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Bruno Bozzetto, il signor Rossi e Carosello

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Precursore del film d’animazione italiano, quindi disegnatore, sceneggiatore, montatore, regista, scrittore, Bruno Bozzetto ha mostrato fin da ragazzo una grande passione per il cinema. 

Dopo oltre quarant’anni in cui si è diviso fra lo studio in via Melchiorre Gioia, scelta perché su una comoda direttrice che lo collegasse a Bergamo, dove ha ristrutturato un magnifico cascinale, abbiamo incontrato Bruno Bozzetto nel suo buen retiro sulle colline di bergamasche, in mezzo a una natura rigogliosa, dove si sentono ancora i galli cantare e si può ammirare il profilo di Bergamo Alta all’orizzonte.

Qui vive con la moglie e, come in una sorta di comune, assieme ai figli e a innumerevoli “amici” animali: cani, gatti, tortore, pappagalli (e anche una pecora). Ci accoglie con grande gentilezza e l’ironia che, malgrado il tempo, resta sempre arguta e traspare spesso attraverso i suoi occhi limpidi. La sua fama inizia molti anni fa quando, ancora studente, realizza insieme ai compagni di scuola il primo cortometraggio (Donald Duck), per poi, dopo un paio di film sul mondo degli insetti, dedicarsi all’animazione vera e propria, sfidando un panorama dominato dal colosso Walt Disney.

Quando ha iniziato ad appassionarsi all’animazione? 

«La mia passione per il disegno viene da lontano, da un nonno pittore che rappresentava madonne e angeli, molto distante dal mio stile, però ho assorbito le nozioni del disegno, del senso delle proporzioni e della prospettiva. Insomma, non ho studiato disegno ma l’avevo nel DNA.

Quando ho iniziato, il materiale per poter realizzare i cartoni animati era oltremodo costoso e ingombrante così, per capire come arrivare a realizzare un’animazione, ho pensato a Paperino che cammina (molto difficile) facendo tanti disegni in sequenza su carta trasparente. All’epoca, il disegno animato era considerato attività da prestigiatori, ma mio padre si era reso conto che la mia era una passione vera e allora mi ha aiutato a realizzare, con strumenti decisamente casalinghi quanto ingegnosi, come l’asse da stiro di mia madre su cui ha fissato la macchina da presa, il mio primo cortometraggio d’animazione “Tapum, la storia delle armi”, presentato addirittura al Festival di Cannes nel 1958. Avevo solo 20 anni.

Quando penso a quell’evento, devo dire che la bravura e il talento non bastano nella vita, occorre anche un pizzico di fortuna e spiego il perché. A Cannes, dove ho presentato il film, c’era Pietro Bianchi, noto critico cinematografico de “Il Giorno” che, annoiato da un film con la Loren, esce dalla sala e, percorrendo un corridoio, passa davanti a una saletta dove si proiettava il mio film. Lo vede, e il giorno successivo il giornale esce con un titolone che più o meno dice che è migliore il film di Bozzetto rispetto a quello con la Loren. L’attenzione si polarizza su di me, mi chiedono di fare film, Caroselli per la Rai, collaborazioni con animatori e produttori stranieri. Subito dopo mi chiamano dalla Innocenti per un Carosello, che mi ha fatto vincere un premio importante.

Altra mia grande passione è il montaggio dei film, a cui mi dedico con gioia perché sono convinto che montaggio e suono siano gli elementi che davvero fanno il film».

Poi ha inventato il signor Rossi…

«Sì, questo piccolo uomo di mezza età che incarna l’uomo medio, in cui gli stessi spettatori si riconoscono perché è normale, senza doti da supereroe, mi ha fatto conoscere in giro per il mondo. È quindi diventato protagonista di tre cortometraggi (il primo del 1960) ed è anche apparso in tre film prodotti per il cinema».

Si può dire che Fantozzi ha preso molto dall’animazione, e c’è anche, in Fantozzi, un po’ di Rossi.

«Che io, tra l’altro, non facevo parlare. Il muto non creava problemi linguistici e funzionava perfettamente anche all’estero, mentre la Rai ha poi voluto dargli voce. La differenza tra il vero e l’animazione però è notevole: l’animazione è ironica mentre il vero è più forte, più pesante». 

Quando inizia la sua attività in via Melchiorre Gioia, nell’attuale zona 2?

