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Nel quartiere Maggiolina il “Villaggio Varesine” dei Giostrai

Nel ricordo della magia del luna park.

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Alla fine degli anni ’90 il villaggio della Maggiolina confinava a est con due distinti fasci di binari, divisi tra loro da un terrapieno coperto di vegetazione spontanea, su cui si intravedevano nottetempo ombre e pic­cole luci non molto rassicuranti insieme a tanti rifiuti.

Un giorno venne estirpata la vegetazione e comparvero sul terrapieno ruspe, solchi, pali che facevano pensare a lavori di costruzione. Iniziò allora a serpeggiare la notizia che si attrezzasse un campo nomadi, ma non fu così. Su quel terreno erano state installate fognature, linee elettriche, tubature per acqua e gas per fornire i servizi indispensabili ai Giostrai delle ex-Varesine, che si sarebbero trasferiti in quel sito, in quanto il terreno su cui erano rimasti per 30 anni faceva parte di un importante progetto di sviluppo edilizio. 

Per saperne di più abbiamo intervistato la “sindaca” del villaggio; è la persona che si occupa della gestione amministrativa, delle relazioni con le istituzioni e di tutte le necessità organizzative della comunità. Si chiama Piera Sedete, discende da generazioni di giostrai e vive con loro, anche se svolge la sua attività in uno studio come assistente di un noto professionista.

Come è nata la vostra comunità?

I giostrai erano itineranti, giravano l’Italia ma si trovavano con le loro strutture nelle stesse località in occasione di feste come Natale e Carnevale, ma anche per sagre e fiere. A Milano si andava alle ex-Varesine dove, per le feste importanti, ci si tratteneva anche due mesi. A un certo punto un giostraio, anche lui figlio d’arte (suo padre si costruì un ottovolante in legno) pensò di creare un parco divertimenti e così nacque il nostro Luna Park nel sito dove siamo stati fino al 2000. 

Dopo il 2000 che è successo?

Dopo la scadenza della concessione comunale la comunità, guidata dal nostro compianto presidente Umberto Rocco, ha chiesto, in particolare, un’area per le abitazioni. Il Comune di Milano ci ha assegnato, per le strutture abitative, il luogo dove ci troviamo con il riconoscimento ufficiale, di cui vado fiera, di avere noi fornito un servizio alla città per un trentennio.

Come vi siete organizzati sia tra voi che nei confronti delle istituzioni?

Ci siamo dati una veste giuridica necessaria per i contatti con le istituzioni, costituendoci nell’associazione UNA (Unione Nazionale Attrazionisti) con un presidente, Massimo Bacci. Abbiamo diviso lo spazio in piazzole recintate di uguali dimensioni, ci siamo dati regole precise, ad esempio può entrare a far parte dell’associazione solo chi è stato o continua a essere un esercente dello spettacolo viaggiante. Paghiamo un canone di affitto al Comune di Milano, ma è stata la nostra comunità a sostenere le spese di urbanizzazione, mettendo l’area a norma. I costi di gestione vengono regolarmente ripartiti tra tutti i residenti.

Come è composta la comunità?

Qui risiedono trenta famiglie, per un totale di un centinaio di persone di tutte le fasce di età, ma in maggioranza sono anziani, i vecchi gestori delle ex-Varesine.  Chi ha la giostra, gira ancora in altre cit­tà e alcuni giovani fanno le feste di via. È una vita molto dura, smontare e rimontare le strutture anche tre volte in una settimana. Il vantaggio/peculiarità degli operatori dello spettacolo viaggiante è che imparano sul campo molti mestieri (elettricista, falegname, meccanico, ecc), chi non va più in giro può svolgere queste attività. Noi lottiamo per continuare questo lavoro, anche se le condizioni sono sempre più difficili.

Perché avete preferito risiedere in case mobili e non in appartamenti?

Rispondo raccontando di Moira Orfei, famosa circense. A un certo punto della sua vita si era comprata un terreno con una villa all’interno e portava però nella corte di casa il suo caravan per viverci. Voleva sentire la pioggia che batteva sul tetto ed è morta lì. I nostri anziani sono così. Il futuro non so cosa ci riserverà, ma per ora anche i miei ragazzi, che fanno l’università, amano questa vita. Vogliamo restare nella comunità e occuparci dei nostri vecchi, che tanto ci hanno insegnato e trasmesso di questo mondo un po’ fiabesco. Qui nessuno è mai solo, perché siamo tutti in stretto contatto, così come c’è stretto controllo su eventuali presenze sospette ai margini dell’area.

Contatti esterni?

Si tanti, dal Comune di Milano al Consiglio di Zona, alla scuola di Zona, al parroco di Greco, che è stato il primo a venirci a trovare, agli esercizi intorno a noi. Tutti conoscono il “Villaggio Varesine”, nome che abbiamo scritto sul cancello d’ingresso, in ricordo dei nostri trent’anni di Luna Park.

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