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Inaugurato Mosso, spazio di inclusione sociale

di Dino Barra


Mosso è lo spazio sociale recentemente aperto in via Mosso 3, il più grande del Municipio 2 e tra i più grandi della città. La sede che lo ospita è l’ex convitto del parco Trotter. Questo edificio, grande circa 5000 mq, fino al 1969 ospitava 160 bambini a rischio TBC frequentanti la scuola all’aperto Casa del Sole.

Dismesso dagli inizi degli anni ‘80 e poi caduto in condizione di totale degrado, è stato per anni al centro delle mobilitazioni della comunità scolastica, degli Amici del parco Trotter, delle altre associazioni e cittadini della zona che ne chiedevano il recupero. Nel 2012, con Giuliano Pisapia sindaco, questo obiettivo viene raggiunto: Fondazione Cariplo finanzia il restauro dell’edificio con otto milioni di euro, a cui si aggiungono tre milioni del Comune e uno di Regione Lombardia.

Nel 2018 si conclude il restauro: per metà diventa sede della nuova scuola media della Casa del Sole, l’altra metà – 2500 mq circa – viene destinata a spazio sociale e assegnata mediante bando pubblico per 17 anni a una cordata di associazioni con a capo la cooperativa sociale Fabbrica di Olinda e comprendente la coop. Comin, l’associazione culturale Ludwig e il Centro Servizi Formazione. Seguono anni di lavori di adeguamento degli spazi interni fino all’inaugurazione avvenuta nel giugno del 2022.

Sulle caratteristiche del progetto mosso abbiamo intervistato Luca Rossetti e Beatrice Ortolani, rispettivamente di Comin e di Olinda, due delle associazioni affidatarie dello spazio.

Mosso
Luca Rossetti e Beatrice Ortolani

Quali sono le linee portanti del progetto di mosso?

«Al centro del progetto di mosso c’è l’impegno ad attivare e consolidare processi di inclusione sociale nel quartiere e non solo. Sono partite prima le attività commerciali – il bar, la pizzeria, il ristorante – gestite dalle realtà no profit affidatarie dello spazio che costituiscono i supporti economici chiave per il funzionamento della struttura. Sono partite anche altre azioni fondamentali: le attività di orientamento al lavoro per i giovani, il portierato di quartiere, il centro diurno per gli adolescenti, le iniziative culturali. Ci rivolgiamo a tutti ma in particolare a giovani, donne, persone anziane: con loro vogliamo costruire azioni di contrasto ai problemi del disagio abitativo e caro casa, della marginalità sociale e culturale, della dispersione scolastica, delle nuove e vecchie solitudini urbane. L’ambizione è rendere mosso un vero punto di comunità dove sia possibile incontrarsi e fare insieme».

In quale rapporto tendete a porvi con la fitta rete delle associazioni presenti sul territorio?

«Abbiamo voluto incontrare le associazioni del territorio per mettere a punto il progetto complessivo e il loro contributo è stato importante. Con circa trenta di queste associazioni abbiamo poi dato vita a un Patto di collaborazione che ha organizzato molteplici iniziative nei mesi precedenti l’apertura; ora la coprogettazione continua attraverso lo strumento dei Forum: da settembre ne partono tre dedicati a cultura, inclusione e riuso».

Dopo tre mesi di vita molti apprezzamenti ma anche qualche critica, tra cui quella di essere luogo estraneo al tessuto circostante, acceleratore di spinte alla gentrificazione. Cosa rispondere a queste osservazioni?

«Il luogo che stiamo costruendo vuole essere accogliente e bello. La bellezza è uno dei valori portanti del progetto, nella progettazione questo aspetto è stato particolarmente curato. Creare un luogo bello e accogliente ha voluto dire per noi fare un gesto politico, con la convinzione che ciò possa alimentare il desiderio di bellezza e l’impegno contro il degrado già molto diffuso in zona. La sensazione di separatezza dal contesto può forse derivare dalla presenza di persone provenienti da tutta la città, ma sono ormai tanti gli abitanti del quartiere che, prima come osservatori curiosi, hanno poi preso a frequentare mosso e i suoi giardini, finalmente riaperti al pubblico. Sulla gentrificazione: impedirla non deve voler dire accettare il brutto. Il rischio del bello è effettivamente l’attivazione di processi di cambiamento della composizione sociale del quartiere con relativa espulsione delle fasce sociali più fragili. È una cosa che noi non vogliamo. Alcune nostre azioni, come quella del portierato di quartiere, puntano a contrastare situazioni di disagio abitativo e di marginalità sociale insieme agli abitanti del quartiere. Inoltre, guardiamo con grande interesse ai gruppi che richiedono nuove e più sostenibili politiche dell’abitare».

