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Viva la Repubblica

Di Fabio Pizzul, presidente Fondazione Culturale Ambrosianeum

Settantanove anni fa gli italiani e le italiane si recarono alle urne per scegliere se l’Italia dovesse essere una Repubblica o rimanere una Monarchia. Per la prima volta votarono anche le donne e il ricordo di questo anniversario sarebbe già motivo sufficiente per dire che il 2 giugno è un giorno da festeggiare.

Il 2 e 3 giugno del 1947, poi, gli italiani scelsero anche i componenti dell’Assemblea Costituente, che elaborò nei mesi successivi la Costituzione che ancora oggi regola la vita delle nostre istituzioni.

Ricordare quei giorni è un modo per rinfrescare la memoria di noi tutti, che tendiamo a dare per scontate troppe cose che riguardano la nostra vita quotidiana. 

Se oggi siamo uno dei paesi più prosperi del pianeta è perché i nostri concittadini di allora seppero reagire agli anni durissimi del regime fascista e della Seconda Guerra Mondiale, con l’occupazione nazifascista, partecipando attivamente alla vita sociale e politica dell’Italia che doveva ricostruire se stessa dalle macerie che si vedevano un po’ ovunque, in particolare in una città come Milano, pesantemente colpita dalle bombe tra il 1942 e il 1945.

Non era scontato che un paese provato da vent’anni di regime trovasse la forza sociale, culturale e politica per spiccare un balzo deciso verso la democrazia. Questo avvenne grazie alle forze vive che avevano resistito alla dittatura e si erano preparate, nella clandestinità e nell’esilio, all’appuntamento con la ricostruzione morale e civile di un paese che aveva perso per strada la libertà, l’uguaglianza e la fraternità, che erano a fondamento delle moderne democrazie ed erano state soffocate dal fascismo.

Quelli del dopoguerra non furono anni facili, dal punto di vista economico, sociale e anche politico. Di fronte allo spettro di una possibile guerra civile o all’incubo di un’Italia che potesse diventare una sorta di protettorato di potenze straniere, ci fu una forte ed orgogliosa reazione sociale e politica che portò alla straordinaria partecipazione popolare al Referendum del 1947 e alla contestuale elezione dell’Assemblea Costituente. 

È proprio il caso di dire che le forze migliori dell’Italia di allora non si tirarono indietro e si presero fino in fondo la responsabilità e il rischio di mettersi in gioco per costruire uno stato che andasse oltre i deliri nazionalisti e razziali del fascismo, per entrare a pieno titolo tra le grandi democrazie occidentali. 

Il 2 giugno 1947 fu un punto di arrivo e di partenza allo stesso tempo.

Di arrivo, perché in poco più di due anni l’Italia aveva saputo rialzarsi dal dramma della Seconda Guerra Mondiale, dimostrandosi credibile in un consesso internazionale che non era certo tenero nei suoi confronti e che l’aspettava al varco per verificare se avesse le carte in regola per lasciarsi alle spalle il periodo buio del fascismo.

Di partenza, perché in quel giorno gli italiani fecero il passo decisivo per superare le loro divisioni sociali, economiche e politiche, scegliendo di provare a percorrere un cammino non scontato per regalarsi una Costituzione condivisa.

Mi pare ci siano elementi sufficienti per dire che il 2 giugno è una festa da celebrare con gioia e gratitudine. Una festa che diventa anche occasione per abbracciare coloro che hanno scelto di diventare italiani e intendono così contribuire a rendere l’Italia un paese migliore, in un’Europa di cui il mondo intero ha bisogno per andare oltre la follia della guerra di tutti contro tutti.

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