di Sara Vidè
Cari lettori, ben ritrovati nel nostro angolo di approfondimento sulle relazioni tossiche, un momento dove metteremo a confronto esperienze, conoscenze e pensieri.
Per capire meglio certe tipologie di persone e il loro modo patologico di “amare”, ho pensato di fare un esempio pratico: Alessandro Impagnatiello. Sicuramente, ricorderete il barman trentenne che, poco più di un anno fa a Senago, uccise spietatamente la fidanzata Giulia che era oltretutto in attesa del loro bambino, Thiago.
Questo giovane di bell’aspetto e con un lavoro in un esclusivo locale milanese, che gli permetteva di essere a contatto con un mondo glamour e patinato, e che a detta di tutti sembrava un bravo ragazzo seppur un po’ spaccone, è stato invece capace di un crimine mostruoso.
Un delitto commesso con freddezza atroce e contro la giovane compagna che aveva intercettato la sua relazione con un’amante: un atto inaccettabile che all’inizio aveva astutamente nascosto, cercando di convincere tutti che si trattasse di un allontanamento volontario. Come se Giulia fosse egoisticamente scappata senza dare alcuna spiegazione, verso chissà quali nuovi orizzonti.
Da quanto emerso, invece, il barman macchinava da tempo di sbarazzarsi della sua ragazza per vivere serenamente l’altra storia e aveva addirittura cercato di avvelenarla, mettendole gradualmente della candeggina nelle bottiglie dell’acqua.
Oltre al terribile assassinio premeditato, è veramente sconvolgente scoprire l’enorme castello di bugie su cui Impagnatiello aveva costruito la sua vita, raccontando menzogne sia a Giulia che all’altra ragazza, alla quale aveva persino giurato che il nascituro non fosse suo e che esistesse un test del DNA.
Nei rapporti con le due donne, quest’uomo senza scrupoli è stato manipolatore e impostore, non ha mostrato alcuna empatia e ha agito solo con l’obiettivo di fare quello che più gli aggradava, senza mai provare pentimento o un minimo di pietà: anche le ultime dichiarazioni rese sembrano uno stucchevole tentativo per non prendersi completa responsabilità dei fatti accaduti.
In realtà, non emerge mai nessun ripensamento, nessuna immedesimazione: Giulia e il suo stesso figlio erano due ostacoli alla sua felicità, due impedimenti che andavano eliminati, quando sarebbe invece bastato essere sincero e decidere di porre fine a quel rapporto, lasciando alla giovane donna la possibilità di essere mamma.
In tutto questo susseguirsi di dolore e di malvagità Alessandro, che tra l’altro ha un figlio di ora sette anni avuto da una precedente relazione, non ha mai pensato ad altri che a se stesso. Alla ex compagna ha chiesto infatti di vedere il bambino proprio mentre erano in pieno fermento le ricerche di Giulia, quasi a volere coprire ulteriormente il suo coinvolgimento.
Quest’uomo è una dimostrazione lampante di quanto si possa vivere senza provare sentimenti per alcuno, manovrando tutto e tutti, in base alle proprie esigenze. Giulia aveva forse capito con chi aveva a che fare, anche se non immaginava certo che potesse morire per mano di chi ancora amava. Ecco perché bisogna stare all’erta e ai primi segnali di narcisismo o relazione tossica, riuscire a prendere le distanze e mettersi in salvo: difficilmente certe persone cambieranno.
Se volete confrontarvi, in pieno anonimato, scrivete a piuomenotuttobene@gmail.com.
Il primo passo per combattere la violenza è parlarne!