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Tutti possono apprezzare la buona musica, ogni genere di musica, purché di qualità

Intervista al pianista e direttore d’orchestra Carlo Boccadoro uno fra i più noti compositori italiani contemporanei.

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di Marco Piccardi

Carlo Boccadoro è nato a Macerata nel 1963 ma da sempre vive a Milano e abita in zona 2. È fra i più noti compositori italiani contemporanei. Le sue musiche sono state eseguite nelle stagioni concertistiche di tutto il mondo e sono state registrate dalle più importanti etichette discografiche. È anche direttore d’orchestra, pianista e percussionista; e affianca all’attività di musicista quella di musicologo. È stato tra i fondatori dell’Ensemble Sentieri Selvaggi, che tuttora dirige e che ha la sede e le sale prova in viale Monza.

Carlo Boccadoro e la musica: com’è cominciata?

«Il mio personale percorso musicale è stato poco accademico. Prima della classica ascoltavo il rock, la black music. E in seguito ho fatto parte di una band di jazz fusion, in cui suonavo le tastiere elettriche. Nel frattempo studiavo al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e, per far contenta la mamma, mi sono diplomato in Pianoforte e Strumenti a Percussione, questi ultimi con il maestro Franco Campioni, che mi inserì subito in orchestra. Il mio primo concerto è stato nel 1979, con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Come percussionista ho poi suonato con l’Orchestra RAI di Milano e al Teatro alla Scala per la prima milanese del “Prometeo” di Luigi Nono.

Divulgare musica è importante, perché bisogna capire che non c’è musica difficile se la presenti adeguatamente

Successivamente mi sono iscritto a Composizione, sempre in Conservatorio. In quel periodo c’era un turn-over continuo delle cattedre: ogni anno cambiavamo insegnante, nessuno dei quali rimaneva abbastanza a lungo da poter dare agli allievi un imprinting preciso. Ho studiato con Bruno Cerchio, Dario Maggi, Ivan Fedele e Marco Tutino: spesso avevano idee opposte tra loro e questo alla fine è stato molto utile per me, perché mi ha evitato il rischio di diventare un epigono del mio insegnante, di dar parte di una specifica “scuola”. In ogni caso, me ne sono andato prima del diploma; una mia idea di come comporre me l’ero fatta. Il mio esordio lo devo a Carlo Majer, direttore artistico dei Pomeriggi Musicali tra fine anni Ottanta e inizi Novanta, che mi commissionò un Ottetto per fiati per la manifestazione Musica nei Cortili. Ho costruito il brano su temi di Schubert e Cole Porter, tanto per mettere in chiaro fin dall’inizio il mio approccio trasversale ai generi musicali. In seguito, alcune mie composizioni sono state dirette da Riccardo Chailly al Teatro alla Scala. Ho scritto anche alcune opere da camera e opere per bambini, tra cui nel 2004 La nave a tre piani, commissionatami da Luciano Berio».

Poi c’è il Boccadoro direttore d’orchestra

«Ci sono arrivato molti anni più tardi. Avevo avuto dalla Filarmonica di Verona la commissione di scrivere un’operina di un atto da mettere in scena prima de La finta giardiniera di Mozart per la direzione di Renè Clemencic, grande direttore del repertorio barocco, il quale però non voleva dirigere musica contemporanea. Così chiesero a me di farlo direttamente. L’esperienza fu positiva e cominciai a dirigere sempre più spesso, a partire dall’Ensemble Sentieri Selvaggi, nato nel 1997 e tuttora attivo, per il quale scrivo e dirigo. Nel gennaio del 2021 sono stato invitato a dirigere l’Orchestra del Teatro alla Scala». 

Com’è nato l’Ensemble Sentieri Selvaggi?

Sentieri Selvaggi nasce con un programma di Radio Popolare, assieme a Filippo Del Corno e ad Angelo Miotto. Il mattino della domenica proponevamo la musica di autori come Philip Glass e Michael Nyman. Le reazioni furono positive: alcuni telefonarono dicendosi colpiti da musiche che non conoscevano e chiesero dove trovare quei dischi. Allora ci siamo detti che forse c’era un pubblico anche per ascoltare quelle musiche dal vivo, continuando a presentare e a spiegare i brani proposti. Così è nato l’Ensemble, con un repertorio che andava a coprire un vuoto per lungo tempo trascurato da manifestazioni di musica contemporanea più accademiche. Nel frattempo, molti di quegli artisti hanno cominciato a essere invitati in Italia o a essere eseguiti da altri, così noi abbiamo man mano allargato il nostro repertorio, eseguendo anche Boulez, Stockhausen e altri, pur senza tradire i nostri autori di riferimento iniziali che, anzi, hanno spesso scritto brani appositamente per noi. L’Ensemble ha pubblicato numerosi cd, l’ultimo dei quali, Le Sette Stelle, per l’etichetta Deutsche Grammophon. Dopo 25 anni di attività, recentemente abbiamo avuto un riconoscimento dal Ministero, con il sostegno del Fondo Unico dello Spettacolo (FUS)».

