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Raccolte in un libro le memorie di Massimo de Vita, direttore, attore e regista dello storico Teatro Officina

di Marco Piccardi


Presentato ufficialmente lo scorso gennaio in occasione del lancio della seconda parte della stagione 2023/24 del Teatro Officina, questo agile volume è stato in realtà pubblicato nel 2016 e ha poi avuto una seconda edizione nel 2021. Più che un’autobiografia vera e propria di Massimo de Vita, è una raccolta di suoi ricordi, di pensieri (anche in poesia) sulla vita e sul teatro e di ritratti di compagni di strada nella sua esperienza umana e professionale.  

Regista, attore, sceneggiatore e formatore teatrale, de Vita ha seguito la sua vocazione agli incontri con le umanità più semplici, restando ai margini dell’establishment teatrale. Nato in Umbria nel 1936 da famiglia molisana, dopo aver studiato recitazione con Giorgio Strehler è stato tra i fondatori con Dario Fo e Franca Rame della Cooperativa Nuova Scena. In seguito si è unito al Teatro Officina, di cui da oltre quarantacinque anni è presidente e direttore artistico. 

Il Teatro Officina è nato nel 1973 in viale Monza 140 da un gruppo di studenti, insegnanti e operai del quartiere di Gorla, che trasformarono il salone di una balera in uno spazio teatrale. Per lo spettacolo erano gli anni del decentramento, a cui il Piccolo Teatro di Paolo Grassi diede un forte contributo. Ben presto il Teatro Officina divenne un punto di riferimento a Milano per compagnie di teatro sperimentale (da Memè Perlini a Remondi e Caporossi), per cooperative teatrali come il Gruppo della Rocca e il Teatro dell’Elfo (quest’ultima all’epoca ancora senza una sede propria) e per i protagonisti della musica popolare come Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, Gualtiero Bertelli e Ivan della Mea. 

Massimo de Vita vi approda nel 1976 e nel 1979 fonda la Cooperativa teatrale dell’Officina, dando il via alla produzione di propri spettacoli. Nel 1984 un incendio doloso rende inagibile la vecchia sala e il Teatro si sposta nell’attuale sede di via Sant’Erlembardo 2, in un padiglione al centro di un cortile di case popolari, sempre a Gorla. Qui, nel corso degli anni Novanta, viene elaborato un metodo teatrale basato sulla raccolta delle narrazioni della popolazione del quartiere, facendone scaturire spettacoli che le riportano alla gente.

Raccolte in un libro le memorie di Massimo de Vita, direttore, attore e regista dello storico Teatro Officina

Memorie di Massimo de Vita. 

Un uomo, un attore.

Lo Studiolo Edizioni, 120 pagine, Euro 15

Il libro – in vendita direttamente al Teatro Officina e in poche altre librerie di Milano, come la Libreria dello Spettacolo di via Terraggio – si apre con una prefazione di Franco Loi. Il grande poeta scomparso nel 2021 è stato per de Vita amico fraterno e compagno d’avventura, nel 1968 e 69, nell’esperienza di Nuova Scena e, dal 1975 al 78, degli inizi del lavoro sul territorio dell’attuale Municipio 2: il primo Teatro Officina e gli incontri di lingua e di poesia con gli studenti lavoratori delle scuole serali di Cimiano. 

Segue un’introduzione di Anna de Simone, curatrice del volume. Scomparsa proprio all’inizio di quest’anno, era stata insegnante al liceo Carducci di Milano e autrice di diversi testi sulla lingua italiana. 

Poi inizia il racconto di de Vita, a partire da un ricordo del padre medico, che aveva grande attenzione alle persone povere e una viva inclinazione per il teatro, vocazioni che il figlio ha fatto entrambe sue. Da qui prende corpo la chiave interpretativa della propria esistenza da parte di de Vita, l’idea che siamo tutti frutto degli incontri che abbiamo fatto nella nostra vita. In questa galleria rientrano artisti e maestri con cui ha lavorato, come Giorgio Strehler e Dario Fo, ma anche Secondo de Giorgi, Salvatore Cafiero, Vittorio Franceschi, Sandro Baijini e la compagna di vita e lavoro Manuela Airoldi Bianchi. 

Non mancano gli aneddoti, a volte anche amari ed autocritici, sul periodo in cui il fare teatro era vissuto principalmente come militanza politica ed ideologica. Ma de Vita non rinnega neanche in seguito l’idea di un teatro nei quartieri e dalla parte degli ultimi. E qui spiccano figure semplici ed esemplari come il narratore di storie Antonio Bozzetti, nato e vissuto a Turro, o i rifugiati politici con cui è entrato in contatto nei tre anni di un Laboratorio teatrale all’Officina sostenuto dal Comune di Milano, o ancora i giovani attivi oggi nel suo teatro ai quali de Vita ne affida il futuro.

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