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E noi, quante volte siamo risorti?

Lo ammetto, non sono un buon cristiano; non ho dimestichezza con le liturgie, non so calcolare quando cadrà la Pasqua, conosco solo le preghiere che mi hanno insegnato a catechismo infiniti anni fa e non ho grandi rapporti con la chiesa. Detto questo, non posso negare che le radici europee e gran parte di quelle occidentali, dopo la Grecia e la Roma repubblicana, nascono dal cristianesimo, come gran parte dell’arte che, all’inizio quasi esclusivamente sacra, si è evoluta e trasformata attraverso mille influenze in ciò che oggi possiamo ammirare nei musei.

So anche, per averne letto almeno qualche brano, che Bibbia e Vangeli non vanno certo presi alla lettera, ma piuttosto come delle parafrasi, delle metafore, degli esempi a cui ispirarsi nella vita di tutti i giorni. Per questo non credo ai miracoli, quelli grandi, quelli delle guarigioni improvvise, delle stigmate che appaiono nel giro di una notte e nemmeno (non abbiatevene a male) alle madonne che piangono, anche se i motivi per farlo li abbiamo davanti agli occhi ogni giorno di più. Guerre, povertà, arroganza, menzogna, violenza.

Credo piuttosto ai piccoli miracoli, quelli che possono capitare ogni giorno, di cui noi stessi siamo i fautori spesso incoscienti. In fondo, se ci pensiamo, quante volte anche noi siamo risorti? Non dalla morte, alla quale non c’è rimedio, ma dalle difficoltà che la vita ci pone davanti ogni singolo giorno. Per esempio, non ci siamo sentiti rinascere anche noi dopo la guarigione da una malattia più o meno grave? Chi, durante la sofferenza, non ha mai pensato a quale dono prezioso e unico sia la vita? Chi non si è ripromesso che una volta guarito avrebbe cambiato il modo di vedere le cose? E chi poi è riuscito veramente a operare un cambiamento anche piccolo? Chi, alla morte di un proprio caro non si è meravigliato che il mondo andasse avanti indifferente comunque? E affrontare una perdita così dolorosa per poi un poco alla volta risalire la montagna della disperazione e riaffrontare nuovamente la vita quotidiana, non è forse una sorta di resurrezione?

Non risorgiamo ogni volta che perdiamo un lavoro, oppure quando dobbiamo riprogrammare il nostro modo di vivere o lavorare a causa di eventi che non possiamo prevedere o modificare? Questi sono i miracoli in cui credo, e che compiamo ogni giorno senza  rendercene conto. Il pensare in modo diverso per adattarci a determinate situazioni, l’uscire in strada e meravigliarsi di quanto ogni tanto sia bello il cielo di Milano, il bearsi quando, quasi per sbaglio, il vento trasporta un brandello di odore di mare in una città che di solito puzza di smog, quell’amore per nostra moglie/marito, o i figli, o addirittura verso quel piccolo amico peloso che ci tiene compagnia senza pretendere altro che un poco di attenzione. Questo è l’amore che ci riempie di meraviglia, perché ci coglie di sorpresa. 

Certo, non sempre è facile, non sempre sprizziamo amore da tutti i pori. Se quel tipo ci sta antipatico, difficilmente cambieremo parere, a meno che, conoscendolo meglio non ci si accorga che anche lui in fondo vive le nostre stesse paure, tentazioni e gioie. Ma è anche vero che non possiamo amare tutti indistintamente perché amare tutti, in fondo, è un po’ come non amare nessuno.

Quindi ciò che mi piacerebbe augurare è di cercare i piccoli miracoli quotidiani, anzi, fare in modo che attraverso piccoli cambiamenti si possa poco alla volta cambiare anche noi, risorgere come una persona migliore, che anche se non può amare tutti quanti, cerchi almeno di cominciare da chi gli sta vicino, e qui mi aggancio anche alla festa delle donne, per ricordare che è inutile lavare i piatti alla mamma solo un giorno all’anno per sentirsi la coscienza pulita. Non basta un mazzo di fiori alla nostra compagna per renderla felice un anno intero. Dobbiamo imparare a rispettarci tutti, sempre, bianchi o neri, uomini o donne, bambini e animali, perché non c’è nulla di più vigliacco e meschino della violenza del forte contro il debole.

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