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San Martino in Greco, patrimonio di arte sacra

Il nome di san Martino ‘protettore dei poveri’ acquista maggiore evidenza da quando è stato aperto il Refettorio Ambrosiano.

di Gianni Banfi e Ferdy Scala 


L’antica cappelletta

L’iconografia di San Martino è associata da sempre a quella del povero, cui il santo a cavallo dona metà del suo mantello, come giustappunto ci racconta l’affresco posto sulla facciata della chiesa di Greco sopra la porta centrale. Ma l’attribuzione al santo del titolo di “protettore dei poveri” acquista maggiore evidenza da quando nel sagrato parrocchiale al posto del vecchio teatro è stato aperto il Refettorio Ambrosiano (2015), che nel frattempo ha elargito decine di migliaia di pasti ai poveri della zona.

Per comprendere nel dettaglio la storia di una delle chiese più antiche del nostro territorio, ci siamo avvalsi della collaborazione di Gianni Banfi, che già ne aveva scritto per il libretto Tra pievi, ville e casci­ne storiche della Zona 2, edito dal Comune nel 2010.

Secondo gli esperti, il documento più antico (risalente ai secoli X-XI) attestante la presenza in questo luogo della chiesa di Greco è rappresentato da un bassorilievo con croce e palme che troviamo nei pressi della terza cappella di sinistra, in un ambito cui si può accedere solo dall’esterno, ovvero dalla porta presso la segreteria. 

Secondo uno studio di Marco Magistretti (Notitia Cleri Mediolanensi de anno 1398) pubblicato nel 1900, al posto della chiesa odierna nel sec. IX sorgeva una cappelletta, che entrava nel novero delle cappellette che, in quell’epoca, rappresentavano altrettante “stazioni” durante le processioni del Triduo delle Litanie Minori: tra queste v’era appunto la “Cappella Sancti Martini de Grecho”.

Gli storici, a cominciare da Goffredo da Bussero, non si curarono di San Martino di Greco, ma il ritrovamento, intorno al 1960, della citata lastra di pietra, e la ristrutturazione della chiesa compiuta negli anni ’70 da don Livio Aretusi permisero il riaffioramento di lacerti di affreschi nell’andito sinistro dell’altare maggiore: particolari che testimoniano l’esistenza di questo oratorio già a partire dai secc. XIII-XIV. Presso l’Archivio di Curia, negli anni ’80, venne scoperto un documento con la pianta della chiesina primitiva e il disegno (pianta e alzato) della chiesa attuale. I due edifici erano complementari: la cappella occupava lo spazio che si stende a sinistra dell’altare maggiore della chiesa attuale fino a metà del primo arco. 

L’attuale chiesa di San Martino

La nuova chiesa di San Martino venne costruita a cavallo del ’500-’600, seguendo architettonicamente le disposizioni del Concilio Tridentino e di San Carlo Borromeo, con qualche concessione al barocco. Oggi la chiesa si presenta così: facciata a due ordini, chiusa da un timpano triangolare, due volute laterali di raccordo, quattro nicchie con Angeli e Santi, finestrone centrale. Interno a navata unica, volta a botte con finestroni, 3 cappelle per lato, presbiterio sopraelevato. Prima dell’ultima riforma post-conciliare, il presbiterio si presentava separato dalla navata da balaustre e cancelli, e un alto pulpito dominava la sala, particolari che ne facevano un chiaro esempio di chiesa controriformata, come quella di San Fedele a Milano. 

A meno di 50 metri dalla chiesa sorgeva un tempo Palazzo Litta, appartenente a una famiglia che assumerà notevole importanza nell’evoluzione della chiesa.

