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Cantare il tango con Annamaria Musajo

La vocalist italiana abita a Milano, in Zona 2, ma ha anche vissuto in Argentina e si è innamorata della sua musica.

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di Marco Piccardi


Annamaria Musajo è italiana di nascita ma argentina di adozione. Dopo altre esperienze musicali si dedica al canto jazz esibendosi dal 1989 in club e teatri. Ha collaborato con importanti musicisti jazz italiani, tra cui Piero Bassini (al Capolinea) e Renato Sellani (per la stagione Secondo Maggio in Camera del Lavoro). Ha partecipato a concorsi, programmi radiofonici e a seminari di jazz con figure come Betty Carter e Bob Stoloff. 

Nel 1995 si è stabilita in Argentina dove ha suonato con prestigiosi musicisti locali. Tornata in italia, nel 2000 forma un trio di musica argentina, prendendo parte all’album antologico S(u)ono Latino. Nel 2004 incide a Buenos Aires il Cd di tango Viva il tango. Più recentemente con il pianista jazz Arrigo Cappelletti si è esibita in un repertorio che unisce tango e jazz, pubblicando nel 2018 il cd Le temps du tango. È invece di quest’anno la pubblicazione del cd Yo Soy Maria. 

È docente di Canto Jazz presso i Corsi Popolari Serali di Musica del Conservatorio Giuseppe Verdi e di Canto Moderno presso l’Associazione Culturale Musica Aperta di Milano. Si esibisce regolarmente in locali e rassegne a Milano e in giro per l’Italia.

Dal 1989 abita in Zona 2. L’abbiamo incontrata nella sua casa per una lunga chiacchierata. 

Com’è nato il suo amore per il tango? Dopo avere vissuto in Argentina o già in precedenza?

«Il mio primo approccio professionale alla musica è stato il jazz. Avevo già un retroterra di concerti nei locali con mio fratello Nicola Musajo, con un repertorio di cover e musiche varie. Poi, all’inizio degli anni Ottanta, ho conosciuto il pianista jazz Arrigo Cappelletti e il batterista Massimo Pintori, il quale mi invitò ad unirmi al suo trio. Perché il jazz? La passione mi è venuta ascoltando i dischi di Ella Fitzgerald e di Billie Holiday. All’inizio ero autodidatta ma poi, nel ’91, ho seguito i corsi di Musica Oggi, la scuola di Enrico Intra e Franco Cerri. 

Nel frattempo per vivere facevo diversi lavori, anche impiegata in una banca. E magari la sera prima avevo fatto tardi cantando nei locali. In seguito, per vent’anni, ho lavorato alla CGIL.

Una volta la settimana cantavo nel Coro Ispano-americano di Martino Lutero che, nel 1986/87, mi ha chiesto di cantare in un concerto che affiancava la Missa Criolla di Ariel Ramirez e la Missa Lobo brasiliana alla musica europea cinquecentesca di Giovanni da Palestrina. Tra i percussionisti che suonavano nella Missa Lobo c’era un argentino che sarebbe in seguito diventato mio marito. Era di La Plata, città universitaria vicino a Buenos Aires, in cui la dittatura militare negli anni Settanta aveva fatto forti repressioni, costringendo molti studenti – tra cui lui – a scappare all’estero per salvare la propria vita. Abbiamo vissuto insieme in Italia ma, quando ci è nato un bambino, siamo andati in Argentina (dove nel frattempo era tornata la democrazia) a trovare i suoi parenti, decidendo poi di andare a vivere là. Ci abbiamo vissuto diversi anni, fino al 1999, durante i quali ho fatto jam con musicisti locali e mi sono esibita col grande chitarrista Luis Solinas. E lì è scoppiato il mio amore per il tango. Nel frattempo amici italiani immigrati in Argentina mi segnalarono che la CGIL locale cercava qualcuno che parlasse sia spagnolo sia italiano, per cui ho cominciato a lavorare per il sindacato. Quando poi abbiamo deciso di tornare a vivere in Italia, perché mio figlio era arrivato all’età scolare e volevamo iscriverlo qui alle elementari, ho avuto la possibilità di continuare a lavorare per la CGIL di Milano. L’anno dopo l’Ufficio Donna mi ha chiesto di tenere un concerto in Camera del Lavoro in occasione dell’8 marzo. Ed è stato un concerto di tango, accompagnata dal chitarrista Pierluigi Ferrari. 

Sia vivere in Argentina sia cantare col Coro Ispano-americano mi erano serviti a cantare in spagnolo senza difficoltà e a quel punto ho costruito un repertorio di tango. Inoltre in seguito sono tornata per un mese in Argentina e ho registrato un disco con musicisti di tango locali, dei veri tangheros».

