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Questioni di carattere

Di giorno io sollevo cani. In pratica, entra un cane nel mio ambulatorio, lo saluto, mi chino un po’ al suo livello, lui mi sorride oppure mi guarda scontento, ma comunque mi fa capire se ho il permesso di toccarlo. Se ho il suo permesso mi piego sulle gambe, sistemo l’incavo del mio gomito sinistro sotto il suo torace, il braccio destro sotto la pancia, e poi tenendolo ben saldo e fermo, mi alzo con la schiena dritta perché non voglio farmi male. Lo abbraccio, lo sollevo e lo appoggio sul tavolo da visita. Lui si fida di me ma anche io mi devo fidare parecchio.

Sollevare cani da oltre vent’anni mi ha costretto a dover giudicare in una piccola frazione del mio tempo il carattere di quell’animale, per prevedere se potrà tollerare il mio abbraccio, se si farà toccare, guardare in bocca. Per portare a termine questo compito, ossia mettere le mani addosso ad un cane che non necessariamente lo gradisce, da poche informazioni extra verbali si estrae una sintesi di parole: bravo, non-bravo, mezzo-bravo.

Il cane per lo più mi sopporta pazientemente e alla fine della visita mi premia accettando un bocconcino morbido, non al pollo perché è allergico. Mi fanno tanto contenta quelli che dopo la visita, usciti dallo studio e già sul marciapiede, si girano e mi guardano negli occhi, oltre il vetro della porta, come a chiedere “tu non vieni a casa con noi?”. Un attimo di dubbio, poi via, mi dimenticano subito.

I cani non sono tutti uguali. Non solo fisicamente, ma anche e soprattutto nel carattere, esattamente come le persone. Ci sono cani simpaticissimi, fiduciosi e socievoli, altri diffidenti e chiusi, alcuni sono malfidenti, pensano sempre di doversi difendere. Ci sono caratteri pacati, irruenti, controllati, aggressivi, giocherelloni, invadenti, ci sono cani coraggiosi e stabili, o paurosi e insicuri. Per dipingere il carattere di un cane occorrono gli stessi aggettivi che useremmo per un essere umano.

Da dove viene il carattere di un cane? L’indole deriva dalla genetica, dalle primissime esperienze con la mamma, un po’ dall’ambiente e pochissimo dall’educazione. Dire che l’indole di un cane e in seguito il suo comportamento “dipende da come lo hai educato” è piuttosto presuntuoso. Se dipendesse solo dalla buona o dalla cattiva educazione, significherebbe che i cani sono come fogli bianchi sui cui scrivere, ossia tutti uguali, e questo è falso.

Significherebbe che i cani sono sempre buoni e bravi in partenza, ma poi il proprietario non ci sa fare… e il cane tanto buono, in un giorno molto brutto, aggredisce qualcuno e forse finisce sui giornali. Al comportamento mordace e aggressivo di un cane non corrisponde mai la colpa del proprietario.

La colpa certamente sta nel non riuscire a vigilare, nel non riuscire ad impedire che il cane mordace morda, ad evitare che il cane aggressivo aggredisca. “I cani sono tutti bravi, ma poi è l’essere umano che lo fa diventare cattivo” è una frase buonista, che impedisce la ricerca di una soluzione rispettosa dei diritti dei cani oltre che delle persone.

Il mercato degli educatori e degli addestratori è florido e in espansione da decenni, ma sarà questa la soluzione? Comprare un cane bello ma con un brutto carattere e poi farlo aggiustare dall’addestratore può essere una soluzione? Perché compriamo cani di moda, attirati soltanto dal loro aspetto fisico, e ci disinteressiamo di altre forme di bellezza: la bellezza del carattere, della salute mentale, dell’intelligenza sociale. Invece di alimentare il mercato del Cane Lupo cecoslovacco, dell’Akita Inu, del Chihuahua, del Pitbull, del Bouledogue francese, del Weimaraner, perché non alimentiamo il mercato dei cani equilibrati e iniziamo a stimolare gli allevatori a selezionare cani maturi, intelligenti, mansueti.

Cani buoni che non hanno bisogno della museruola. Cani buoni che non devono essere educati, perché l’educazione ce l’hanno nel sangue. In quattro o cinque generazioni un bravo allevatore fa i miracoli, ma il mercato lo deve chiedere e premiare. Tutti possiamo aver avuto o avere un cane antisociale, io da bambina avevo un boxer veramente aggressivo e pericoloso, e non era colpa di nessuno. Gli volevamo tanto bene e veniva in vacanza con noi ovunque andassimo. Quello che voglio dire, è che il cambiamento passa dalle idee.

Così come non tolleriamo i comportamenti antisociali tra le persone, non dovremmo tollerarli nemmeno tra i nostri cani. Iniziamo ad avere altre pretese, non solo la forma del naso o il colore del pelo, iniziamo ad avere buone idee e prima o poi avremo solo buoni cani.

Nicoletta Bevere
Nicoletta Bevere
Medico Veterinario
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Numero 02-2025

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