E veniamo al Boccadoro saggista, divulgatore musicale…

«Divulgare musica è importante, perché bisogna capire che non c’è musica difficile se la presenti adeguatamente. Certo ci sono musiche più complesse di altre, che richiedono più ascolti, ma non c’è una musica che respinge il pubblico a priori. A meno che non sia brutta musica, ovviamente. Io sono convinto che chiunque possa capire ogni genere di musica. Il problema non è il linguaggio usato, ma la qualità della musica. 

Per mio piacere, nel corso degli anni Novanta avevo iniziato a fare interviste a compositori che amavo molto, come appunto Glass e Nyman, e poi Steve Reich, Louis Andriessen, David Lang, Laurie Anderson: tutti artisti poi diventati punti di riferimento di Sentieri Selvaggi. Alla fine erano undici interviste, che nel 1999 l’editore Einaudi decise di pubblicare in un volume accompagnato da un cd contenente un brano per ciascun autore, tutti eseguiti dall’Ensemble. Ne sono state vendute 16mila copie. Poi per Einaudi ho pubblicato altri titoli, tra cui Jazz!, una guida a una discoteca di base di questo genere musicale, a cui mi sono avvicinato da ascoltatore, ma anche studiando tecnica dell’improvvisazione jazzistica con Giorgio Gaslini. Negli anni ho scritto altri libri di saggistica musicale, divulgativi, tra cui Le 7 note per 7 musicisti per Mondadori, 12. Storie di dischi irripetibili, edito da SEM, e Bach e Prince. Vite Parallele per Einaudi. L’ultimo uscito, nel maggio di quest’anno, è Battiato. Cafè Table Musik per La Nave di Teseo. 

Nel frattempo, però, avevo cominciato a scrivere storielle per bambini, accompagnate anche da musiche. Io non ho figli, per cui pensavo ai bambini degli altri, con un occhio a Gianni Rodari e uno al cartone animato Yellow Submarine. Così nel 2015 è uscita, per la Marcos y Marcos, La grande battaglia musicale, raccolta di fiabe tra loro collegate, recentemente ristampata. 

Altre attività in corso e progetti per l’immediato futuro?

Da sei anni sono direttore artistico dei Concerti della Normale di Pisa. Un’esperienza magnifica. Poi sto scrivendo un concerto per percussioni per il Teatro Petruzzelli di Bari. E sto tenendo molti concerti, anche con Sentieri selvaggi, di cui è da poco terminata la stagione milanese alla Casa degli Artisti e al Teatro Elfo Puccini, più alcuni concerti in altri Comuni della Lombardia. Inoltre, con l’Ensemble presenteremo in prima mondiale a Cesena alcuni brani dell’album Juke Box di Franco Battiato, mai eseguiti in concerto. Il 6 aprile 2023, parteciperò, a un concerto al Teatro Lirico di Milano in omaggio alla Cramps, l’etichetta discografica fondata negli anni Settanta da Gianni Sassi, che fece conoscere in Italia il compositore americano John Cage, di cui io eseguirò Dream. In quell’occasione, prenderò parte anche ad una performance con Patrizio Fariselli, ex tastierista degli Area, gruppo di punta della Cramps». 

Sia la sede e sala prove di Sentieri Selvaggi, che è in viale Monza, sia l’abitazione di Carlo Boccadoro, vicino a piazzale Loreto, sono in Zona 2…

Abito qui dal 2001, quando ancora non esisteva NoLo. Quello a nord di piazzale Loreto era un quartiere periferico. Ora è in trasformazione, pieno di locali e di opportunità culturali; c’è molta più socializzazione. Questo mi piace molto ma, contemporaneamente, sono saliti i prezzi delle case. Se già non ci abitassi, oggi non potrei permettermi di trasferirmi qui».  

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