Un’altra osservazione critica: i prezzi troppo alti per essere uno spazio sociale con ambizioni di inclusività.

«I prezzi di mosso non sono alti, sono prezzi di mercato indotti da una attenzione alla qualità del prodotto offerto. I guadagni vanno a finanziare la mission di Olinda di creare opportunità lavorative per persone con svantaggio sociale, fisico, psichico creando per ognuna un percorso mirato all’autonomia personale. Poi ci sono i costi di gestione della struttura (manutenzione, utenze…) che sono rilevanti e in continuo aumento a causa della crisi energetica in corso. L’obiettivo – imperativo previsto dal bando stesso – è la sostenibilità economica dell’intero progetto». 

La necessità di avere entrate non rischia di confliggere con alcune caratteristiche chiave del progetto?

«No, al contrario: ricavare entrate certe e adeguate dalle attività commerciali ci consentirà di sostenere i progetti sociali e di inserire più persone al lavoro (ne abbiamo assunte finora trenta, molti ragazzi e ragazze del quartiere, tutti con contratto regolare). Altre entrate comunque proverranno dall’accesso a bandi di Fondazioni, enti pubblici, ecc. e questo dovrebbe consentirci di evitare derive, per così dire, economicistiche in contrasto con le finalità del progetto. Infine, facciamo rilevare questo: rischi come quelli che la domanda paventa sono sempre possibili ma va anche detto che nel progetto di mosso sono previsti meccanismi di monitoraggio in itinere dell’attività – i Forum aperti alle associazioni formali e informali del territorio – che dovrebbero garantire in ogni momento la fedeltà al progetto originario».

Ancora su un elemento di possibile criticità: la forza di mosso, la grandezza della sua struttura, non comportano il rischio di fagocitare le tante associazioni e attività disseminate sul territorio?

«Crediamo di no. Non abbiamo alcun interesse a costruire una cattedrale nel deserto, a concentrare tutto dentro mosso. La disseminazione delle attività sul territorio può alimentare mosso e viceversa. Puntiamo per questo a costruire reti associative o a potenziare quelle già presenti. Vogliamo dare al portierato di quartiere anche questo compito: fungere da cassa di risonanza per le tante attività in zona, favorendo la circolazione delle informazioni, fungere anche da ponte per far incontrare esperienze e far nascere nuove collaborazioni. Da qui l’idea di dare vita nella sede del portierato a una libreria e a un deposito di materiali da mettere a disposizione di tutti i gruppi e delle persone che decidano di fare delle cose».

Cosa accadrà a mosso nel prossimo futuro?

«Andranno a concludersi i lavori in corso con la messa a punto di spazi (ad esempio, la cucina condivisa o la sala delle capriate o lo spazio riuso) che consentiranno il dispiegarsi dei progetti già partiti e l’avvio di altri. Tra questi, le attività della scuola di formazione professionale che inizia il suo primo anno scolastico nel settembre 2023, ma che è già partita con iniziative di orientamento al lavoro. Inoltre, ad inizio autunno apre la sala blu  dove ci sarà ristorazione, musica, incontri culturali.  Contestualmente a tutto questo partiranno i Forum per la messa a punto di iniziative in collaborazione con le associazioni del territorio. Pensiamo, inoltre, agli orti, che meritano di essere valorizzati ben oltre la loro funzione ornamentale perché nel corso di questi primi mesi di apertura sono diventati un polo di attrazione frequentatissimo dai bambini, cosa che mai avremmo prima immaginato. Accadrà quel che l’osservazione delle esperienze in corso ci dirà che è buono e che continui ad accadere, ma sarà importante anche raffinare la nostra capacità di ascoltare i bisogni delle persone per realizzare attività ora non previste».                                        

È possibile informarsi su quanto accade a mosso andando sul sito mosso.org o sulla pagina Facebook mossomilano o sulla pagina Instagram mossomilano. Ma la cosa migliore è certamente quella di venirci a trovare di persona.

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