di Gigi Galbusera
Nel secolo scorso il termine populismo è stato usato per classificare sviluppi di tendenze e di movimenti politici in varie parti del mondo, soprattutto nell’America latina.
Si è manifestato con l’emergere di un leader carismatico che si è presentato come portavoce delle esigenze del popolo attraverso l’esaltazione dei valori nazionali. Il leader instaurava con le masse popolari un rapporto diretto, spesso non mediato dalle istituzioni, diventando portatore di istanze e valori ritenuti positivi in contrasto con i difetti e la corruzione della classe dirigente, esaltando in modo demagogico e velleitario il popolo.
Ora il populismo sta sviluppandosi anche da noi in conseguenza di una profonda crisi politica e in assenza di un dibattito pubblico serio. Se guardiamo alcune trasmissioni televisive, ci rendiamo conto che non c’è più rispetto verso le persone, verso chi non la pensa come te; si urla e ci si sovrappone per dimostrare di aver ragione. La politica è diventata sempre più dipendente dalle dinamiche comunicative che spesso sono più interessate a fare audience, presentando scandali e realtà negative, che fare una seria e corretta informazione e, perché no, formazione.
In una recente intervista il prof. Mauro Magatti, sociologo dell’Università Cattolica di Milano, ha dichiarato: “Il populismo asseconda senza troppe mediazioni l’emotività che attraversa l’opinione pubblica, cerca di sfruttarla e di cavalcarla. Una delle immagini che si usa per spiegare questo fenomeno è il riferimento al Vangelo, quando Ponzio Pilato si rivolge al popolo chiedendo: ‘Volete Barabba o Gesù?’. Il popolo risponde Barabba e va bene così, semplicemente per assecondare la richiesta del popolo al di là di un’assunzione di responsabilità di chi ha ruoli istituzionali. Si intende populismo quando ci si limita a fare da amplificatore a quelli che sono i sentimenti comprensibili e giustificati di insoddisfazione, e non si esercita la funzione di cercare risposte sostenibili, sensate, ragionevoli”.
Sempre il prof. Magatti afferma che: “C’è oggi grande disorientamento, si sfruttano gli elementi emozionali più che la razionalità; questo indebolisce il tessuto democratico, perché tutto si brucia nel breve termine, si dimentica velocemente. Il cambiamento delle forme della comunicazione, come peraltro è successo in altre epoche storiche, cambia il modo di stare insieme anche sul piano politico”.
Penso che i politici debbano essere amanti della verità e non debbano ritenersi liberi di fare qualsiasi affermazione e fare qualunque cosa per ottenere il consenso, altrimenti ne esce un mondo allucinante. Il futuro che ci aspetta non è certamente roseo ed i problemi non sono facili da risolvere. Il populismo sa più di altri ascoltare le domande, ma sarà in grado di dare delle risposte? Con il populismo la democrazia ne uscirà più stabile oppure verrà messa in discussione? I problemi non si risolvono in breve tempo ma dobbiamo proporci degli obiettivi e su di essi costruire il nostro futuro, quello dei nostri figli e dei nostri nipoti.
C’è in gioco la nostra libertà. E la libertà è partecipazione, come ricorda una nota canzone di Gaber, ma con un grande senso di responsabilità.