14.9 C
Milano
martedì, 17 Settembre 2024
  • Intesa San Paolo SpazioXnoi
HomeCultura e storiaQuartieriVia Mosso 4, il recupero della “casa col buco”

Via Mosso 4, il recupero della “casa col buco”

di Dino Barra

Tredici anni: da tanto dura la vicenda dell’edificio di via Mosso 4, bene confiscato alla criminalità organizzata.

Di proprietà dell’ex finanziere bresciano Stefano Raccagni, accusato di essere a capo di un’organizzazione criminale dedita al rilascio di permessi di soggiorno falsificati, la palazzina viene confiscata nel 2011 e passa sotto la gestione dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati alla Criminalità organizzata che la tiene inutilizzata per sette anni.

In questo periodo diventa luogo di spaccio e prostituzione, deposito di immondizia, ricovero per un’umanità disperata. Vi si accede da un buco del muro di cinta, di qui l’appellativo di “casa col buco” datagli dagli abitanti dei dintorni. Anche su richiesta dei cittadini, nel giugno 2018 il Comune acquisisce la gestione dello stabile bonificando e mettendo in sicurezza l’intera area. C’è tuttavia poca chiarezza sulla destinazione di questo luogo che continua ad essere abbandonato per tutti gli anni successivi, con interventi sporadici di pulizia e di controllo.

Le associazioni di zona premono per la ristrutturazione e funzionalizzazione dello stabile ad attività sociali. Nel 2021 il “mutuo soccorso” di quartiere ottiene di poter utilizzare i due box della casa per depositarvi mobili usati da distribuire alle famiglie in difficoltà: un’attività meritoria ma anche un modo per presidiare l’area.

Nel 2023 arriva la notizia che in tanti aspettavano: via Mosso 4 è inserita nel programma di interventi finanziati con fondi PNRR, la palazzina è destinata a diventare luogo di accoglienza temporanea per persone in condizioni di disagio sociale. 

Al “mutuo soccorso” viene chiesto di cambiare sede. L’inizio dei lavori sembra imminente ma bisognerà attendere un altro anno perché si torni a parlare di apertura dei cantieri. Ora, finalmente, sembra essere la volta buona.

Abbiamo parlato di Mosso 4 con Lamberto Bertolè, assessore al Welfare e Salute, che ha le competenze in materia di gestione dei beni confiscati. Riportiamo il contenuto dell’intervista procedendo per nuclei tematici.

I beni confiscati alla criminalità organizzata nel Comune di Milano. Sono circa 230 (esercizi commerciali, magazzini, appartamenti…) disseminati in tutti i Municipi, riconvertiti ad attività sociali. La loro presenza ricorda a tutti – similmente alle Pietre di Inciampo dedicate alla memoria dei deportati e uccisi dai nazifascisti – la permanenza di un pericolo, quello mafioso, sempre in agguato anche a Milano. Questi beni, però – sottolinea l’assessore – raccontano anche i successi dello Stato nella lotta contro il fenomeno criminale e l’impegno per restituire “il maltolto” a un principio di legalità, in coerenza con le intenzioni di chi la legge sui beni confiscati ha fortemente voluto, il deputato siciliano Pio La Torre.

Come vengono gestiti i beni confiscati presenti in città. I beni confiscati offrono al Comune importanti opportunità di intervento sociale ma non si possono ignorare i limiti delle risorse finanziarie a disposizione. Molti di questi beni hanno bisogno di essere ristrutturati e questo implica costi a volte notevoli. La scelta circa la destinazione dei beni confiscati cerca di tener conto dei bisogni sociali più pressanti e delle condizioni ambientali in cui il bene confiscato è collocato ma viene decisa anche tenendo conto delle opportunità di finanziamento che possono presentarsi, che vengono a volte utilizzate anche se impongono destinazioni diverse da quelle immaginate. 

Per una parte di questi immobili c’è una gestione diretta del Comune – nella fattispecie, dell’assessorato al Welfare – che riguarda ad esempio alcuni appartamenti considerati a tutti gli effetti come patrimonio residenziale pubblico. Altro tipo di strutture sono affidate a enti del terzo settore con l’obiettivo di incentivare economia civile virtuosa e sostenibile, il vero antidoto alla mentalità mafiosa, e anche questa è un’intuizione contenuta nell’impegno di Pio La Torre a cui il Comune cerca di rimanere fedele.

I beni confiscati presenti in Municipio 2. Anche in questo Municipio ci sono beni confiscati alla criminalità organizzata e riconvertiti ad attività sociali. Nei pressi di viale Monza, in via Jean Jaures, in un ex night club, la Fondazione Archè porta avanti percorsi di inserimento lavorativo per persone fragili; in largo Fratelli Cervi, nei pressi di via Venini, una ex lavanderia è diventata sede di molteplici attività aggregative aperte ai cittadini. E questo è ciò che si vede. Poi c’è quello che non è così manifesto: svariati appartamenti una volta appartenuti ad associazioni criminali sono ora assegnati a famiglie in emergenza abitativa. Accade in via Oxilia e in numerosi altri luoghi di questo Municipio.

