di Annalisa Paniccià
La fiducia degli italiani nelle istituzioni è generalmente bassa. Secondo un rapporto Istat, solo il 39% della popolazione attribuisce al Parlamento italiano un punteggio di fiducia pari almeno a 6 su 10 e soltanto un quinto esprime invece un parere positivo nei confronti dei partiti politici (dati 2021).
Tale allontanamento è il riflesso di una crescente disaffezione verso una realtà politica ormai dominata da professionisti del consenso, impegnati in una costante campagna elettorale e pertanto incapaci di adottare strategie di lungo periodo.
In questo contesto di crescente distanza tra cittadini e istituzioni, alcuni ex studenti del Liceo Linguistico Alessandro Manzoni hanno dato vita a un gruppo di discussione, moderato dall’ex preside Giuseppe Polistena, che si riunisce periodicamente per riflettere insieme su come riportare la politica al suo ruolo originario di servizio alla collettività. Un dettaglio degno di nota è che la componente femminile del gruppo sia leggermente maggioritaria, in contrasto con la scena politica italiana: va infatti ricordato che, se da un lato Giorgia Meloni ed Elly Schlein ricoprono oggi dei ruoli da protagonista, dall’altro le donne rappresentano ancora solo il 33.6% dei parlamentari e appena il 25% dei ministri.
Dagli incontri di questo gruppo è nato il concetto di Politicità Sociale, intesa come l’insieme di iniziative e forme di controllo esercitate da una società civile politicamente consapevole, in grado di contrastare gli squilibri e le disfunzioni democratiche che emergono invece in un sistema dalla partecipazione popolare debole o assente.
Per ripristinare la politicità sociale, è necessaria una trasformazione dei partiti politici: bisogna riconvertire questi organismi, ormai divenuti sistemi autoreferenziali scollegati dalle reali esigenze della cittadinanza, in strutture ideologiche e rappresentative, veri e propri enti intermedi tra la popolazione e le istituzioni, che favoriscano un dibattito autentico volto ad organizzare la società e affrontare le sue problematiche.
Una seconda area da responsabilizzare è quella dell’informazione. Troppo spesso i media contribuiscono alla manipolazione dell’opinione pubblica, attraverso narrazioni semplicistiche e distorte. Ciò, unitamente alla crescente predominanza dell’intrattenimento sull’informazione di qualità, ha ridotto lo spazio per un dibattito politico autentico e incondizionato. Serve piuttosto un’informazione equilibrata, utile alla formazione di cittadini consapevoli.
Non va infine dimenticata la scuola, che spesso fallisce nel compito di trasmettere ai giovani l’importanza della partecipazione democratica, con il rischio di formare cittadini passivi, incapaci di difendere i propri diritti e di contribuire al cambiamento. Al contrario, è necessario fornire agli studenti un’educazione politica, incentivare il pensiero critico e abituare le nuove generazioni a confrontarsi su temi di attualità.
Le riflessioni di questo gruppo senza nome, ma in continua crescita, sono ancora in evoluzione. Tuttavia, è chiaro che, senza un rinnovato senso di politicità sociale, la crisi delle istituzioni rischia di peggiorare. Se la politica si allontana dai cittadini, sono i cittadini che devono riavvicinarsi alla politica, riscoprendo il valore della partecipazione. Solo così sarà possibile costruire una democrazia più rappresentativa, attenta ai bisogni di tutti e capace di individuare e correggere le disuguaglianze di genere e sociali che affliggono la nostra società.