Trattoria San Filippo Neri, un esempio di resilienza

Importante ruolo sociale svolto durante l’emergenza sanitaria.

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Lo staff della San Filippo - Foto: Cesare Lopopolo
Lo staff della San Filippo - Foto: Cesare Lopopolo

La trattoria San Filippo Neri non è soltanto un posto dove si “mangia”. Dalle cinque della mattina alle nove di sera, è anche un punto di ritrovo per i ragazzi usciti dai locali all’alba, lo spazzino che inizia il turno con un caffè, il vecchietto con il bianchino in mano, le signore del quartiere che chiacchierano con i cuochi dando consigli sulle ricette, gli artisti (e sono tanti) che raccontano i loro progetti davanti a un piatto di trippa, i bambini che fanno merenda con le mamme, lo scrittore preso dal suo nuovo libro, gli impiegati… Insomma, elencare tutti i personaggi che “vivono” alla Trattoria San Filippo Neri occuperebbe troppo spazio. Ma essere una trattoria non è l’unico ruolo della San Filippo,  ho sempre avuto la sensazione di un luogo che va al di là della ristorazione, un’isola fatta di persone di diversa provenienza. Tra i tavoli “sociali” si odora partecipazione, affetto, aggregazione, cibo ottimo e rifugio. Parliamone con Mario Zanotta, il titolare.

La Cooperativa San Filippo Neri ha compiuto 100 anni. Com’è successo e quando avete deciso di prendere in gestione la Trattoria Caffetteria San Filippo Neri? 

La decisione di prendere in gestione la San Filippo Neri è stata presa circa trent’anni fa dai miei genitori, già attivi nell’ambito della ristorazione, decisi di puntare su questo locale, che ai tempi era una piccola attività di bar e cucina e nella quale vedevamo grandi opportunità sia economiche, che di socialità tra le persone.

Solo in questo periodo di pandemia ci siamo accorti di quanto sia importante un luogo come la San Filippo Neri nella vita e nella socialità del quartiere. Siete sempre stati un punto di riferimento non solo per chi, alle 5 del mattino, è già al lavoro, ma anche per gli anziani, i ragazzi, le famiglie che, molto spesso, organizzano cene e feste.

Quanto vi sentite responsabili verso queste persone?

Nel periodo di chiusura fisica del locale e di generale distanziamento sociale, abbiamo cercato di essere vicini ai nostri clienti, sia quelli storici che i nuovi, in diversi modi: virtuale, con aggiornamenti quotidiani della pagina Facebook; vocale, attraverso le numerose chiamate di prenotazione e, nei limiti del possibile fisico, al momento della consegna di pranzi e cene ai clienti, durante il quale anche se di sfuggita, uno scambio di parole era sempre garantito. Ci siamo sentiti “vicini” soprattutto ai nostri tantissimi anziani, ai quali in caso di necessità facevamo recapitare anche generi di prima e seconda necessità diversi dalle pietanze, come farmaci, sigarette, giornali. 

Siete stati sempre presenti attraverso la consegna a domicilio e il take away. Quanto è stato importante mantenere i contatti con i clienti-amici?

Dobbiamo dire che mai come ora ci siamo resi conto dell’importanza e delle potenzialità dei mezzi di comunicazione, non solo quelli classici come il telefono, ma soprattutto i cosiddetti social media, senza i quali non saremmo riusciti a mantenere alcun contatto. Parlando in numeri, abbiamo aggiunto 165 nuovi contatti su Whatsapp e ampliato il nostro bacino di utenza raggiungendo più 5000 visualizzazioni della nostra pagina Facebook.

Vi rendete conto che avete svolto un ruolo importante anche verso chi, per scambiare due parole o un sorriso sotto le mascherine, molto spesso ha avuto solo le vostre consegne per mantenere un contatto con il mondo esterno?

Come dicevo ci sembra di aver assunto un ruolo molto importante nel mantenimento, seppur minimo, dei contatti sociali. Nella stessa telefonata si cercava sempre di andare oltre la mera ordinazione, rendendo il momento il più conviviale possibile.

C’è stato qualche episodio durante questo periodo che vi ha commosso o emozionato particolarmente?

Sono davvero molti i momenti emozionanti che ciascuno di noi porterà sempre nel cuore: oltre ai molti messaggi di incoraggiamento e di ringraziamento, sicuramente il giorno di Pasqua verrà ricordato per le quasi 300 consegne in tutta Milano, svegli dalle 4, con una forte tensione addosso e l’ansia di esserci persi qualche ordine.

Saprete di essere un importante punto di ritrovo per gli artisti che orbitano in zona 2. Avete avuto testimonianze di vicinanza da chi spera di poter tornare nei vostri locali quanto prima?

Come dicevo prima abbiamo ricevuto moltissimi messaggi di vicinanza e di incoraggiamento a non mollare mai. Ci siamo resi conto di aver acquisito molti nuovi clienti che speriamo di poter avere come ospiti quando sarà possibile. 

La chiusura forzata vi avrà costretto a scelte dolorose e sacrifici. Ma è anche importante garantire la sicurezza dei clienti, molti dei quali soggetti a rischio. Voi come vi ponete in questo dilemma?

Come accade in ogni situazione, c’è sempre il lato positivo e quello negativo; nel nostro caso ci stiamo attenendo precisamente alle disposizioni. Il fatto di disporre di ampi spazi sia interni che esterni, ci consente di ospitare un cospicuo numero di persone, a differenza di tanti altri locali le cui dimensioni non consentono l’accesso di molti clienti contemporaneamente.

Pensate che tutto ciò porterà a cambiamenti nel vostro modo di essere al servizio del quartiere e quali sono i programmi per il futuro?

Sicuramente stiamo imparando molto da questo periodo: il valore delle piccole cose, il fatto di non giudicare l’altro dal suo aspetto dal momento che siamo tutti mascherati. Stiamo imparando a sorridere con gli occhi, a non scoraggiarci mai, a trovare sempre il lato positivo nella situazione, pensando che “dietro le nuvole splende sempre il sole”. Dovendo riassumere questo periodo con una parola chiave, direi resilienza, ossia la capacità di rialzarsi sempre, nonostante tutto.