di Gian Paolo Barbetta, docente Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Il prossimo 3 e 4 ottobre saremo chiamati, attraverso il voto che esprimeremo al primo turno delle elezioni amministrative comunali, a scegliere il sindaco di Milano e i consiglieri comunali, oltre ai presidenti dei municipi e ai membri dei relativi consigli. Il voto amministrativo è una occasione rilevante per partecipare alla vita del nostro Comune e per determinare la qualità degli interventi e delle politiche che caratterizzeranno Milano nei prossimi anni. Infatti, quando scegliamo il sindaco e i consiglieri comunali prestiamo meno attenzione al dibattito politico nazionale, e agli slogan che lo caratterizzano, e ci concentriamo sull’amministrazione, sulle cose realmente fatte e sui programmi per il futuro.
Senza entrare nel merito della qualità dell’azione amministrativa recente e passata (su cui ognuno di noi si sarà già formato, o si formerà una propria opinione), vale la pena di provare a richiamare alcuni principi a cui tutti i concorrenti alla sfida elettorale dovrebbero attenersi e rispetto ai quali dovremmo chiedere loro un’adesione esplicita. Senza un terreno di principi comuni con i quali identificarsi, lo stesso esercizio della democrazia viene messo a rischio. Ci si può dividere sui progetti, le scelte, le politiche e gli interventi, ma devono restare saldi e condivisi alcuni elementi che costituiscono il sale della democrazia.
Provo, in maniera del tutto personale, senza pretesa di essere esaustivo, ad esprimere tre di questi principi. Il primo principio, rispetto al quale tutti i candidati dovrebbero esprimere pubblicamente la propria adesione, è quello del rispetto della legalità. Credo che per una città come Milano ciò significhi soprattutto due cose. Rifiutare e denunciare le offerte di sostegno da parte di quei soggetti, la cui attività rischia di minacciare la possibilità stessa di esercitare la democrazia, quali sono le organizzazioni criminali e le organizzazioni che, rifacendosi al fascismo, rifiutano il principio stesso della democrazia.
Quanto rilevante sia l’impatto delle organizzazioni mafiose che, oltre alle attività criminali sul territorio lombardo, cercano di infiltrarsi nelle amministrazioni locali, lo dicono sia la quantità di beni confiscati (la Lombardia è la quarta regione italiana dopo Sicilia, Campania e Puglia), sia le denunce recenti di Assolombarda sulle infiltrazioni mafiose nelle imprese e nella pubblica amministrazione attraverso estorsione, usura, gestione illecita di rifiuti e sanità. Quanto importante sia il rifiuto del sostegno di coloro che si richiamano al fascismo, dovrebbe essere evidente, sul piano internazionale, dalla crescente affermazione dei governi autoritari che riducono la partecipazione dei cittadini a pura formalità.
Il secondo principio riguarda la trasparenza dell’azione amministrativa, come premessa indispensabile per il terzo principio: il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini nelle decisioni strategiche che riguardano il futuro della città, direttamente o attraverso le organizzazioni in cui essi si riconoscono ed operano, dal volontariato all’associazionismo civico. Milano ha grandi risorse di competenza, di solidarietà, economiche e finanziarie, che dovrebbero essere coinvolte in maniera esplicita in alcune decisioni cardine: la destinazione delle “aree dismesse”, il traffico, il verde, il sostegno delle persone più deboli, i beni “comuni”.
Solo un’amministrazione che sappia informare sulle diverse opzioni aperte e sia in grado di cogliere i contributi di pensiero e di proposta che possono venire dai cittadini in maniera trasparente sarà in grado di arginare il potere di influenza dei grandi interessi, quelli che rischiano di ridurre il governo della città a un “consiglio di amministrazione”. Chi si candida a sindaco (o a consigliere) dovrebbe indicare pubblicamente i temi sui quali si impegna ad avviare un processo di coinvolgimento e consultazione dei cittadini, nonché le modalità con cui immagina di svolgere questo processo.