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I Navigli, un’occasione per ripensare la città

Edo Bricchetti spiega il significato degli Ecomusei in una strategia urbanistica con lo sguardo.

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Edo Bricchetti, tra l’altro, è il referente dei Paesaggi Culturali della Rete degli Ecomusei Lombardi e animatore di progetti europei sui beni culturali materiali, immateriali e paesaggistici, nonché ideatore e progettista anche dell’Ecomuseo Martesana. Gli abbiamo fatto alcune domande su un’importante risorsa presente nella nostra zona, ampliando il discorso alle vie d’acqua milanesi e lombarde.

Milano era una città d’acque. Strano a dirsi, ma i 140 chilometri di navigli che ancora l’attorniano suffragano ciò che Carlo Cattaneo già asseriva nel 1844 e cioè che l’uomo aveva “preso le acque dagli alvei dei fiumi e dagli avvallamenti palustri” e le aveva “diffuse sulle aride lande”.

Che cosa sono le conche?

Uno dei congegni idraulici su cui si fondò la fortuna della navigazione. La conca si compone di un bacino in muratura lungo diverse decine di metri, delimitato a monte da portine e a valle da portoni più grossi. La conca permette di superare il dislivello delle acque assicurando alle barche in transito la percorribilità del canale. Va subito detto, però, che Leonardo da Vinci, contrariamente a quello che si pensa, non inventò le conche, le migliorò, questo sì; da qui il termine di “conca vinciana”.

I Navigli sono uno dei luoghi più importanti di Milano, un tesoro vitale per ogni milanese e non solo.

Come si fa a parlare di Milano senza parlare dei navigli? Oggi quando si parla di navigli si pensa subito alla “movida” che anima le sue sponde, ma non dovrebbe essere così poiché i navigli sono stati per Milano una delle chiavi economiche più importanti almeno fino alla fine dell’ottocento quando l’avvento delle ferrovie e del traffico su gomma li soppiantò nel panorama dei trasporti lombardi, e anche uno spaccato formidabile della quotidianità di vita e lavoro della comunità che s’interfacciava con il naviglio. 

Riaprire gli otto chilometri della cerchia interna dei navigli milanesi. Perché malgrado i referendum non si riesce a realizzare questo progetto?

Perché è convinzione comune, fondamentalmente, che la riapertura dei navigli priverebbe i residenti e i negozianti delle possibilità di accesso alle proprie residenze e ai propri luoghi di lavoro con l’auto; ma non è affatto così. Questa convinzione è frutto di un timore infondato e di una scarsa informazione. Se si approfondissero di più le strategie progettuali si capirebbe che non si eluderebbero affatto i privilegi di accesso, quanto piuttosto le modalità di accesso. C’è poi un altro aspetto inficiante, ovvero che i milanesi sono stanchi, comprensibilmente, dei disagi provocati alla città dai cantieri, ma va detto subito, però, che la riapertura dei navigli causerebbe molti meno disagi di quelli provocati dai cantieri della metropolitana. 

La trasformazione della nostra città verso un modello di sostenibilità urbana e di bellezza paesaggistica e ambientale, cosa implica?

Riaprire il corso interno del Naviglio milanese non è un’operazione nostalgica quanto, piuttosto, una nuova, diversa strategia urbanistica, per quanto attiene almeno all’area del naviglio, con un occhio attento per gli scenari urbanistici del futuro. Vorrebbe dire, inoltre, ripensare a un’operazione di riqualificazione ambientale per una migliore qualità della vita più a misura d’uomo e, infine, un miglioramento dell’arredo urbano. Fra le motivazioni contrarie alla riapertura va segnalata la scarsa consapevolezza della crisi ambientale che la città sta attraversando e che peggiorerà sempre di più se non s’interverrà in modo adeguato.

Una volta riaperti i Navigli cambierebbe il disegno della città e si organizzerebbe diversamente il traffico, aumentando le aree di pedonalizzazione?

Non cambierebbe il volto e il disegno della città. Cambierebbe solamente la percorribilità della circonvallazione interna che sarà, comunque, garantita per gli aventi diritto. Le isole pedonali dovrebbero essere considerate alla stregua di misure di contenimento del traffico, e non come misure penalizzanti.

Edo Bricchetti

Qualità ambientale, urbana, qualità della vita e nuove modalità d’uso del territorio, saranno occasione di nuove opportunità economiche, di lavoro e di nuova socialità?

L’eliminazione del traffico caotico e inquinante, che caratterizza la situazione attuale, gioverebbe sicuramente alla qualità dell’aria e porterebbe a una nuova educazione d’uso delle strade e dei luoghi di ritrovo e, quindi, a nuove forme di socialità.

Seoul ha aperto un tracciato d’acqua, Madrid rende percorribile il fiume Manzanares, Parigi, Berlino, Londra sono città che hanno canali e li valorizzano. Perché per Milano i navigli significano solo movida”?

L’esempio della darsena di Porta Ticinese sarebbe stato un buon esempio se solo l’area non fosse stata presa come mero pretesto per assembramenti incontenibili e inappropriati. Occorrerebbe, in tal senso, un approccio più educato e ambientalmente più consapevole. Ma questa è un’altra storia, ancora tutta da affrontare.

Che cosa è un ecomuseo?

