di Maria Giuseppina Malfatti Angelantoni
A Greco, nascosta fra edifici costruiti negli ultimi decenni, in un angolo con curva a “baionetta”, si trova la piccola chiesa dedicata a Sant’Antonino vescovo e martire. È un edificio rettangolare molto semplice, esternamente spoglio, con tetto a capanna e campanilino a vela, ha sei finestre e un fregio ottocentesco in stile romanico in facciata sotto la gronda. L’interno è in totale contrasto per la ricchezza della decorazione ad affresco che copre le pareti e lo squincio delle finestre e per l’elegante soffitto in legno. Tutti i dipinti possono essere datati alla fine del Cinquecento o agli inizi del Seicento ma, purtroppo, sono molto ammalorati e rischiano di andar perduti a causa dell’umidità di risalita sulle pareti. Fortunatamente già alcuni cittadini solerti hanno cominciato una campagna di sensibilizzazione per interventi di risanamento e restauro.
La chiesetta è stata costruita alla metà del ‘500 su un precedente edificio sacro dell’XI secolo, situato nella vasta proprietà terriera di pertinenza del monastero benedettino di San Simpliciano in Milano. La ricostruzione, come attesta un’antica iscrizione sopra la porta d’ingresso, fu voluta dai monaci benedettini riformati della Congregazione Cassinese, succeduti ai benedettini nello stesso monastero milanese.
Il piccolo edificio sacro è dedicato al Santo Vescovo Antonino Fontana, di nobile famiglia milanese, forse ucciso dagli Ariani nel 674.
I dipinti più importanti sono quelli sulle pareti lunghe dove si presentano come se fossero arazzi dalla ricca bordura con grottesche e cornice a girali a trompe-l’oeil.
L’affresco sulla parete sinistra rappresenta scene di battaglia, in primo piano soldati con armatura ed elmo cinquecenteschi, sullo sfondo, ben identificabile, la battaglia di Legnano vinta dai Milanesi contro il Barbarossa nel 1176. Vi è rappresentato il Carroccio e in alto a sinistra il volto di un anziano che potrebbe essere l’Imperatore. In alto a destra volano tre colombe bianche che, secondo la narrazione antica, uscite dalla chiesa di san Simpliciano, andarono a posarsi sul pennone del Carroccio quasi per benedirlo, assegnando così la vittoria ai Milanesi. Le tre colombe rappresentavano i tre Santi martiri, missionari siriaci nella Val di Non, le cui reliquie, nel 1582, erano state portate da San Carlo Borromeo in San Simpliciano. Questo dettaglio sottolinea ancor più il legame fra i committenti del rifacimento della chiesetta e degli affreschi e il monastero cassinese.
Tutto il dipinto, con due scene di battaglia, può essere letto come celebrazione di una vittoria recente, quella del 1522, di Milanesi e Spagnoli contro i Francesi presso la vicina Bicocca, in continuità eroica con la vittoria antica a Legnano ottenuta con l’aiuto divino. Questo affresco è certamente un manifesto di orgoglio cittadino.
Sulla parete di destra è rappresentato l’arcivescovo San Carlo Borromeo con sei vescovi milanesi, quelli antichi legati ad Ambrogio e quelli che combatterono in difesa di Milano e della sua Chiesa contro l’eresia ariana al tempo delle invasioni di Goti e Longobardi. Alcuni di loro furono martirizzati. I Vescovi sono Geronzio, Benigno, Ampelio, Antonino e Simpliciano; Vigilio invece fu inviato da Ambrogio in Val di Non dove forse subì il martirio come i suoi tre missionari siriaci. Anche le reliquie di questi vescovi erano state donate da San Carlo alla chiesa di San Simpliciano. Mentre San Carlo è rappresentato in contemplazione della Vergine col Bambino, i Vescovi sono disposti secondo l’iconografia della Sacra Conversazione, come se stessero discutendo su un dogma di fede.
Questo dipinto si confronta con quello della parete di fronte con le vittorie milanesi, qui la vittoria è l’affermazione della Chiesa Ambrosiana attraverso i suoi presuli Santi e martiri.
Lo stile dei due grandi affreschi è tardo-manierista, sono dipinti fruibili nella loro qualità narrativa, e sono attribuiti alla bottega dei fratelli Gian Battista e Mauro della Rovere, detti i Fiammenghini per l’origine del padre, nativo di Anversa. Questi pittori furono molto attivi in Lombardia fra Cinquecento e Seicento e la loro opera più famosa è la decorazione ad affresco di gran parte della chiesa dell’Abbazia di Chiaravalle. Si avverte anche, soprattutto nella resa materica delle mitrie vescovili, l’influenza di uno dei più grandi pittori del Seicento lombardo, Giovan Battista Crespi, detto il Cerano.
Il soffitto della chiesetta è molto elegante, secondo una tipologia tipica milanese del Seicento detta del “passasotto”, si nascondeva la struttura del tetto con assi di legno appoggiate a traversine sostenute da travi trasversali, o centrali. Per avere maggiore leggerezza le assi erano dipinte a tempera con vari soggetti che potevano essere stemmi, fiori o disegni allegorici.
Tutta la fascia sotto il bordo del soffitto è dipinta con i simboli della Passione a cominciare dall’Imago Christi coronato di spine sopra la porta d’ingresso, dove si trova anche lo stemma del monastero di San Simpliciano. Questi dipinti sembrano di mano diversa da quella dei grandi affreschi, che si ritrova invece negli Angeli reggivelario nell’arco trionfale.
L’abside è stata ingrandita negli anni 1965 e 1966 per avere più spazio per l’altare che è costituito da un’opera moderna di grande bellezza in legno e cristallo che rappresenta la creazione di Adamo ed Eva.
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Sulla parete dell’abside si trova al centro un crocifisso moderno in legno affiancato dall’immagine di Sant’Antonino alla sua destra e del beato Barbo, riformatore della Congregazione di Santa Giustina dei monaci Cassinesi, a sinistra. Sono due affreschi strappati dalla precedente abside.
Sant’Antonino di Segnano può giustamente considerarsi come un piccolo gioiello nella vasta periferia del nord est milanese.
Ci sono in Milano altre due piccole chiese che somigliano, nel loro aspetto e nella loro storia, a Sant’Antonino di Segnano, sono costruzioni alto medioevali in parte ricostruite in epoca successiva, sono l’oratorio di San Protaso a Lorenteggio e la chiesa dei Santi Faustino e Giovita all’Ortica. Conservano lacerti di affreschi medioevali, ma soprattutto hanno caratteristiche comuni: si trovano nella periferia milanese e furono costruite su terreni prossimi ad antiche strade romane appartenenti a grandi monasteri. La chiesetta dei Santi martiri Faustino e Giovita, che forse dipendeva dal monastero benedettino di Sant’Ambrogio di Milano, fu costruita presso la via consolare per Aquileia, l’oratorio di San Protaso vescovo, nei terreni appartenenti ai benedettini di San Vittore, fu costruito sulla strada verso ovest lungo l’Olona, e sant’Antonino sulla via per Bellagio. La curva “a baionetta” nella quale si trova ristretta, è indicazione di una strada antica o di un confine prediale.
Queste strade romane erano tracciati disposti secondo i punti cardinali e le chiesette altomedioevali, con dedicazione a Santi vescovi e martiri, sostituirono le edicole pagane frequenti che vi erano costruite per rendere sacro il territorio con la protezione della divinità.