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Istruzioni su come “litigare bene” a scuola

di Elena Passerini – responsabile progetti internazionali del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti

Giornali, tv e social raccontano molti episodi di violenza: cronaca nera, commenti su conflitti armati e crimini di guerra, battaglie, combattute anche in casa, con morte, ferite e traumi. 

I commentatori si schierano, condannano, discutono su colpe, cause, torti e punizioni, si perdono in mille dettagli su vittime e aggressori, invocano “soluzioni” costose, inutili, lasciano un senso di impotenza e timore. 

“E tu, tu la chiami guerra e non sai che cos’è…” cantava Fabrizio De Andrè.

La violenza è un apprendimento, esattamente come la nonviolenza.

La guerra è una istituzione permessa e prevista dalla politica, non è un conflitto.

I conflitti sono inevitabili, fin dall’infanzia, invece le guerre possono essere abolite.

Queste affermazioni, per essere ben comprese e tradotte in pratiche concrete, richiederebbero agli adulti molto studio e potrebbero aiutare ad arginare l’educazione alla violenza, diffusa ovunque anche in modo inconsapevole e non intenzionale.

Ma cosa si potrebbe fare, quando e per chi?

Il Manifesto che vedete qui a destra, dà alcune risposte, ed è scaricabile gratuitamente e stampabile anche in grande da questo link, che lo descrive e lo contiene in italiano, inglese, francese, croato, rumeno, ucraino, russo, arabo, ebraico: https://eu.metododanieleno­vara.it/it/il-manifesto-per-litigare-a-scuola-un-caso-di-serendipita-nel-progetto-erasmus/

È un prodotto collettivo, risultato di tre anni di collaborazione tra 10 partner Erasmus – tra cui 4 scuole, da 2 a 18 anni – coordinati da me, che ho firmato il testo per assumerne la responsabilità, ma è farina di tantissimi sacchi, perfino Maria Montessori e Albert Einstein.

La freccia rappresenta l’evoluzione umana, a partire dalla comunicazione tra figli e genitori, che distingue per la sua durata e complessità la nostra specie da tutte le altre.

Le vignette in alto illustrano tre modalità diverse che gli adulti possono usare per intervenire in modo utile quando i bambini bisticciano, cosa che accade normalmente nei loro giochi e incontri, cioè quando stanno imparando a stare assieme. Sono il metodo Litigare bene di Daniele Novara, efficace a partire dai 2 anni, le Carte dell’Amicizia maltesi, adatte dai 6 anni, e la Mediazione tra pari, fattibile dopo gli 11 anni. 

Il progetto Litigare a scuola ha lavorato su questi e altri approcci per imparare a dirsele in modi competenti e efficaci.

In basso, sotto la freccia, sono illustrate alcune credenze sui litigi tra bambini, molto radicate ma false e dannose. Si confondono i litigi con pericolosi conflitti quasi armati, si cerca di interromperli imponendo “soluzioni giuste” secondo gli adulti, bloccando nei bambini lo sviluppo del loro istinto sociale: vogliono giocare assieme anche in caso di dissapori, sanno gestirli con maggiore abilità proprio da piccoli, in pochi minuti, come ampiamente documentato dai risultati del progetto.

Una buona notizia: è possibile imparare a vivere i conflitti senza violenza, capaci di ascoltare, parlarsi, inventare sistemazioni, aggiustamenti e assestamenti possibili e concreti, che permettono a tutti non solo di vivere ma anche di essere riconosciuti nella propria umanità: soggetti capaci di creare accordi e di regolarsi adeguatamente, fin da piccoli. Purtroppo questi metodi educativi sono utilizzati da poche decine di anni in alcuni paesi, ma non certo nella maggioranza delle scuole e delle famiglie. 

C’è molto lavoro da fare da parte degli adulti: innanzitutto rinunciare a vecchie abitudini e credenze, poi orientarsi in modo opposto alla moda corrente, cioè verso l’abolizione della guerra, come già indicarono alcuni premi Nobel nel 1955.

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