La palazzina di via Mosso 4: quale destinazione. L’Amministrazione Comunale è consapevole della ferita che Mosso 4 ha costituito in tutti questi anni, una ferita per Milano oltre che per il quartiere, in stridente contraddizione con il risanamento della zona avviato su altri versanti (vedi l’ex convitto del Trotter). 

Il problema che si è dovuto affrontare ragionando sul recupero di Mosso 4 è stato questo: come intervenire sull’edificio al fine di eliminare degrado e rischi per il quartiere, con una destinazione che fosse compatibile con le caratteristiche socioculturali del contesto territoriale circostante che, come ben si sa, ha una sua delicata complessità. 

Si è valutato che la scelta migliore fosse quella di destinare il bene in questione a residenza provvisoria per nuclei familiari in difficoltà, a forte disagio abitativo (a seguito di sfratto, ad esempio), con la presenza in famiglia di fragilità tali (minori, invalidi…) da giustificare l’intervento da parte dei servizi sociali. Altri target di accoglienza sono stati qui esclusi proprio in virtù di una riflessione condivisa sulle caratteristiche del contesto in cui Mosso 4 è collocato. 

La gestione di Mosso 4. La gestione operativa di questo bene verrà affidata – così come in altre situazioni simili – a un ente del terzo settore. Gli operatori dell’ente affidatario, in stretto rapporto con i servizi sociali del Comune, dovranno accompagnare le famiglie provvisoriamente ospitate nello spazio verso un percorso orientato alla conquista dell’autonomia. 

La “filosofia” dell’intervento. Mosso 4 non ha una destinazione esclusivamente territoriale. Tuttavia, la scelta delle famiglie da ospitare nel centro terrà conto di diversi fattori tra cui, importante, non solo la necessità di un tetto ma anche la salvaguardia delle relazioni sociali (ad esempio, i percorsi scolastici dei figli). Tanto più in una zona come questa, ad alta densità relazionale ma dove il numero degli sfratti sembra essere più alto che altrove (un dato da verificare) a causa della maggiore scarsità di case popolari e della crescente attrattività di questo territorio che ha fatto lievitare i prezzi degli affitti nel corso dell’ultimo decennio. 

Questo approccio è coerente con la “filosofia” di welfare comunitario portata avanti dall’assessorato che punta a valorizzare il ruolo delle reti associative formali e informali in funzione di sentinelle del disagio sociale e di supporto sussidiario agli interventi dei servizi. È quel che si sta tentando di fare – ricorda l’Assessore Bertolè – in tutti i Municipi di Milano con le reti Qubi, nate da un progetto di Fondazione Cariplo e passate sotto la regia e il supporto finanziario del Comune di Milano. Anche la gestione delle criticità familiari ospitate nello spazio di Mosso 4 sarà coerente con questo approccio reticolare.

Mosso 4 e il resto del quartiere. L’intervento su Mosso 4 costituisce un tassello di quel che si sta facendo per affrontare le criticità del territorio circostante. La questione è da tempo all’attenzione del Comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica. C’è la necessità di contrastare l’illegalità attraverso l’intervento delle forze dell’ordine, ma anche di intensificare il presidio sociale. Su ambedue i fronti si sono registrati negli ultimi tempi significativi progressi, anche per merito dell’azione di stimolo delle associazioni presenti in zona, quelle storiche e quelle di più recente costituzione come BellArquà, costituita prevalentemente da abitanti della via Arquà (ma non solo). Via Mosso 4 sta dentro questo contesto in forte movimento, seppur con una sua specificità. 

Altre informazioni su Mosso 4. L’intervento ha ottenuto un finanziamento con fondi PNRR pari a 710 mila euro. 

Le fasi di aggiudicazione dei lavori di ristrutturazione sono state completate e questo dovrebbe permettere l’apertura del cantiere in tempi brevissimi, forse anche prima dell’uscita del giornale. La consegna dello stabile è prevista per il marzo del 2026, con la ragionevole possibilità di poter terminare in anticipo rispetto ai tempi stabiliti.

L’intervento non modifica l’attuale articolazione dell’edificio, mantenendo la divisione tra spazi alloggiativi al primo piano e spazi comuni al pianterreno, compreso il cortile interno.

I fondi PNRR consentiranno, oltre alla ristrutturazione, l’accoglimento di 45 famiglie. Successivamente, l’intera gestione di Mosso 4 passerà sotto il bilancio del Comune. 

ARTICOLI CORRELATI

Articoli più letti

Numero 03-2024

Interviste recenti