di Cesare Lopopolo
Potlatch, dal termine chinook a indicare «dono» è un luogo di aggregazione culturale e contemporaneamente libreria indipendente attivo in via Padova da ormai tre anni. Ogni oggetto al suo interno è acquistabile tramite offerta libera: libri, dischi e fotografie. Si tratta di una realtà animata da una filosofia di libertà e rivendicazione del tessuto urbano e culturale della città.
Hanno scelto il quartiere di via Padova per ospitare incontri, presentazioni di libri, concerti e momenti di associazione; siamo andati a scoprire e conoscere questo nuovo e unico spazio in zona due. Ne parliamo con Francesco Tartaglia.
Cos’è Potlatch? Che cosa significa per voi e come nasce?
«Potlatch è un’associazione di Promozione Sociale fondata 3 anni fa con sede in via Padova 65. La finalità principale è quella di promuovere e diffondere il libro, più in generale la cultura in tutte le sue forme e offrire alla città e a via Padova, uno spazio aperto di condivisione e scambio.
Potlatch è uno spazio colmo di libri, dischi, vecchie fotografie, stampe. Quasi tutto è cedibile in cambio di un contributo economico libero, che consente il sostentamento dell’associazione.
L’idea di Potlatch nasce da un gruppo di persone che per anni ha frequentato la libreria di Aldo installata sulle panchine in via Ampere, all’ingresso della facoltà di Architettura al Politecnico di Milano. Aldo per vent’anni, anticipando l’Amsa, ha recuperato libri destinati alla discarica, che poi sistemava sulle panchine, un punto d’incontro e condivisione frequentato da studenti, docenti del Politecnico, passanti e perdigiorno.
Da ciò è maturata l’idea di creare un progetto che avesse il libro come elemento centrale ma che fosse innanzitutto un’iniziativa di produzione e diffusione culturale.
Potlatch ci è sembrato subito il nome più adatto; si tratta di un’arcaica cerimonia durante la quale i Nativi Americani della costa nord del Pacifico trasmettevano il proprio patrimonio culturale sfidandosi a spezzare il legame con le cose, scambiando e distruggendo beni e ricchezze.
Abbiamo scelto via Padova, che già conoscevamo molto bene, perchè ci sembrava l’unico luogo fertile di Milano dove far nascere questa realtà.
È un progetto collettivo, inclusivo e in continua evoluzione. In questi anni si sono aggiunti pezzi, energie e oggi, grazie al lavoro volontario di sei persone, offriamo una presenza continua sul territorio, con un’apertura al pubblico tutti i giorni al pomeriggio e una serie di eventi culturali».
Cosa vuol dire oggi aprire una “libreria indipendente” in via Padova a Milano?
«Potlatch è anche una libreria. Il libro è sicuramente un elemento centrale del progetto, ma ci piace pensarla come un contenitore più ampio: un presidio culturale nel mezzo di via Padova».
Tutti i volumi che vendete all’interno della libreria sono di seconda mano, ceduti, trovati o regalati, da dove nasce questa filosofia?
«Come già detto, sicuramente l’esperienza di Aldo, che per anni è uscito tutte le mattine all’alba per recuperare i libri dai cassonetti bianchi prima che i camion dell’Amsa li portassero in discarica, ci ha illuminato. Abbiamo capito che i libri, ma in generale tutto ciò che è cultura (dischi, fotografie, quadri, stampe) spesso sono visti dai milanesi solo come oggetti ingombranti e d’intralcio, per i quali non c’è spazio in casa. La nostra missione è recuperare ciò che per alcuni è scarto, materiali che noi invece riteniamo molto preziosi, selezionando, valorizzando e mettendoli di nuovo in circolazione. È molto interessante, soprattutto in questo periodo storico, proporre un modello di attività totalmente sostenibile come questo».
Se do un occhio alla vostra pagina Facebook, vedo che organizzate anche eventi, concerti, mostre, letture, proiezioni, parlatecene un po’
«Sì, organizziamo diversi eventi.
Forse quello a cui siamo più legati è Movimento Dischi che si svolge a giovedì alterni dalle 18 alle 21 in libreria. Lanciamo un invito e chiediamo a un’artista (ma in generale chiunque abbia una sensibilità musicale) di venire in libreria e suonare, improvvisando una selezione di dischi dal nostro sterminato archivio. Si crea un momento di scambio e di crescita molto interessante, perché chi suona si trova a dover improvvisare guidato dall’istinto, magari scegliendo anche dischi mai ascoltati prima, mentre noi abbiamo occasione di conoscere più approfonditamente il nostro archivio.
In più abbiamo proposto una rassegna di quattro concerti, Movimento Suoni, che si è svolta nel nostro magazzino, dove abbiamo chiesto agli artisti di creare una relazione con lo spazio, inserendo per esempio delle letture dai libri di Potlatch nelle loro performance.
Organizziamo periodicamente proiezioni, promuovendo cinema indipendente e sperimentale, oltre a presentazioni di libri».
Che rapporto avete con il quartiere di via Padova e in particolare la zona due di Milano?
«Il nostro rapporto con il quartiere e la zona due si consolida giorno dopo giorno, chi entra in libreria e ci conosce si rivela entusiasta, spesso torna.
Anche con il Municipio 2 c’è un buon dialogo: abbiamo partecipato, con la presentazione del libro I diavoli di via Padova di Matteo Speroni, alla rassegna letteraria Non Rassegniamoci promossa dal Municipio 2.
Abbiamo costruito relazioni con varie associazioni di quartiere e le altre librerie di zona, spesso lavorando insieme.
Siamo stati parte attiva nella realizzazione di A Filo Refe, un progetto finanziato da Cariplo, che ha proposto un approfondimento sul tema del carcere. Il progetto, ancora in corso, ha proposto la proiezione di una serie di film sia in zona, sia nel carcere di Bollate, una serie di incontri sul tema, uno scambio tra la biblioteca di Crescenzago e quella del carcere di Bollate.
L’intento è quello di uscire sempre di più dal nostro spazio in via Padova 65, aprendoci al quartiere e a chi lo vive, tant’è che stiamo progettando per la primavera del 2023 una grossa festa che si svolgerà nelle strade del quartiere».
Piazzale Loreto con annessi i territori urbani circostanti, tra questi via Padova, sarà presto oggetto di un considerevole progetto di riqualificazione, cosa ne pensate e come vedete il futuro di Potlatch al suo interno?
«Questo è un tema abbastanza delicato. I progetti di riqualificazione proposti devono essere accompagnati da efficaci politiche sociali, soprattutto per quanto riguarda la questione abitativa, in grado di tutelare le fasce più deboli, che rischiano di essere espulse dalla zona una volta realizzati progetti che porteranno sicuramente all’esplosione del mercato immobiliare. Il tessuto sociale vario e multietnico di via Padova è ciò che la rende ricca e va tutelato, se la riqualificazione va ad intaccare questo equilibrio preferiamo tenerci la via così com’è».