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Bruno Vergani, il parrucchiere degli artisti

Parrucchiere, pittore, musicista, un’istituzione preziosa di Villa San Giovanni da ormai sessant’anni.

Siamo a Villa San Giovanni, in viale Monza 325, in quel condominio con i portici sotto ai quali, da 60 anni proprio il 21 giugno, c’è un negozio di parrucchiere che è cambiato pochissimo, almeno negli ultimi cinquant’anni.

È stato inaugurato il 21 giugno del 1961, da un signore che si chiamava Gino Panzeri a cui, esattamente un anno dopo, è subentrato Bruno Vergani, che festeggia i 59 anni di attività sotto l’insegna “Il parrucchiere degli artisti”.

Come mai ha deciso di fare il parrucchiere?

«Così all’improvviso, per caso,  è stata una mia idea, perché avevo già un lavoro all’Enel ma poi, quando ho visto che mi hanno dato un numero e una giacca mi sono detto: no, non fa per me. Già allora suonavo e dipingevo e quindi volevo fare qualcosa che mi permettesse di abbinare tutte e tre le cose. Avevo un fratello scultore e un padre pittore, quindi in fondo era anche logico. A casa mia si viveva fra pennelli, colori e suonavo già in un gruppo musicale: i Baronetti. 

E ho suonato fino a quattro anni fa, nei teatri e anche qui a Villa San Giovanni, con canzoni mie. Il titolo dello spettacolo era Stori de cortil, in cui narravo la Milano degli anni sessanta, il Naviglio, cose così. L’ultimo concerto è stato quattro anni fa al Teatro Verdi. Poi, come tutti i gruppi, abbiamo litigato e così è andata a finire che prima che se màsum… Quindi ecco spiegata l’insegna del negozio».

Ma per tornare alla sua carriera lavorativa, come ha iniziato?

«Prima di aprire il negozio a Villa, sono stato per sei mesi in via Valtorta, in un parrucchiere da donna, poi si sa che in questo campo le donne sono molto esigenti e pignole e così ho preferito andare sull’uomo, che generalmente è un cliente molto più tranquillo».

Le mode dei tagli di capelli, anche in questo caso passano e poi ritornano?

«Certo, passano e poi ritornano. Ad esempio alcuni tagli di oggi si facevano anche negli anni sessanta. Poi sono arrivati i Beatles che hanno troncato praticamente tutte le mode e si portavano i capelli lunghi, ma prima dei Beatles, tutti i tagli erano cortissimi alla Marines».

Beatles che lei ha visto quando sono arrivati a Milano

«Sì, esatto, al Vigorelli. Era a giugno del 1965. A quel punto tutti volevano i capelli lunghi, stirati e magari anche con le tinture».

E un taglio speciale che ha fatto e di cui è orgoglioso?

«Diciamo che ho sempre seguito le mode, però negli anni sessanta quando avevo tutti questi cantanti che venivano da me si usavano anche dei tagli un po’ particolari. Come Little Tony per esempio, che era fidanzato con una bellissima ragazza che abitava proprio qui sopra al negozio, come pure il pugile Carmelo Bossi che diventò campione del mondo nel 1970-71, Daniele Piombi, anche lui con fidanzata in questo palazzo e poi il Clan di Celentano, che una volta era in viale Monza. Quindi avevo come clienti fra gli altri Umberto Bindi, Don Backy con cui ero molto amico, Teo Teocoli che all’epoca cantava con I Quelli, che poi sono diventati la Premiata Forneria Marconi… Per esempio, al bar Lucia (oggi Café Villa al 319 di viale Monza), negli anni sessanta vedevi giocare a carte o a biliardo Bobby Solo, Lucio Battisti, Al Bano… al pomeriggio i cantanti erano tutti lì, era un luogo di ritrovo e di svago diverso da quello che sono diventati i bar oggi».

Quindi era stimolante lambiente qui in zona?

