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Abitare in Municipio 2 tra disagio abitativo e prezzi alle stelle 

di Dino Barra


Sabato 4 febbraio una “passeggiata per il diritto all’abitare” ha attraversato le strade di via Padova e dintorni. Organizzata dal Comitato per l’abitare in via Padova, vi hanno partecipato 300 persone, molti i giovani, con l’adesione di un ampio fronte di associazioni da tempo operanti in zona, dagli Amici del parco Trotter alla cooperativa Comin a Via Padova Viva.

L’iniziativa voleva denunciare l’esistenza in Municipio 2 di intollerabili sacche di disagio abitativo, l’aumento incontrollato degli affitti e del prezzo delle case, l’assenza di efficaci politiche per l’abitare a livello cittadino (oltre che regionale e nazionale). Il problema casa ha assunto dimensioni preoccupanti. Nel nostro Municipio non ha direttamente a che fare con la difficoltosa valorizzazione degli insediamenti ERP (Edilizia Residenziale Pubblica), relativamente poco presenti, ma con aspetti legati all’abitare privato. 

Ne abbiamo parlato con alcuni attivisti del Comitato.

«Il primo aspetto di criticità in questo territorio – ci dice Alessandro – è legato alle situazioni di forte disagio abitativo (sovraffollamento, indebitamento condominiale e deterioramento delle strutture, uso improprio degli spazi comuni, occupazioni abusive…)  presenti soprattutto nei vecchi edifici di ringhiera e, in forme estreme e non più tollerabili, presso l’ex residence di via Cavezzali 11. Sono situazioni che hanno ricadute sulla stessa convivenza civile in zona e che andrebbero affrontate con interventi mirati da parte dell’Amministrazione Comunale, compresa l’acquisizione pubblica di immobili da risanare e reimmettere sul mercato della locazione a canone sociale».

È una richiesta sollevata a più riprese, anche da petizioni di comitati di cittadini negli anni passati. «Il Comune sembra aver recepito, negli ultimi anni,  questa richiesta di intervento sulle situazioni di criticità abitativa – continua Giacomo – ma lo ha fatto in un modo che ha finito per produrre effetti distorsivi gravi. Gli interventi importanti e doverosi di recupero di spazi pubblici abbandonati (l’ex convitto del Trotter, Mosso 4, da qualche settimana la piscina di via Cambini….) e di valorizzazione dell’arredo urbano (in corso di realizzazione) hanno reso, contestualmente al decollo del “brand” Nolo,  più attrattiva la zona e alimentato una forte domanda di case  con una conseguente impennata dei prezzi di locazione e di vendita».                                                                                              

L’aumento incontrollato del prezzo delle case è l’altro importante aspetto di criticità per l’abitare in zona, dove la proposta di acquisto viaggia trai 4 e i 6.000 euro al mq e l’affitto è mediamente di 800-1.000 euro per un bilocale. 

«In assenza di politiche di calmieramento – interviene Elisabetta – questo fenomeno provocherà, anzi sta già provocando, l’aumento degli sfratti, l’espulsione delle famiglie economicamente più fragili, grandi difficoltà anche per persone e famiglie di ceto medio alla ricerca di una casa in zona». «Una sorta di risanamento edilizio affidato soltanto alla pura logica di mercato – fa notare Luca – che corre il rischio di spezzare legami sociali e alterare le caratteristiche di mix socioculturale proprie di questo territorio. Tutto ciò verrà amplificato dall’annunciato intervento di restyling di Piazzale Loreto».

Si spiega in questo modo il proliferare in Municipio di interventi di ristrutturazione o, più spesso, di abbattimento e ricostruzione edilizia. Ma si tratta di un’offerta abitativa destinata al mercato, con prezzi inaccessibili per redditi bassi e medi, anche laddove sono previste forme di canone concordato. Nulla a che vedere con le esigenze alloggiative delle famiglie e men che meno di studenti e lavoratori temporanei che, specie se stranieri, vanno ad alimentare il circuito degli affitti in nero con relativo sovraffollamento, ecc.

È in questo contesto che si spiega l’attività del Comitato, il quale non si limita a denunciare ma, sulla scorta di quanto sperimentato in analoghi contesti urbani europei, indica da tempo possibili proposte di politiche per la casa. «Occorrerebbero più strutture alloggiative pubbliche a prezzi calmierati per studenti e lavoratori temporanei – ci dice Angelo – magari attraverso il recupero di spazi dismessi. Questo potrebbe fungere da calmiere rispetto ai prezzi di mercato, oltre che sottrarre spazio al proliferare di affitti illegali. Inoltre, bisogna pensare a forme di controllo e di regolazione del devastante fenomeno degli affitti turistici. E, ancora, piani di quartiere dove a interventi abbellitivi si accompagnino misure per la conservazione del mix sociale, garantendo situazioni abitative alla portata dei più. A Barcellona, l’Amministrazione della sindaca Colau ha incrementato le aree verdi di alcuni quartieri periferici, ma ha al contempo acquisito alcuni vecchi stabili di quei quartieri, ristrutturandoli e affittandoli a canone sociale».

«Le nostre proposte sono rimaste finora del tutto inascoltate – interviene Guido – ma forse un cambiamento di registro va notato nell’Amministrazione Comunale, a giudicare dalle parole dell’assessore Maran, che in una delle sue ultime interviste denuncia i rischi di espulsione di giovani e classe media ad opera di meccanismi del mercato dell’abitare non governati dalla politica. È un buon passo in avanti, indotto forse anche dalla nostra azione. Mancano all’appello il riferimento alla difesa del diritto alla casa anche per le famiglie a basso reddito e l’adozione di provvedimenti coraggiosi e innovativi. Continueremo a porre il problema con nuove e più incisive iniziative collettive».

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