Non so se è mai capitato anche a voi, cari lettori, ma sento più l’inizio di un nuovo ciclo con la fine delle vacanze e la riapertura delle scuole, rispetto al classico 31 dicembre. In effetti si può dire che l’anno “sociale” inizi proprio in settembre: le città riprendono vita, rinnoviamo il guardaroba e si avvia il nuovo anno agricolo oltre a quello scolastico.
Non per nulla in alcuni dialetti sardi settembre è detto Cabudanno, mentre i francesi lo chiamano rentrée. Anche i Righeira, col loro tormentone del 1985 L’estate sta finendo, da cui mi sono fatto ispirare per il titolo di questo editoriale, la vedevano così. Si riparte con nuovo slancio dopo, si spera, il periodo del riposo passato in vacanza al mare, in montagna o in qualunque altro posto in cui è possibile “staccare la spina” almeno per qualche giorno.
È il momento in cui si tirano le somme dei primi otto mesi dell’anno, si progettano nuove cose, si fanno buoni propositi e ci si ripromette di affrontare le fatiche della vita quotidiana con uno spirito diverso, prima di ritrovarsi però, nel giro di pochi giorni, nel solito vortice di impegni lavorativi, famigliari e di ogni tipo, compresi quelli di chi tanto giovane non lo è più e si ritrova a combattere con una sanità a pezzi, Ma di questo ne parleremo un’altra volta, giusto per non rovinare un “rientro” già di per sé leggermente traumatico e un po’ malinconico.
Anche la situazione internazionale non ci fa ben sperare: alla guerra in Ucraina se n’è sommata un’altra a Gaza che sta incendiando buona parte del mondo arabo. A novembre ci saranno anche le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, col pericolo che possa ripresentarsi alla ribalta internazionale il tycoon Donald Trump e le sue idee di democrazia quanto meno originali se non pericolose per noi europei.
Sarebbe sciocco attribuire queste disgrazie a un anno bisestile che, poveraccio, non ha certo colpa delle crudeltà umane che, a mente fredda, ci appaiono oggi così anacronistiche e selvagge, degne del peggior medioevo. Ma così va il mondo, anche se noi, nel nostro piccolo, cerchiamo sempre di essere ottimisti, di stare dalla parte di chi è invisibile e inascoltato. E per magra consolazione pensiamo che anche quest’anno bisestile tra poco finirà, anche se sappiamo che un semplice cambio di data sul calendario non potrà certo mutare le sorti del mondo.
Ciò che possiamo fare invece è cercare di dare il nostro piccolo personale contributo affinché le cose comincino a cambiare iniziando da ciò che ci sta più vicino, cercando di essere solidali non solo col povero derelitto che dorme per strada, ma anche con i nostri vicini di casa che magari hanno semplicemente bisogno di un po’ di calore umano, di compagnia, di comprensione.
Un pensiero va doverosamente ai nostri poveri “vecchi”, che una volta erano considerati fonte di saggezza e di esperienza, e che oggi invece vengono relegati in strutture che li tengano fuori dalla nostra vista, alle quali deleghiamo il “lavoro sporco”. Sono diventati degli “impicci”, delle perdite di tempo, semplici impedimenti alla nostra vita convulsa che non ha spazi di accudimento, di ascolto, complice una struttura di sostegno che, oltre a fornire sussidi insufficienti per poter gestire lavoro e famiglia, se ne lava le mani.
Infine non posso che augurare agli studenti un anno scolastico sereno, come dovrebbe essere il rapporto tra di loro e gli insegnanti. E a questo proposito non posso che consigliare un’attenta lettura dell’articolo di apertura di Giuseppe Polistena, docente ed ex preside di larghe e innovative vedute.