«Molto, moltissimo. Anche se oggi è un po’ scaduto. Il Pane Quotidiano, su cui io sono più che d’accordo, ha però portato alcune criticità, non tanto per l’opera meritoria che svolge, ma per il contesto che io trovo sbagliato, si sarebbero potute trovare soluzioni altrettanto valide ma che non fossero diciamo così “invadenti” rispetto al quartiere. Quando fu dismesso il Dazio in cui oggi ha sede il Pane Quotidiano, ricordo che raccogliemmo moltissime firme per realizzare un pronto soccorso oppure una biblioteca, ma purtroppo si sa come vanno certe cose e non se ne fece più niente e secondo me è stato un grosso errore».

Durante la pandemia, il lavoro?

«Chiuso! L’anno scorso sono rimasto chiuso tre mesi e mezzo, quest’anno trentacinque giorni».

Un personaggio particolare o un aneddoto divertente?

«Don Backy. Ricordo che venne a tagliarsi i capelli prima di andare a cantare a Sanremo con l’Immensità nel 1967. Mi disse: “Bruno mi raccomando, tagliali appena appena”. Io non so cos’é successo, ci siamo messi a chiacchierare, gli ho fatto lo shampoo, gli ho asciugato i capelli e mi sono accorto di aver sbagliato tutto. Me ne ha dette di tutti i colori e se andate a vedere su YouTube la sua esibizione è impossibile non notarlo. Anche se poi mi ha perdonato».

Quali sono oggi i tagli più richiesti? E il cliente più strano?

«Diciamo una spazzolina con i capelli tutti all’indietro e con la riga spaccata.

Il cliente più strano invece è stato uno che mi ha chiesto di rasarlo a zero sul lato destro, mentre sul sinistro ha lasciato i capelli molto lunghi, oppure un altro che mi ha richiesto di tagliare le basette una appena sotto l’orecchio e l’altra fin sotto il mento. Non dico l’effetto, tanto che mi sono raccomandato di non andare in giro a dire che l’avevo fatto io…».

Le hanno mai chiesto voglio il taglio come un certo attore o il tal personaggio famoso?

«Altro ché! Tantissimi. Specialmente i giovani, ma anche clienti più maturi, che mi chiedono un taglio alla George Clooney o Pierferdinando Casini. I giovani invece arrivano direttamente con la foto e l’ispirazione sono quasi tutti calciatori. Una volta erano i cantanti quelli che tiravano di più, ma oggi vanno forte i calciatori».

Esiste il taglio perfetto?

«Perfetto mai, è come nella pittura o nella musica, c’è sempre qualche sbavatura, però a volte mi capita ancora di dire: “Però, guarda che bel taglio che ho fatto”. Ma la mia vanità si nutre della soddisfazione del cliente quando ti dice: “Lo volevo proprio così!”».

E i famosi calendarietti con le donnine?

«Erano bellissimi e li ho avuti anch’io per qualche anno, fin verso la metà degli anni sessanta, poi gradualmente sono caduti in disuso».

Com’è cambiato il quartiere durante tutti questi anni?

«Il quartiere è cambiato moltissimo dopo l’apertura della Metropolitana, nel 1964, hanno cominciato a costruire i palazzi intorno, il parcheggio qui davanti in cui d’estate facevano un piccolo Festival dell’Unità o anche dell’Avanti che manteneva ancora un’aria casereccia.

Poi negli anni successivi direi che non ci sono stati grandi stravolgimenti».

Parliamo della pittura che, a questo punto, va di pari passo con tutto il resto.

«Beh, mi sono anche diplomato in pittura. Ma dato che con l’arte i soldi sono quelli che sono, ho affiancato a questa passione un mestiere che, non solo mi permettesse di vivere, ma che mi lasciasse anche degli spazi per portare avanti la mia passione. Inoltre devo dire che ci sono anche molti clienti che mi richiedono un ritratto. E poi il prossimo anno ho una mostra molto importante a Bellagio».

Ultima domanda, sua moglie i capelli da chi se li fa tagliare?

«Da me, a casa, ma non è mai soddisfatta, anche se poi il suo parrucchiere preferito rimango sempre io…».

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