L’ecomuseo è un’associazione culturale che si fonda su un “patto di comunità”, per una migliore gestione della quotidianità e del patrimonio materiale, immateriale, paesaggistico. La sua struttura condivisa e partecipata permette di evitare lunghi passi burocratici e di raggirare l’inerzia dei “campanilismi” locali. 

L’Art. 19 Ecomusei della Legge Regionale 7 ottobre 2016 n. 25 di riorganizzazione dei beni culturali D.g.r. 22 luglio 2019. Bollettino Ufficiale n. 31 – Lunedì 29 luglio 2019, così recita:

  1. La Regione promuove la costituzione, il riconoscimento e il monitoraggio degli ecomusei e ne sostiene l’attività al fine di conservare e rinnovare l’eredità culturale vivente di determinati territori e delle popolazioni che li abitano, di favorire processi di sviluppo sostenibile a partire dal patrimonio locale, di salvaguardare i paesaggi tipici lombardi e di valorizzare la diversità culturale dei luoghi. Favorisce lo sviluppo dell’attività in rete e l’utilizzo di risorse dell’Unione europea, nazionali e private a sostegno degli ecomusei. 
  2. Ai fini della presente legge, per ecomusei si intendono istituzioni culturali, costituite da enti locali in forma singola e associata, associazioni, fondazioni o altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, che assicurano, all’interno di un ambito territoriale definito e con la partecipazione attiva della popolazione, delle comunità locali, di istituzioni culturali, scientifiche e scolastiche, di enti e associazioni locali, le funzioni di cura, gestione, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio culturale e paesaggistico locale rappresentativi di un ambiente, dei modi di vita e delle loro trasformazioni. 

Scopi dell’Ecomuseo?

La proposta ecomuseale conclude un percorso di consapevolezza dei temi e dei percorsi di storia, arte, cultura, lavoro, memoria, paesaggio, di un determinato territorio, e risponde a criteri dinamici che poggiano sulla promozione della conoscenza e, soprattutto, sulla condivisione dei beni e dei temi ecomuseali con la comunità. La “mappa di Comunità”, ampiamente adottata dagli ecomusei, permette di attivare e avviare una politica di condivisione dei beni culturali e paesaggistici per uno sviluppo sostenibile del territorio e, soprattutto, il benessere della comunità. 

Arte e navigli?

Parlare il linguaggio dell’arte vuol dire parlare con la lingua diretta dell’emozione e dei propri vissuti, senza vincoli e limitazioni di alcun genere. E chi meglio della sensibilità artistica dei pittori e degli scrittori potrebbe dare corpo e voce a un approccio più “sensibile” al territorio e alla quotidianità della vita? Ho scritto recentemente un libro edito da Meravigli Navigli di Milano. Viaggio pittorico che illustra, attraverso i dipinti, il percorso della Cerchia interna dei navigli milanesi. È un viaggio nel tempo e nello spazio che ci restituisce spaccati di assoluta e straordinaria bellezza e che ci fa dire che non sempre il vecchio è a discapito del nuovo. 

Giovanni Segantini e il naviglio di San Marco?

Segantini ha avuto con Milano un rapporto conflittuale. Arrivato a Milano, orfano e privo di mezzi economici, ha vissuto periodi di vagabondaggio per il quale fu anche arrestato. Tutto questo non gli ha impedito, comunque, di cogliere momenti d’idilliaca sintonia con il naviglio che frequentava quando lavorava come apprendista in una bottega nel quartiere di Brera. Il quadro Naviglio di San Marco ne è un esempio. Da un lato la sagoma scura di una casa con il naviglio ritratto con forti toni scuri e qualche pennellata di bianco (riflesso del cielo) e, dall’altra, un fronte di case in piena luce solare. Delle damigelle con ombrellini attraversano il ponte di via Montebello. Un bel quadretto spensierato e luminoso ravvivato dalla sequenza di palloncini che salgono al cielo ritratto con un forte colore azzurro. Inquietudine e gioia a confronto.

Milano città del futuro?

Quando i navigli furono interrati in tutta fretta fra il 1929 e il 1930 e senza le necessarie autorizzazioni, gli urbanisti di quel tempo vollero equiparare Milano alle grandi città Europee pensando di svecchiare il volto urbanistico della città cancellando il naviglio interno, eludendo, fra l’altro, la forte opposizione d’intellettuali e di gran parte del popolo milanese. Ma non seppero o non vollero cogliere il senso di quello che le acque rappresentavano dal punto di vista paesaggistico. Ora le stesse grandi capitali Europee, che pure già contavano su un loro patrimonio d’acque, hanno intrapreso un cammino in controtendenza, Milano, invece, va in senso opposto, cementificando piuttosto che alleviando il peso del cemento. Se solo Milano intravedesse in quest’operazione, dai costi assolutamente più contenuti rispetto ad altre grandi opere, un’occasione per ripensarsi addosso e ridisegnarsi strategicamente da un punto di vista urbanistico, farebbe sicuramente un’operazione più logica, sostenibile e, turisticamente parlando, attrattiva senza nulla perdere nella propria autorevolezza tipicamente “meneghina”. Milano non è solo una capitale della moda e del design, è anche una città dal volto storico. I navigli ne facevano parte. 

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