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Dobbiamo riformulare nuovi percorsi

Rilanciare alcuni obiettivi: salute, lavoro, casa, solidarietà, anziani.

di don Virginio Colmegna


Igiorni vissuti in casa durante il confinamento dovuto alla pandemia hanno portato in tanti a pensare che c’era qualcosa che non andava nel nostro modo di vivere. Il Papa, pregando da solo in San Pietro, disse una frase che colpì tutti: «Pensavamo di rimanere sempre sani in un mondo malato» (Momento straordinario di preghiera in tempo di pandemia, 27 marzo 2020). Molti erano quelli che sostenevano: «Niente dovrà essere più come prima». È stato un periodo che ci ha spinto a ripensare al senso della fragilità e della debolezza, a partire dalla condizione delle persone anziane e dei disabili. Dopo solo poche settimane quegli interrogativi sembrano svaniti, dimenticati, derubricati a incidente di percorso. E invece dobbiamo riprendere quelle riflessioni perché, per dirla ancora con una citazione di Papa Francesco, «Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca» (V° convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze, 2015).

La pandemia, al di là degli aspetti legati all’emergenza sanitaria, sembrava aver messo in discussione i parametri dei nostri sistemi economici e di sviluppo fondati sulle disuguaglianze oltre che sullo sfruttamento dell’ambiente. E che aveva generato quella che sempre Bergoglio chiama “La cultura dello scarto”. Dobbiamo invece recuperare quei ragionamenti per affrontare il periodo di crisi che ci attende.

Dobbiamo essere capaci di riformulare nuovi percorsi, che tengano conto proprio di disuguaglianze e fragilità per ricostruire politiche di welfare portatrici di cittadinanza inclusiva, di riconoscimento di diritti, di rispetto della dignità di ogni persona, di custodia del Creato.

In questi nuovi percorsi, al primo posto, va messa la salute e non solo per quanto ci ha svelato questo virus. Abbiamo bisogno di più medicina sul territorio e di promuovere una salute di comunità. Questo vale ancor di più nei quartieri di periferia. C’è poi il tema del lavoro, che evidenzierà ancora una volta come a pagare di più le crisi sono le persone già deboli.

Un’ulteriore preoccupazione è per la questione della casa, dove già assistiamo all’insorgere di difficoltà a pagare gli affitti.

C’è poi il versante culturale altrettanto fondamentale: dobbiamo essere capaci di produrre una nuova cultura di solidarietà, che ha bisogno anche di un legame profondo tra giovani e anziani. Gli anziani non possono essere considerati un problema; sono, con la loro memoria, degli autentici portatori di futuro.

La nuova direzione da intraprendere è ben indicata dall’enciclica Laudato Si’, che è un segno forte anche per il cammino della Chiesa, oltre che per l’umanità tutta. Con quel testo, che pone al centro la lotta alla povertà e la salvaguardia dell’ambiente, il Papa ci spiega come etica della virtù e riforme sociali non si escludono a vicenda, anzi, si condizionano reciprocamente.

Quello che non possiamo permetterci è riprendere come se questa crisi non avesse rivelato l’urgenza di una nuova economia e di una nuova società.

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