Tanti considerano il tango solo una ballo, mentre in realtà il tango cantato ha una propria specificità e conta diversi approcci…

«Sì, nel tempo c’è stata un’evoluzione: partiture scritte come per la musica classica e poeti che hanno scritto testi appositamente per il tango, che può essere cantato con vocalità piena o come recitativo. Il cantante di tango più famoso è stato Carlos Gardel, il quale si ispirava ai grandi cantanti italiani, come Caruso, e negli anni Venti ha imposto un tango “ben cantato”, con fraseggi melodici e voce impostata. In tempi più recenti la vocalità del tango è cambiata, diventando più un parlato, un recitativo. Adriana Varela ha una voce dai toni bassi, maschili. Lidia Borda ha invece imposto una vocalità più calibrata, morbida, con punte di tonalità più acute. Anch’io ho alzato la tonalità dei pezzi. Oggi sia nel tango che nel jazz c’è più libertà, più contaminazione. E comunque il tango è un genere musicale contaminato fin dalle sue origini.

Sia vivere in Argentina, sia cantare nel coro Ispano-americano mi sono serviti a cantare in spagnolo senza difficoltà e a quel punto ho costruito un repertorio di tango

È figlio dell’emigrazione, da e per l’Argentina. Astor Piazzolla ne è un esempio: è nato in Argentina ma da famiglia di origine italiana e ha vissuto e studiato a New York. Questa è stata per lui una ricchezza. Ha unito il tango con il jazz, usando anche la batteria e la chitarra elettrica. Anch’io oggi amo mescolare il tango con il jazz. Negli ultimi anni ho privilegiato il tango, anche per caratterizzare la mia immagine, ma non ho abbandonato il jazz: ho ripreso contatto con Arrigo Cappelletti e abbiamo fatto insieme concerti inserendo anche brani di tango. Abbiamo anche registrato un album dal vivo. Poi con il contrabbassista Franco Finocchiaro e Pierluigi Ferrari abbiamo creato un repertorio in francese che ha portato allo spettacolo Rayuela, che prende infatti spunto dall’omonimo romanzo dello scrittore argentino Julio Cortazar, scritto a Parigi. Il set è organizzato in due parti: la prima con alcune grandi pagine della chanson francese, la seconda con una selezione di tangos argentini. Ci siamo esibiti al festival Da vicino nessuno è normale e poi al Teatro Pacta, dove si è aggiunta una giovane attrice per le parti recitate su testi di Cortazar, ruolo che in seguito è stato coperto dall’attore argentino Manuel Ferreira».

Si direbbe che a un certo punto la sua attività artistica abbia avuto un’impennata…

«In effetti dal 2011 ho ridotto a part-time il lavoro per dedicare più tempo alla musica: ai concerti e anche all’insegnamento, prima dando lezioni personali di canto e poi, dal 2012, in Conservatorio e in una scuola privata. Dal 2020 sono in pensione e mi dedico interamente alla musica. Un progetto che porto avanti ultimamente è “Cantare il tango”, titolo che serve appunto a chiarire che il tango non è solo un ballo. Inoltre, ultimamente mi sto riappropriando della mia lingua, l’italiano, scegliendo dal repertorio di Mina e di Ornella Vanoni. Assieme al pianista e arrangiatore Marcello Noia, ho costruito un recital dedicato alla Vanoni, partendo da un pezzo che mi piace molto: Tango, con musiche di Ryuchi Sakamoto e testo di Samuele Bersani. Recentemente ho anche cantato Ma mi. È bello nei concerti interpretare anche brani che il pubblico conosce e canta insieme a te. Segnalo infine che il 22 settembre a Borgo Ticino terrò il concerto Gershwin melodies col pianista Giuseppe Blanco, nel quale cerchiamo di far rivivere questo grande compositore attraverso i brani delle opere di George Gershwin e le canzoni più belle e conosciute del suo repertorio».

Quest’anno è uscito il suo nuovo cd Yo soy Maria…

«Ci ho messo tre anni a completarlo, anche a causa della pandemia. È un disco prettamente di tango. C’è anche un brano che ho tradotto io in italiano, Se dice de mi (Si dice di me). È molto divertente e io lo teatralizzo un po’. Nell’album suonano molti musicisti con cui normalmente collaboro, tra cui Finocchiaro, Ferrari, Stefano Zicari al piano e Piercarlo Sacco al violino.

Non è più tornata in Argentina?

«Sì, ogni tanto ci torno e comunque sono sempre in contatto con diverse amiche che mi tengono aggiornata sulla realtà culturale e politica».

A Milano abita vicino a Gorla, a due passi dal Parco della Martesana…

«Negli anni ho cambiato diverse case, in giro per Milano, ma dal 1989 vivo in questa zona. Ho abitato in via Padova angolo via Giacosa, poi a un altro numero di via Padova. Dal 2017 vivo qui, poco distante da Gorla, e mi trovo molto bene. È un quartiere in cui si respira un’aria di paese. Ci si frequenta con le vicine e poi c’è il parco dove fare belle passeggiate. Gli ultimi anni prima della pensione ho lavorato nella sede della CGIL di via Boiardo, a Turro, e spesso ci andavo a piedi. Mi dicono che un tempo il quartiere era un po’ più vivo, che hanno chiuso diversi negozi. Ma è comunque ben servito». 

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