«Dal 1960, quando in Melchiorre Gioia la Martesana era ancora scoperta e la si attraversava passando sui ponticelli. Avevo fondato la Bruno Bozzetto Film, con la partecipazione, nel tempo, di autori e registi famosi come, tra gli altri, Guido Manuli, Giuseppe Laganà e anche Maurizio Nichetti, che mi aveva fatto rinascere la voglia di cinema. Ha fatto lo sceneggiatore e l’attore in molte produzioni, abbiamo lavorato molto bene insieme e ci siamo anche divertiti». 

Vogliamo parlare di Bozzetto divulgatore scientifico?

«C’è stata la bellissima esperienza con Piero Angela, per cui nutro una profonda ammirazione. Ho letto tutti i suoi libri che, nel corso della lettura, tramutavo nella mia mente direttamente in un film. Siamo negli anni ’80: un certo giorno Angela mi telefona dicendomi che la Rai gli ha affidato la rubrica “Quark” e mi propone di lavorare con lui. Ho fatto un centinaio di filmati per la sua trasmissione. Abbiamo lavorato insieme in maniera meravigliosa, perché eravamo in sintonia e c’era la massima libertà.

Ritengo che la scienza sia l’unica cosa su cui basarci, dovrebbe essere il fondamento della vita, non si può prescindere dalle conoscenze. Nel mio lavoro c’è un forte legame con la realtà, con quello che vedo.

Ho fatto i primi film sull’ecologia prima che nascesse la parola. I libri mi hanno dato molto, ho imparato molto sulla natura. 

L’elenco dei suoi lavori è incredibilmente lungo. Oltre 300 film, non solo di animazione ma anche con attori in carne ed ossa, spot pubblicitari, cortometraggi distribuiti in tutto il mondo. Ed è altrettanto lungo l’elenco dei prestigiosi premi che le sono stati riconosciuti, dall’Orso d’Oro a Berlino, la nomination all’Oscar nel 1991 per Cavallette, il Festival di Cannes, il David di Donatello, il Nastro d’argento, tanto per citarne alcuni». 

L’elenco dei suoi lavori è incredibilmente lungo. Oltre 300 film, non solo di animazione ma anche con attori in carne e ossa, spot pubblicitari, cortometraggi distribuiti in tutto il mondo. Ed è altrettanto lungo l’elenco dei prestigiosi premi che le sono stati riconosciuti, dall’Orso d’Oro a Berlino, la nomination all’Oscar nel 1991 per Cavallette, il Festival di Cannes, il David di Donatello, il Nastro d’argento, tanto per citarne alcuni. Quando è arrivata la tecnologia  com’ è cambiato il modo di fare animazione?

«Un giorno mi chiama un’agenzia di Milano e mi chiede una piccola pubblicità, ma fatta con Adobe Flash.

Comincio a studiare la tecnica per realizzarla e mi rendo conto di poter usare forme geometriche per rappresentare, ad esempio, uomini e macchine: visti dall’alto gli uomini diventavano un cerchio e le auto un rettangolo. Il film ironizza su alcuni stereotipi della nostra società, come il comportamento degli italiani sui passaggi pedonali, al mare, al bar (8 persone con 8 diversi tipi di caffè), al momento dell’atterraggio dell’aereo (applausi) e così via.

Oggi è tutto più difficile, manca la comunicazione diretta, anche per colpa del Covid. Costretti ad isolarci, abbiamo imparato lo smart working, si lavora davanti ad un computer ma è un po’ innaturale. In compenso ci ha aiutati a gestire le riunioni e a non renderle caotiche come i talk show che vediamo in TV. Personalmente sento il bisogno del contatto, di parlare con la gente, il mio mestiere è comunicare.

I giovani sono decisamente più tecnologici, però meno bravi nel rapporto umano. 

Comunque posso dirmi soddisfatto del mio percorso fin qui».

E ora?

«Avevo pensato di non fare più nulla, perché ho lavorato tantissimo senza tregua, però… ora sto facendo tre film contemporaneamente, ispirati a tre pezzi di musica classica, in cui vorrei parlar male dell’uomo nel suo rapporto con gli animali che vengono sterminati, senza pensare all’equilibrio della natura. Io sto dalla parte degli animali, sono diventato vegetariano, amo gli insetti e li difendo perché fanno parte di un sistema che rischia di scomparire. L’importante è che se ne parli».

Abbiamo trascurato di proposito l’anno di nascita di Bruno Bozzetto perché la sua ironia, le idee, la vitalità e l’entusiasmo che mostra sono quelle di un ragazzo.

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