di Roberta Osculati, Vicepresidente Consiglio comunale di Milano
Nel microcosmo di una classe scolastica si riflette il presente e il futuro del Paese: basta guardare in faccia gli alunni e fare l’appello in un qualsiasi istituto milanese per rendersi conto che la realtà supera la politica e nessuna paura frena un progetto di integrazione in effetti già in atto e spesso felicemente compiuto.
Eppure, nonostante qualche spavalda battuta estiva, ancora non si ha il coraggio di arrivare al riconoscimento della cittadinanza come incontestabile diritto. La triste verità è che, mentre si discute di ius scholae, ai giovani di origine straniera sono negati bonus e concorsi, gite ed Erasmus, sono esclusi da scaglioni di reddito, vengono discriminati nello sport e faticano a fare carriera.
Il percorso scolastico nasce proprio come strumento di emancipazione, affinché non esistano storie o destini già scritti, come vuole la nostra Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Il Comune di Milano crede nella scuola pubblica e investe sul sistema integrato per l’infanzia. Per questo, nell’ambito del Piano di Diritto allo Studio, lo scorso luglio ha approvato lo stanziamento di 25,2 milioni di euro per l’anno scolastico 2024/2025 (2,4 milioni in più rispetto allo scorso anno) da destinare alle scuole per attività e progetti, al sostegno delle disabilità, al trasporto scolastico, alle famiglie con cedole librarie e agli interventi per contrastare la dispersione scolastica in collaborazione con la comunità educante e la città nel suo insieme.
Sul fronte nazionale, invece, preoccupano diverse iniziative intraprese dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, a partire dal commissariamento di INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa), da quasi un secolo punto di riferimento per la ricerca educativa in Italia, apprezzato anche all’estero per il suo delicatissimo lavoro di sostegno alla scuola e ai percorsi di formazione: senza fornire alcuna motivazione, il ministro ne ha sostituito i vertici per inserire una figura vicina al governo a cui conferire poteri ordinari e straordinari, senza aspettare la naturale scadenza del mandato tra un anno.
A luglio è stato convertito in legge il nuovo Decreto Scuola che crea una disparità di trattamento e formazione tra i docenti di sostegno, penalizzando chi finora ha seguito il percorso ordinario di TFA (Tirocinio Formativo Attivo) e sminuendo il ruolo formativo delle università, tradizionalmente incaricate della formazione dei docenti.
Inoltre, a fine agosto, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, il più importante organo collegiale consultivo della scuola, ha sonoramente bocciato il decreto sulle nuove linee guida per l’insegnamento di Educazione Civica: nella parte relativa alla Costituzione è stata rilevata l’assenza di un riferimento alla relazione sociale tra individuo e collettività, sostituita da un approccio individualista e la mancanza di un riferimento esplicito all’educazione contro ogni forma di discriminazione e violenza di genere. Anche l’educazione finanziaria è stata ridimensionata, vista solo come strumento di tutela del patrimonio privato, senza riconoscere il suo ruolo nell’incrementare le competenze di cittadinanza economica.
Non è più apprezzata la riforma degli istituti tecnici e professionali che poteva essere l’occasione per un impegno concreto di contrasto all’abbandono scolastico, ma la fretta di approvarla ha precluso ogni confronto e dialogo col mondo della scuola.
Nondimeno preoccupano i tagli che mettono a rischio il futuro delle università, mentre servirebbero risorse per garantire continuità, tutela per i ricercatori, adeguamento stipendiale e reale diritto allo studio.
La scuola riparte col suono della campanella, ma non andrà molto lontano se manca uno sguardo strutturale e sistemico, capace di andare oltre progettualità frammentarie e non sostenibili.