La Maggiolina non è un insetto

Un viaggio nella storia del quartiere Maggiolina, il villaggio dei giornalisti e il quartiere Mirabello.

0
219

La Maggiolina non è un insetto, ma un quartiere che prende il nome dalla cascina ubicata anticamente lungo il fiume Seveso, e che a sua volta deriverebbe il nome dai primi proprietari del cascinale, i Maggiolini, una famiglia fiorentina di setaioli giunti a Milano fra il XV e il XVI secolo. Oggi della cascina non resta più nulla, demolita nel 1920, e il fiume Seveso è scomparso, interrato gradualmente a partire dalla fine dell’800 fino agli anni ’50 del ‘900, subendo il processo espansivo della città. Scorrendo il fiume sotto il livello stradale, quando il tempo è particolarmente brutto, scoppia letteralmente ed esce allo scoperto, perché le tubazioni non tengono la portata d’acqua.

Cosa resta oggi della medievale Cascina Maggiolina? Solo una strada che da piazza Carbonari scende perpendicolare su Melchiorre Gioia; e, oltre alla strada, il nome è rimasto a indicare un intero quartiere residenziale composto prevalentemente da villette a due piani sorte nei pressi di piazza Carbonari.

Accanto al quartiere della Maggiolina troviamo due presenze altrettanto significative sotto il profilo urbanistico: il Villaggio dei Giornalisti e il quartiere di Villa Mirabello.

Discorso a parte meriterebbe la chiesa dei Santi Carlo e Vitale alle Abbadesse (XVI-XVII secolo): chiesuola a navata unica, suddivisa in quattro campate, volte a botte, piccolo campanile a pianta quadra, con pareti interne arricchite da affreschi, sembra, del Morazzone. Ma chi erano le “abbadesse”? Come molte altre zone fuori porta della Milano antica, il territorio agricolo era occupato da complessi di cascine appartenenti a famiglie nobili o comunità religiose. Una di queste comunità era costituita qui dalle religiose di Sant’Agostino, dette “abbadesse”.

Il visitatore è colpito dalla urbanistica particolare di un territorio punteggiato da villette niente affatto comuni. S’incontrano villette cosiddette “a igloo”, “a fungo”, “a palafitta”, costruite secondo l’estro originale di architetti che evidentemente intendevano lasciare un segno alla città.

Le case strane

Certamente una “casa a igloo” non può che essere una casa strana nel contesto cittadino. Infatti per tale motivo si trovano nella “strada degli gnomi” o “dei nanetti”, così i milanesi chiamano la via Lepanto. Le case a igloo furono realizzate nel dopoguerra (1946) dall’ingegnere Mario Cavallè che importò modello e tecnica realizzativa direttamente dagli Usa. Sono abitazioni poco voluminose (circa 40-50 mq), sviluppate su due piani: il piano esterno, con tetto semicilindrico, e il piano interno che si raggiunge dall’esterno o attraverso alcune botole. Originariamente erano 12, ne sono rimaste 8.

Le “case a fungo” vennero demolite nel corso degli anni ’60. Anch’esse provviste di copertura semicilindrica, si sviluppavano su due piani fuori terra, riproducendo talvolta la forma del fungo Amanita Muscaria.

La “casa a palafitta” – ma qui siamo già nel Villaggio dei Giornalisti – era stata costruita negli anni ’30 dall’architetto Luigi Figini (1903-1984) come sua abitazione privata, ispirandosi alle case costruite dall’architetto svizzero-francese Le Corbusier. Dodici pilastri alti oltre 4 metri sostengono l’abitazione distribuita su due livelli: il giorno al primo piano, la notte al secondo.

Il villaggio dei giornalisti

Non più distinguibile ormai dalla vicina Maggiolina per l’eccessiva urbanizzazione intervenuta nel ‘900, è tuttavia identificabile per l’edilizia discreta a villette e piccoli edifici residenziali nascosti nel verde (vie Papa, Romussi, Vergani ecc.). Anch’esso, come il vicino Villaggio Mirabello, sorge accanto alla storica Villa Mirabello (trattata in questo numero dal collega Luciano Marabelli).

In un periodo d’inizio secolo ‘900 in cui acutissimo si sentiva il problema abitativo e il Comune aveva iniziato a deliberare nuovi quartieri popolari grazie all’Istituto Case Economiche e Popolari, l’avvocato Mario Cerati pubblicava nel maggio 1911 sul quotidiano Il Secolo un editoriale in cui proponeva nuove iniziative edificatrici a favore della piccola borghesia, individuando proprio nella zona di espansione a nord-est di Milano, nel Comune di Greco, il terreno ideale per la costruzione di villette adatte al ceto medio. Il discorso fece presa su alcuni giornalisti e altri professionisti che costituitisi in cooperativa inventarono dal nulla il nuovo Villaggio dei Giornalisti di Milano.

Il quartiere Mirabello

A sua volta il quartiere Mirabello presenta due volti molto diversi: da una parte le graziose ville d’epoca (anni 10) costruite dalla società Quartiere Giardino Mirabello: altezza massima due piani con intorno eleganti giardini; dall’altra, fra le vie Vassallo, Frignani e Ghislanzoni, l’isolato di case popolari “Rodolfo Carabelli” costruito nel 1939 come edilizia residenziale pubblica dall’Istituto Fascista Autonomo Case Popolari: si tratta di 12 palazzine a 2-3 piani destinate alla piccola borghesia impiegatizia.