di Massimo Sampaoli
Permettetemi di iniziare con un ricordo personale. Diversi anni fa, dopo il coming-out di mio figlio, andai con mia moglie per la prima volta al gay-pride. Ci andai con timore, pensando di trovare chissà che cosa. Poi, sceso dalla metro, mi trovai davanti tantissimi ragazzi e ragazze che, come mio figlio, chiedevano soltanto di essere ascoltati; chiedevano di non nascondersi, reclamavano i loro diritti. Fu una cosa che non mi aspettavo e mi commossi profondamente nel vedere la loro riconoscenza per la nostra presenza e testimonianza. E allora capii che mio figlio mi stava facendo un regalo.
Dovevo tornare a scuola, la scuola più difficile, quella della genitorialità, per impadronirmi di uno strumento in più, perché quelli che avevo acquisito negli anni non bastavano più, uno strumento che mi aiutasse a capire la realtà. E così è proseguito il mio percorso in Agedo (Associazione Genitori Di Omosessuali, via Bezzecca, 4 Milano ndr) come quello di tanti altri genitori, un percorso che è fatto di storie di vita vera che raccontiamo e stiamo ad ascoltare.
Ma qual è oggi la realtà che vedo intorno a me? Certo, c’è un dibattito nella società, nelle istituzioni, stiamo lì a vedere se spunta l’alba, se la luce della ragione abbia definitivamente soppiantato la notte del pregiudizio. I media parlano dei nostri ragazzi e varie sentenze, per come possono, tengono sempre più conto del fatto che essi esistono. Ma abbiamo veramente costruito una cultura dell’accoglienza o, se volete, anche solo semplicemente sconfitto l’ignoranza?
Oggi c’è ancora chi parla, anche nel dibattito pubblico, di “scelta” di essere omosessuale. Io tante volte mi sono chiesto e ho chiesto a mia moglie: “Scusa un po’ ma noi quando abbiamo scelto di essere etero?”. Non abbiamo mai trovato risposta, la scienza ci dice che omosessuali si è, non si diventa e non si sceglie. C’è ancora chi può permettersi di sostenere, nel pubblico confronto, che gli omosessuali sono persone afflitte da gravi disordini; la scienza ci dice che l’omosessualità è una variante naturale della sessualità umana. Oggi c’è ancora chi sostiene che un bambino, nato e cresciuto in una coppia omogenitoriale, è destinato a perdersi nei gorghi più torbidi dell’esistenza. La scienza, in particolare le approfondite ricerche che ci vengono dagli Stati Uniti, ma anche dalla parte più preparata del nostro mondo accademico, ci dicono che lo sviluppo di quel bambino non differisce in nulla dallo sviluppo di un qualsiasi bambino che sia oggetto d’amore.
Oggi, dopo un tempo infinito, è stato presentato un progetto di legge contro l’omofobia (estensione legge Mancino) che si preoccupa anzitutto, e moltissimo, della tutela del libero pensiero e che lascia la possibilità e la facoltà, e questo è deprecabile, a dichiarazioni e pratiche omofobiche che arrivano a contestare i dati scientifici.
È una realtà che va ad inserirsi in una definizione più generale, per dare un nome al tempo in cui viviamo, questa è “l’epoca delle passioni tristi”, un’epoca nella quale il futuro è vissuto non come un’opportunità, ma come una minaccia. In questo sentimento di diffusa incertezza e paura va ad inserirsi l’omofobia e tutte le sue manifestazioni. Ed è alle vittime di questa omofobia che io voglio rivolgere un pensiero affettuoso che, a partire dai sentimenti che provo, mi porta ad un impegno affinché non ci siano più vittime di discriminazioni di ogni genere.
Noi di Agedo crediamo come questa Amministrazione vuole una Milano più libera, in cui si possa scegliere la propria vita e costruire il proprio futuro, vivere relazioni di conoscenza, di amicizia, di amore, di coppia, senza temere discriminazioni o pregiudizi, senza il peso oppressivo del bisogno o dell’esclusione, in cui nessuno si senta solo o straniero. Noi di Agedo crediamo che la politica sociale è, innanzitutto, una questioni di diritti e che il welfare si debba fondare sulla centralità della persona e quindi occorra un sistema di promozione dei diritti di cittadinanza di tutte le persone, senza discriminazioni legate all’appartenenza di genere, all’etnia, all’età, alla salute, al censo, alla religione, all’orientamento sessuale. In questa realtà noi genitori cosa dobbiamo fare, quale deve essere il nostro ruolo?
Si dice spesso, in un altro contesto, che in questo paese un pezzo consistente del welfare dei giovani è rappresentato dai genitori, certo quei genitori che se lo possono permettere. Ma c’è un’altra definizione del welfare, che sembra tanto difficile da attuare, ma che è fondamentale, e fa riferimento a una società in cui ogni persona sia messa in condizione di sviluppare tutte le sue capacità.
Su questo fronte noi genitori siamo e dobbiamo essere in prima linea, non sono fatti per noi indugi e compromessi, non possiamo stare al passo con chi ancora deve decidere chi sono i nostri figli, qual è il loro posto in una società civile e quali sono i loro diritti. Noi dobbiamo andare avanti assieme ai nostri ragazzi, dobbiamo essere comprensivi, cioè sviluppare l’intelligenza della mente e del cuore e lo possiamo fare facendo anche noi genitori i nostri coming-out.
Non ignoriamo mai le difficoltà dei nostri figli, li abbiamo messi noi a questo mondo e su questo mondo, quale esso sia, in ogni momento dobbiamo camminare assieme a loro ed insieme a chi vuole percorrere il difficile cammino della piena realizzazione armonica di ogni cittadino.