di p. Luca Zanchi sss – parroco di s. Angela in Merici, decano Niguarda-Zara
In ogni istante a questo mondo c’è una lunga fila di gente che piange e una più corta di gente che ride, ma anche una terza fila, che non piange più e che non ride più. La più triste delle tre. È di questa che voglio parlare.
Georgi Gospodinov, Romanzo Naturale, Voland
È di questa gente che io voglio parlare… è qualche riflessione sulla speranza che io voglio condividere con voi.
La speranza… Presente intessuto di futuro. Spiraglio di luce nell’oscurità. Timida fiammella che riscalda le tenebre. Dolore superato in forza dell’amore che cura, una disperazione sanata in forza della carità che non dimentica nessuno. Una certezza fiorita sul dubbio. Vita che attende il nuovo, il diverso, l’alternativo possibile che dice la creatività di Dio. Voce che implora aiuto. Fede proiettata nel domani. Sospiro. Attesa di gioia. Desiderio di amore.
La Speranza: un desiderio e una virtù; un bisogno e uno stile; una necessità e una certezza.
Scrive Papa Francesco nella Spes non confundit, n. 1: “Porre la speranza come messaggio centrale dell’ormai prossimo anno giubilare non è una scelta scontata, così come non lo è affermare che «tutti sperano». Non lo è perché respiriamo un’aria intrisa di smarrimento e di incertezza, in cui è facile che le paure e le chiusure prendano il sopravvento, e con esse la disperazione e la rassegnazione, che sono agli antipodi della speranza”.
Che cos’è la speranza per gli uomini e le donne del nostro tempo?
La domanda si impone perché tutti, credo, ogni giorno ce lo chiediamo. Guardando al tempo che stiamo vivendo, “bombardati mediaticamente” ogni giorno da notizie che ci vendono a caro prezzo la fatica di un mondo che sceglie la guerra, la violenza, l’indifferenza… io mi domando: cos’è la speranza? Dove è la speranza? Come faccio a riconoscerla nel groviglio di situazioni e emozioni che sono tra loro uguali e diverse?
Ma forse la domanda dovrebbe essere più profonda, oserei dire, più vera, più provocatoria, più graffiante: quali sono le “cose vane” nella mia vita, nella nostra vita, al punto che offuscano la speranza…? Nel salmo 119 si legge: “distogli i miei occhi dalle cose vane, fammi vivere sulla tua via”. Quanto è liberante la preghiera in cui si chiede a Dio di farci distogliere lo sguardo dalle cose vane! E quindi come non rischiare di cedere al fascino delle cose vane? La risposta per me è una sola: Continuando a coltivare nel cuore il desiderio di Dio.
La speranza è per noi e non per le cose. Tutti speriamo un mondo diverso, ma a volte, anzi anche troppo spesso, dimentichiamo che questa speranza deve partire dal cuore dell’uomo non dalle sue idee; deve partire dal sentimento di cui Dio ci ha reso capaci e non dall’intelligenza fine a se stessa che abbiamo conquistato; la speranza non è un compromesso mentale, è questione di cuore.
Mi ha detto un giorno una persona: “in me c’è molto io e poco Dio”, per questo faccio fatica a perdonare, a capire, a sperare, ad amare e sono qui con il pesante bagaglio della mia umanità pieno di delusioni e di amarezze, c’è il sole ma io vedo solo nuvole che appesantiscono il cielo della mia vita…”. Io ho risposto: “Esci per un attimo da quel tuo io imponente e vai davanti a Dio e prega il versetto del salmo 15: «Davanti a Te pienezza di gioia, vicino a Te felicità senza fine»”.
Nella “società dell’incertezza” noi abbiamo bisogno di ridare stabilità ai nostri sentimenti, ai nostri pensieri, alle nostre azioni, ai nostri progetti. L’impressione è che oggi il nemico della speranza sia l’indifferenza, la facile rassegnazione, il non-senso o quantomeno l’irrilevanza del senso. Non deve essere così! Siamo liberi di scegliere. È vero a volte la strada della vita e anche della fede è in salita, è faticosa, è impervia, ma la meta è certa, è Dio, perché mi fido di Dio, perché non illude, e non delude: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”. (Rm 8,31).
E allora Signore preservaci dalle cose vane e indicaci la via da seguire.