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50 anni di blues portati splendidamente 

Festeggiamo insieme a Fabio Treves un traguardo che pochi possono vantare di aver raggiunto

Fabio Treves è un nostro amico, e ne siamo orgogliosi. Ecco perché non potevamo esimerci dal festeggiare insieme a lui 50 anni di blues con la sua Treves Blues Band. Ne abbiamo approfittato per conoscerlo un po’ meglio.

50 anni di blues, 50 anni di Treves Blues Band. Un traguardo che ben pochi hanno raggiunto e che hai festeggiato sul palco. Com’è andata?

«Sì, nel 2024 la TREVES BLUES BAND ha festeggiato i suoi 50 anni di ininterrotta carriera con un tour celebrativo, festeggiando insieme ai suoi fans questo anniversario. Sono poche le band in Italia e nel mondo che possono vantare un simile traguardo! In questo 2024 abbiamo fatto tanti bei concerti partecipando a rassegne e festival importanti, sempre con la stessa passione ed energia che hanno animato la band in mezzo secolo di carriera. 

Sul palco Insieme a me per questi festeggiamenti la storica formazione: il talentuoso Alex “Kid” Gariazzo alle chitarre, voce, mandolino, ukulele, il granitico Gabriele “Gab” Dellepiane al basso e l’eclettico Massimo Serra alla batteria. E per alcuni concerti abbiamo avuto con noi un ospite graditissimo, Lou Marini, il sassofonista dei mitici Blues Brothers. 

Sotto al palco i nostri fans, che sono un pubblico davvero meraviglioso. Sono una gran bella famiglia dove si condividono valori profondi, e non solo riferiti alla musica. Io sono davvero orgoglioso di loro e di questo incredibile traguardo, che mi darà ancora più energia per il futuro».

Quando hai fondato la band, pensavi che avresti festeggiato questo traguardo?

«La mia passione per il Blues (che è la musica origine da cui poi, nel novecento, hanno attinto altri generi come jazz, rock e R&B) è sempre stata davvero profonda. Ma non immaginavo certo che la band avrebbe resistito per così tanto tempo, non ero così presuntuoso. Ma ora la soddisfazione è grande, perchè questo traguardo ha premiato anche la mia cocciutaggine nel mantenere sempre lo spirito giusto, la voglia di essere libero, coerente ed indipendente, lontano da logiche di marketing tipiche del mondo musicale».  

Come mai il blues in un periodo in cui furoreggiava il rock e il progressive? Parlo degli anni ’70.

«Conoscevo il blues attraverso i vinili che portava a casa mio padre, grande appassionato di musica. Ero affascinato da strumenti come l’armonica a bocca e la chitarra, nonché dalle voci uniche delle grandi leggende nere degli anni trenta e quaranta. Poi negli anni sessanta ho ascoltato dal vivo maestri come Muddy Waters e B.B. King e lì ho “visto la luce”. A Milano, come d’altronde in tutto il paese, il Blues era una musica per pochi intimi e quindi ho fatto fatica a far conoscere la mia creazione: la Treves Blues Band. Poi con il tempo, anche grazie ai molti concerti in cui ci siamo esibiti, il pubblico ha capito che questa nostra passione era reale, bella e coinvolgente. E, qualunque fosse la realtà intorno a noi, la voglia di fare una musica vera, suonata e portata avanti con rispetto, non ci è mai passata». 

E i tuoi genitori cosa ne pensavano?

«Credo fossero contenti di questa mio viscerale amore per il Blues, anche se purtroppo mio padre se ne è andato nel 1972, prima di vedere la nascita di una band che portava il suo nome. Sicuramente avrebbe gioito insieme a me delle tante belle situazioni che ho vissuto intensamente e dell’amore che ho ricevuto e ricevo dal pubblico».

Oltre al blues, che musica ascolti? Che ne pensi della tendenza odierna fatta di ragazzini mordi e fuggi?

«Ascolto i grandi artisti di Rock, Soul e anche le leggende del Jazz. Ovviamente la musica anni Sessanta è la mia preferita in assoluto. Sulla musica che va di moda adesso preferisco “stendere un pietoso velo”!».

Durante questi anni hai avuto molte soddisfazioni e hai suonato con i più “grandi”. Qualche rimpianto invece?

«No, nessun rimpianto. Solo grandissime soddisfazioni e magici indimenticabili incontri, che mi hanno sempre ricompensato della mia opera di divulgazione capillare del Blues, attraverso articoli, trasmissioni radiofoniche, incontri con studenti in scuole di ogni ordine e tipo, dalle elementari all’Università, dove il blues saliva in cattedra… Credo di essere tra i pochissimi a non avere né rimpianti né recriminazioni di alcun tipo. Il tempo mi ha dato ragione, amavo il blues e volevo suonarlo e farlo amare, ci sono riuscito, tutto qui. Ho raccolto a piene mani quello che ho seminato con fatica, cocciutaggine e passione. E sono orgoglioso di essere uno spirito musicale libero! Lo spirito libero del Blues…».

Progetti per i prossimi cinquant’anni?

«Continuare a credere nel blues, a diffonderlo soprattutto tra i giovani, ribadendo il mio motto “Blues alle masse”.

E poi un altro bel concerto nella mia Milano ci starebbe sicuramente bene… Parola del Puma di Lambrate!».

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