“Per alcuni secoli – ricorda Gianni Banfi – la chiesa non subì modifiche o mutamenti nell’area intorno al fabbricato, tranne che per i naturali restauri o per gli accidenti che potevano capitare, come quello avvenuto nel corso del ’700, dopo che una copiosissima nevicata aveva sfondato il tetto della navata, rendendo la chiesa impraticabile per lungo tempo. In quell’occasione si sopperì utilizzando la chiesina di Segnano, la quale si dimostrò subito troppo piccola. La soluzione venne offerta dal marchese Pompeo Litta, che accolse nel proprio palazzo lo svolgimento delle funzioni religiose”.

Nel ’900 il nuovo Parroco, don Carlo Elli, grechese, creò l’elevamento del campanile con il concerto di cinque nuove campane, e promosse la decorazione interna della chiesa con la collaborazione del pittore Virginio Cranchi. Fra le opere parrocchiali realizzò l’Asilo Infantile (Villa Annoni in via Niccolò Bettoni). Il successore don Giuseppe Barili completò l’opera di don Carlo con l’oratorio, la canonica, il teatro e l’asilo infantile acquistando dalla proprietà ex-Litta la scuderia (attuale scuola materna), sopraelevandola e trasferendovi le Suore della Carità, rimaste a Greco per circa un secolo.

Un patrimonio d’arte sacra

Grande è il patrimonio artistico che la comunità grechese seppe accumulare nei secoli, soprattutto nella quadreria. Nel presbiterio dominano due grandi tele: a destra dell’altare la Trinità adorata dal popolo della scuola del Barocci (sec. XVI); a sinistra un’altra tela di uguale dimensione rappresenta la Comunione mistica di Santa Caterina da Siena di Luigi Scaramuccia (sec. XVII). Ambedue le tele provengono dalla Pinacoteca di Brera, che, alla caduta di Napoleone, divise fra molte chiese i dipinti accumulati con la soppressione dei monasteri. Sulla parete estrema destra vediamo il Compianto di Cristo di scuola lombarda (sec. XVI).

Nelle cappelle, sulla prima a destra troviamo un Sant’Antonio con il Bambino di Isidoro Pugneto (sec. XVII), nella seconda un Crocifisso ligneo del XVIII secolo, nella terza una tela con una Crocifissione di scuola veneta (sec. XVIII).

Nelle cappelle di sinistra vediamo nell’ordine: una Natività di Costantino Rumeno, quale copia dell’originale di Bernardino Luini oggi al Louvre, ma proveniente da Palazzo Litta; la statua della cosiddetta Madonna dei lavandai (sec. XIX), e una tela della Madonna con Bambino e Santi di anonimo del sec. XVII. Accanto si trova il bassorilievo con croce e palme già citato all’inizio.

Altre tele di un certo interesse si trovano nella volta della navata: si tratta della Madonna con Bambino su trono di nuvole, della scuola di Bernardino Campi (sec. XVII) di fronte al presbiterio, e L’educazione della Vergine, di pittore veneto ignoto (sec. XVIII) accanto all’ingresso della chiesa.

L’organo – un Merklin/Tamburini (sec. XIX-XX), originariamente di costruzione francese e rilevato dalla fabbrica d’organi Tamburini di Crema, installato nel 2014 – costituisce il primo organo in Milano dell’organaria francese, dopo i numerosi organi d’impronta tedesca installati recentemente in importanti chiese di Milano. La consolle consta di due tastiere di 58 note, la pedaliera di 15 registri.

Fra le altre opere più interessanti possiamo citare lo Stendardo di San Martino, riproducente nel verso l’immagine di Sant’Anna, compatrona di Greco, del 1700: lo stendardo era onorato quasi fosse il gonfalone di Greco e veniva portato in processione, insieme agli stendardi delle confraternite, nelle cerimonie all’aperto, dove sfilava tutto il popolo grechese in gran pompa attraverso le vie campestri del borgo.

La cella campanaria del campanile, alto circa 35 metri, è formata da otto colonne in ghisa (fine sec. XIX). Nel 2009 le sue cinque campane sono state fissate alle colonne, perdendo così quelle sporgenze all’aria aperta che un tempo costituivano una caratteristica singolare, difficilmente riscontrabile in altri campanili.

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