il castello di Sant’Angelo Lodigiano, ne fece la sua dimora principesca. Precedette il marito nella morte di oltre un anno, il 18 giugno 1384.

Il Convento delle Monache della Vettabbia

La tradizione vuole che a Corte Regina e nella chiesina lì vicino abitasse una comunità di Monache della Vettabbia. 

Le monache. Le cronache medievali citano l’esistenza del Monastero della Vettabbia, detto anche delle Vergini, nato da una comunità di suore Umiliate fin dalla metà del XIII secolo. Avevano ottenuto l’autorizzazione da papa Innocenzo IV (1251) di possedere beni immobili; ma godevano pure di ricche risorse, grazie alle donazioni delle famiglie principesche e più facoltose di Milano. Il monastero fu soppresso il 4 aprile 1799 in epoca napoleonica. Le monache rimasero nel convento di Corte Regina fino al 1773, quando dovettero trasferirsi a seguito delle leggi emanate dall’imperatore Giuseppe II. Quindi è ipotizzabile che le monache diventassero custodi della chiesa eretta da Barnabò Visconti nel 1352 in onore della consorte Beatrice Regina della Scala.

I proprietari successivi. In seguito alle leggi giuseppine, nel 1774 il convento e la chiesa annessa vennero dati in proprietà alla Fabbriceria della Canonica di Crescenzago e le terre passate al Fondo di Religione, che a sua volta cedette i possedimenti terrieri a diversi privati. 

Conclude il ricercatore Enrico Negri a metà del 1900: «Verso la fine del secolo scorso la chiesa di Corte Regina e i resti del Monastero erano di proprietà della Famiglia Galbiati; passò poi a certo Minoia e oggi appartiene al sig. Imperatori, che credo abiti attualmente a Roma.» Successivamente, il signor Imperatori, o un suo discendente, cedette la chiesa a don Giuseppe Del Corno.

Santa Maria in Corte Regina

La chiesina eretta da Barnabò a Corte Regina era dedicata a Santa Maria ed è probabile che durante la grande peste di Milano sia stata adibita anche a lazzaretto. In anni successivi le monache della Vettabbia la dedicarono ai Santi Re Magi.  Dedicazione approvata dal card. Federico Borromeo che amava i luoghi intorno a Cimiano a tal punto che nella zona delle cascine (odierno Parco Lambro) volle acquistare una cascina per farne una residenza di campagna, che chiamò Villa Gregoriana. Ma nel suo testamento decise che la cascina divenisse proprietà della Biblioteca Ambrosiana da lui fondata nel centro di Milano. Da qui il nome di Cascina Biblioteca, tutt’oggi esistente al Parco Lambro.

Assicuratosi il possesso della chiesetta, il parroco di Crescenzago vi tenne regolari funzioni fino al 1820, anno in cui, forse per mancanza di sacerdoti, la chiesa rimase chiusa e abbandonata. A questo punto il Comune di Crescenzago chiese alla Imperial Regia Delegazione di Milano di avere la concessione della chiesetta per adibirla a scuola comunale. La scuola iniziò a funzionare dal 1823, accogliendo bambini provenienti da Corte Regina, Cimiano e Crescenzago. Ma insorse la Fabbriceria di Santa Maria Rossa, che reclamava il rimborso delle spese di affitto e di manutenzione. Il 23 luglio 1824 le autorità ordinavano al Comune di sgomberare la chiesetta, che rimase chiusa nuovamente.

La chiesa diventa cascina. Nel 1833, come riporta lo storico locale Enrico Negri, «la chiesetta di Corte Regina venne venduta e i nuovi proprietari la trasformarono in cascina. […] Da allora ciò che rimaneva della graziosa costruzione quattrocentesca subì danni e oltraggi gravissimi».

Tuttavia, rivela lo stesso Negri, già alla fine dell’800, l’architetto Tito Vespasiano Paravicini aveva raccolto in un opuscolo notizie storiche e architettoniche nonché il “disegno della chiesetta prima della sua trasformazione”. Con tutta probabilità sono questi documenti che permisero all’architetto Agostino Del Corno, di riportare la chiesa dei Re Magi alla sua origine architettonica.

Dopo essere stata trasformata in cascina, la sconsacrata chiesetta rimase tale per oltre 130 anni, fino alla metà degli anni ’60, quando venne ripresa, ristrutturata e riconsacrata da don Giuseppe Del Corno. Nel frattempo – registra Enrico Negri – «un muro non molto alto che parte dal lato sinistro della facciata racchiude la chiesuola e i resti del Convento in un cortile ove sono alcune stalle e vari fienili. La mutilazione ultima fu la demolizione del piccolo campanile avvenuta verso il 1900, il quale, sia pure che fosse d’epoca posteriore, era ugualmente interessante giacché anch’esso faceva parte dell’antico Monastero». 

La ricostruzione della chiesa dei Re Magi

Erano passati molti decenni dalla visita alla chiesa dell’architetto Paravicini, era avvenuto il degrado a cascina agricola o peggio a deposito di materiali, erano scoppiate due guerre, erano arrivati gli sfollati della seconda guerra che avevano distrutto gran parte dell’antico oratorio dei Re Magi. Gli sfollati rimasero “accampati” nella chiesa-cascina fino a metà degli anni ’60: innalzarono soppalchi per ricavarne due piani di stanze ed alloggi, con uscita da scale esterne lungo il muro perimetrale dell’edificio. Vi furono aperte osterie e botteghe di artigiani, eppure don Giuseppe non abbandonò il suo proposito di riportare la chiesa alle antiche origini del culto cristiano. 

Studiando le carte trovate in archivio inerenti la costruzione della chiesa, don Giuseppe, con l’esperienza di restauratore di antichi edifici di culto, e il nipote architetto Agostino Del Corno, negli anni ’60 si accinsero all’impresa di ripristinare il culto nell’antica chiesa viscontea. Ma, prima di tutto, serviva averne la proprietà e la giurisdizione ecclesiastica. Successivamente trovare una sistemazione per le famiglie di sfollati che la occupavano. E poi servivano risorse economiche. Sembra un miracolo, ma i lavori furono portati a termine nel giro di due anni (1965-66), grazie anche alla generosa collaborazione del proprietario signor Imperatori. Le antiche stampe scoperte in archivio parrocchiale permisero all’architetto Del Corno di riprendere la linea architettonica della chiesa seguendo i muri perimetrali d’un tempo, soprattutto nell’abside e nella ricostruzione del campanile distrutto. Intervenne la contessa Ida Covi Colombo con un generoso sostegno economico: Antonio Martinotti, nel nuovo affresco dell’abside con l’Adorazione dei Magi realizzato nel 1965, pose la sua immagine sulla sinistra della scenografia, mentre sulla destra veniva riprodotto il cardinal Montini, poi divenuto papa Paolo VI, a ricordo del decennio d’ingresso nella diocesi di Milano (1955). 

Invitato insistentemente da don Giuseppe, il 5 gennaio 1967 giungeva l’arcivescovo cardinal Giovanni Colombo e inaugurava solennemente la ripristinata chiesa dei Re Magi, celebrandovi la santa Messa sopra il nuovo altare, ricavato dall’abbeveratoio trovato nella vecchia cascina di Corte Regina.

NB. Buona parte del testo è ripresa dal libro dell’autore “Via Palmanova” in vendita nelle edicole di via Carnia.

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