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Anche gli animali “parlano”

In questi giorni riaprono le scuole. Bambini e ragazzi saranno di nuovo alle prese con il faticoso studio di un superpotere sottovalutato: il linguaggio umano. Ma anche gli animali parlano, con suoni molto divertenti, tanto che in età prescolare un gioco praticamente obbligatorio è quello che insegna al bambino a riconoscere i versi degli animali.

Abbiamo ascoltato ancor prima di vederli dal vivo leoni, galline ed elefanti, quasi che la prima cosa bella del mondo che si possa insegnare ad un cucciolo di uomo sia proprio la lingua degli animali, magari per provare a capirli e un giorno parlarci assieme.

La mucca fa muu, la pecora fa bee e così via. Chi non ha avuto un libro o perfino un gioco elettrico per ascoltare il ruggito del leone e il nitrito del cavallo? In realtà l’uso della voce, sia per gli animali così come per le persone, rappresenta solo una piccola parte della comunicazione. Tutto il resto è linguaggio del corpo, ed è una componente fondamentale almeno per gli esseri che vivono in ambienti caratterizzati da buona visibilità. Il linguaggio del corpo non serve a tutti. Non serve certo ai pipistrelli ad esempio. Non serve ai cetacei, che vivono in un ambiente a bassa visibilità e che sono dotati del linguaggio sonoro più complesso e misterioso tra i mammiferi. Questi grandi animali basano la loro comunicazione completamente sulla produzione di suoni. Ma a parte poche eccezioni gli animali, per capirsi bene, devono vedersi.

Vale anche per le persone: basti pensare a come è facile fraintendere un breve messaggio di testo personale, soprattutto se non si conosce bene chi l’ha scritto. Spesso scrivendo sui nostri dispositivi usiamo una lingua scheletrizzata, priva di sfumature, persino priva di punteggiatura perché senza sintassi e senza grammatica non si sa cosa farsene della punteggiatura, e quindi ci vengono in soccorso gli emoticon. Le chat degli adolescenti sono piene di meme: foto o brevissimi filmati al posto delle parole, per comunicare visivamente senza scrivere nemmeno più. Eppure le parole servono e bisognerebbe prendersene cura. Le parole servono anche per parlare con il proprio cane. Chi possiede un cane può per gioco contare le parole che il proprio animale sicuramente comprende.

Mediamente sono oltre ottanta. Le parole ci consentono di avvisarlo di quello che sta per succedere: andiamo fuori, sta per arrivare qualcuno di speciale, succederà qualcosa di interessante, vuoi un biscotto? Tuttavia senza la postura del corpo e senza una spiegazione gestuale, visiva, le parole consentono una comprensione parziale del messaggio che si vuole trasmettere loro.

Vieni qui! Il cane capisce il comando verbale, ma poi osserva il linguaggio del corpo: una postura dritta e frontale è minacciosa, il nostro amico forse si metterà seduto a guardare cosa combiniamo noi sgrammaticati e se ne starà a debita distanza. Ma se ruotiamo il tronco e magari ci pieghiamo leggermente verso il basso diventiamo amichevoli e rassicuranti e allora il nostro cane sarà ben felice di correre incontro a persone tanto garbate. Ci fa un inchino, ruota la testa di lato, sorride. Dice che vuole giocare. Se gli appoggiamo una mano sulla schiena stiamo dicendo che comandiamo noi. Un cane docile e sottomesso tollererà questo gesto quando proviene da persone di sua fiducia, ma potrebbe non piacergli se è imposto da un estraneo. In ogni caso la sua risposta starà nella posizione delle orecchie, nel movimento della coda, nella tensione dei muscoli.

Comprendere il linguaggio muto del proprio cane è soprattutto questione di abitudine e osservazione. Al contrario per esprimerci bene e farci comprendere ci vuole un po’ di tecnica e bisogna studiare, ma non è difficile. Inoltre i cani fanno di tutto per capirci e perdonano sempre i nostri errori rossi e i nostri errori blu, e al limite se proprio siamo analfabeti (ma c’è sempre tempo e speranza di migliorare!), come canta Baglioni, per parlare con i cani avremo sempre… le carezze.

Nicoletta Bevere
Nicoletta Bevere
Medico Veterinario
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Numero 04-2024

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