La fabbrica dei talenti della comicità

Intervista a Giancarlo Bozzo, ideatore e direttore artistico di Zelig.

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Giancarlo Bozzo, ideatore e direttore artistico di Zelig - Foto: Davide Lopopolo
Giancarlo Bozzo - Foto: Davide Lopopolo

Da più di trent’anni “il cabaret” di Milano, poi di tutta Italia, è da sempre una realtà di zona 2, nella storica sede di viale Monza 140, prima nei locali del vecchio Circolo cooperativo di Unità Proletaria e poi, nell’attuale teatro da 150 posti. Nato nel 1986 da un’idea di Giancarlo Bozzo, Zelig inizia la sua programmazione presentando una carrellata di comici che, negli anni successivi, si guadagneranno una grande notorietà sia in TV che in teatro e in cinema.

Siamo andati da Giancarlo Bozzo, anima e direttore artistico di Zelig, autore di testi e scopritore di talenti, per farci raccontare la storia del locale che ha fatto nascere e che ha portato al successo.

Come è nata questa realtà?

Quando mi è venuta l’idea di creare un cabaret, mi sono confrontato con Gino & Michele, scrittori, autori televisivi e teatrali, che mi hanno sostenuto in questo progetto e coadiuvato nella direzione artistica. Per iniziare mi sono rivolto a Paolo Rossi, che faceva capo al Teatro dell’Elfo con un gruppo di artisti come Claudio Bisio, Silvio Orlando, Bebo Storti e tanti altri e con Gabriele Salvatores che allora dirigeva “Comedians”; ho chiesto a tutti di lavorare per Zelig. La risposta è stata entusiastica: avevo timidamente proposto una serata a settimana e invece mi hanno posto come condizione di essere sul palco tutte le sere!

Siamo partiti a maggio del 1986, proprio un mese prima che chiudesse il Derby, storico locale milanese da cui è uscita una quantità di comici, cantautori e intrattenitori. La prima settimana si è aperta con Angela Finocchiaro e David Riondino, poi Paolo Rossi, Silvio Orlando, Elio e le Storie Tese e, via via, tanti nomi che Zelig ha portato al successo, come Antonio Albanese, Gioele Dix, Gene Gnocchi, Maurizio Milani, Vergassola, Ornano. Il locale diventa il punto di riferimento per il cabaret a Milano, un periodo entusiasmante, con grandi difficoltà economiche ma anche grandi emozioni.

La mia intenzione era quella di fare di Zelig un luogo di spettacolo e di comicità, ma una comicità un po’ diversa che proponesse cose molto belle; e così è stato. Dopo otto anni, in un momento particolarmente difficile, mi arriva una proposta di lavoro che decido di accettare. Ne parlo con Gino e Michele ma, a quel punto, scatta qualcosa: nasce una nuova società, la Bananas S.r.l., che gestirà Zelig e che ristruttura il teatro. E io resto.

Poi la fama di Zelig è uscita dall’area milanese. Come è successo?

Nel 1996 un produttore mi propone una serata su Italia 1, canale con cui aveva dei crediti, un vero regalo piovuto dal cielo al quale abbiamo risposto con entusiasmo.

Claudio Bisio ha pensato al titolo Buon compleanno Zelig (erano passati infatti 10 anni dall’apertura). Andiamo in onda in novembre. Pochi mesi dopo lo stesso produttore mi propone altre dieci puntate, sempre su Italia 1. Sento Gino e Michele che, però, non possono accettare subito per altri impegni.

A quel punto, per non perdere un’occasione così importante, anche se all’epoca non facevo ancora ufficialmente l’autore, decido di impegnarmi con un autore di rango come Marco Posani. Parte quindi Facciamo cabaret condotto da Claudio Bisio, sigla di Ligabue, presenti in sala la prima serata Franca Valeri, Pino Caruso, Iannacci, Cochi e tanti altri. È stato quello il momento in cui il brand Zelig, realtà milanese, diventa realtà nazionale. Con la TV siamo andati avanti fino a tre anni e mezzo fa con grande successo, che ci ha consentito di passare da Italia 1 a Canale 5, in prima serata.

Il passaggio dal teatro alla TV vi ha in qualche modo condizionati?

Qualche volta sforavamo sui tempi, perché una gag non si può tagliare salvo perderne il senso. Non abbiamo avuto problemi di censura, solo due richieste di ritocco dei testi, una per ragioni commerciali, l’altra per non essere troppo forti nei confronti di un personaggio politico.

Come reclutate le nuove leve?

Dopo l’apertura di Zelig avevo inventato, nel 1998, Zelig Show, uno spettacolo che portavo nei teatri con una decina di comici, che nel giro di due anni sono diventati il nocciolo duro di Zelig. Per mettere in giro nuove energie, ho poi pensato di fare dei laboratori in giro per l’Italia, dove avevamo corrispondenti. Andavo con uno/due autori, si facevano i provini, si sceglievano quelli che potevano continuare con il laboratorio e li lasciavo lavorare per un anno con gli autori. Periodicamente andavo a trovarli e a maggio venivano a Milano: da questo gruppo tiravamo fuori il cast di Zelig Off e, naturalmente, vedevamo subito quelli che sarebbero andati in prima serata.

Questa è anche la storia di Checco Zalone. Questo lavoro di gruppo ha decisamente dato i suoi frutti perché, da questi spettacoli, sono venuti fuori personaggi come Aldo Giovanni e Giacomo, Ale e Franz, Mr. Forest, Teresa Mannino, Ficarra e Picone, Geppi Cucciari, Lastrico, ma la lista è molto più lunga.

Il pubblico risponde come agli inizi?

Il pubblico è molto presente perché abbiamo seminato, ma noi abbiamo il compito di inventarci sempre cose nuove, di qualità, diverse da quelle che facevamo prima. Ora vendiamo anche cose che produciamo noi. Zelig ha un suo canale televisivo – il 63 del digitale terrestre – che dobbiamo alimentare in continuazione. Ad esempio abbiamo inventato il Poetry Slam, gara tra poeti con una giuria selezionata tra il pubblico. È un modo per ripresentare la poesia, di cui si parla molto poco, perché possa far sorridere ma anche emozionare.

Facciamo, tra le altre, la trasmissione “L’arte di vivere”, condotta da Manera con Carlo Vanoni, bravissimo critico che fa comprendere l’arte. Ora è in arrivo a Milano un personaggio che presenterà le commedie e le tragedie di Shakespeare, in maniera a volte comica, a volte drammatica. I sentimenti, le emozioni nascono da complicazioni che possono essere tragiche, di conseguenza comiche.

Quali obiettivi per il futuro?

Due soprattutto: il primo è perseguire costantemente la qualità della nostra produzione. Dobbiamo ricordarci che il nostro mestiere è proporre comicità in forme sempre diverse con adeguati contenuti. Il secondo è la difesa del genere. La comicità è un’arte difficilissima che non deve andare perduta ed è altrettanto difficile trovare oggi dei fuoriclasse come quelli di un tempo.

Possiamo dire che Zelig è una fabbrica di talenti?

Si, per me Zelig è esattamente questo.