di Patrizia Toia, Vicepresidente Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’energia al Parlamento UE – segreteria@patriziatoia.it
Sull’energia è arrivato il momento di fare sul serio. Il tempo delle transizioni dolci, della melina delle lobby per tirare e campare e delle road map approvate per buttare la palla in tribuna e continuare con il business as usual è finito. Altre opzioni non ce ne sono per non continuare a essere complici di Mosca.
L’Europa, ma anche gli Usa, giustamente, non vogliono entrare in guerra con la Russia per porre fine alla brutale aggressione dell’Ucraina. L’opzione dell’embargo immediato su gas e petrolio per fermare la macchina da guerra di Putin, che avevamo chiesto al Parlamento europeo, è stato scartato dai Governi dell’Ue perché reputato troppo costoso e persino l’embargo progressivo limitato al petrolio, che doveva essere approvato con il sesto pacchetto delle sanzioni, è bloccato dal veto dell’Ungheria di Orban. Per questo ora è una buona notizia il piano RePower, presentato lo scorso 18 maggio dalla Commissione europea.
Finalmente, dopo le sanzioni, l’Unione europea si muove a tutto campo sull’energia e mette nero su bianco il COME abbandonare le energie fossili russe. Dopo quasi tre mesi dall’aggressione dell’Ucraina e dopo una crisi energetica iniziata molto prima, la Commissione europea ha presentato un piano energetico da 300 miliardi di euro destinato a incidere più di tutte le sanzioni approvate fino ad oggi. Per la prima volta, infatti, il Continente ha messo sul tavolo un piano concreto per abbandonare le importazioni di energia fossile dalla Russia, supportato da finanziamenti massicci. Inoltre il piano indica una strada per trasformare in un’opportunità economica le difficoltà di questi mesi: l’accelerazione nelle installazioni delle rinnovabili, l’aumento del risparmio e dell’efficienza energetica, gli acquisti comuni di gas e idrogeno e gli investimenti sulle interconnessioni e sulla solidarietà energetica tra Paesi sono tutte misure destinate ad avere un impatto economico a lungo termine sulla competitività dell’Unione europea, oltre ad avvicinarci all’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni di Co2. Ora spetta alle istituzioni comunitarie, Consiglio ed Europarlamento, lavorare più rapidamente possibile per approvare e applicare il piano, con la consapevolezza che il prolungamento del conflitto in Ucraina dipenderà anche dal tempo che impiegheremo per renderci indipendenti dalla Russia.
Intanto a Bruxelles stiamo anche lavorando alla sicurezza energetica del prossimo inverno, che è il primo passo urgente per mettere in salvo l’immediato futuro e per avviare, nel contempo, la nuova politica energetica, diversificando le fonti combustibili e cambiando radicalmente il modello di forniture energetiche europee. Si tratta di prendere decisioni delicate sugli stoccaggi e sugli acquisti comuni, componendo in un provvedimento coerente ed efficiente le esigenze e le diverse situazioni di 27 Stati membri.
Lunedì 16 maggio quindi i negoziati con i rappresentanti dei Governi e della Commissione sono iniziati il pomeriggio e sono durati tutta la notte. La mattina alle 8 siamo usciti dalla sede del Consiglio a Bruxelles dopo 15 ore di negoziati ma con in tasca un accordo cruciale per la sicurezza energetica dell’Ue. Abbiamo stabilito di imporre agli Stati membri l’obbligo di avere le scorte necessarie e di riempire (all’80%) entro novembre gli stoccaggi disponibili, con l’obiettivo di avere abbastanza gas per poter garantire che il prossimo inverno l’economia europea abbia risorse energetiche sufficienti per continuare a funzionare e le famiglie abbastanza energia per il riscaldamento. Inoltre abbiamo una cornice di riferimento per gli acquisti comuni di gas su base volontaria tra gli Stati membri, che sono un tassello fondamentale delle azioni che i governi potranno mettere in campo per garantire il raggiungimento degli obiettivi senza rischiare di spingere ulteriormente al rialzo i prezzi del gas.
La storia dell’Unione europea è iniziata con un grande piano sull’energia, la Comunità europea del carbone dell’acciaio, oggi è il momento di rifondarla con un nuovo piano geopoliticamente e ambientalmente sostenibile.