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Perché a Milano no e nel resto del mondo sì?

di Roberto Biscardini, Presidente associazione Riaprire i Navigli

Nonostante il referendum del 2011 nel quale il 94% dei milanesi si sono espressi a favore della riapertura dei Navigli, e nonostante si moltiplichino attraverso i social manifestazioni di interesse per restituire a Milano i suoi Navigli e, attraverso l’acqua, una nuova bellezza, si registra a distanza di anni la solita timidezza della politica. 

Il desiderio collettivo e popolare di rivendicare da un lato la riapertura dei Navigli e dall’altro una Milano migliore, non trova corrispondenza nel dibattito politico milanese. Senza sostanziali distinzioni tra destra e sinistra, nessuno è proprio contrario, ma nessuno si adopera veramente per rispettare la volontà popolare che si era espressa con il voto del 2011. Quindi, a chi ci chiede di fare il punto, dobbiamo riferire con molta onestà, che la fase in cui tutta Milano sembrava aspettare la riapertura da un momento all’altro, sembra finita.

La grande idea della riapertura dei Navigli, promossa dalla nostra Associazione intorno al 2010, ha retto bene e in un clima di grande partecipazione fino alla campagna elettorale di Sala del 2016. Ma si è poi affievolita a causa delle incertezze emerse dopo la sua seconda elezione a sindaco. E le sue recenti dichiarazioni, pesano co­me un macigno: “Il mio sogno che non sono riuscito a realizzare è la riapertura dei Navigli. Operazione molto costosa per la quale non abbiamo i fondi”. È su questo quindi che bisogna concentrarsi, confutando un’affermazione che non abbiamo mai condiviso.

Più volte abbiamo dovuto ricordare come il costo dichiarato da Sala, e poi enfatizzato dalla stampa, non corrisponda alla realtà. Infatti, la cifra arrotondata a 500 milioni di euro non è mai stata suffragata da alcun dato certo. Anzi l’ultimo computo del Politecnico è ben diverso da questo e potrebbe essere ancora più basso a seconda di come si vuole realizzare l’opera. Ma il punto è ancora un altro. Un progetto vero e proprio, soprattutto condiviso, non è mai stato fatto e soprattutto, come è noto a tutti, le risorse quando si vuole si trovano. Così come a Milano si sono sempre trovate per realizzare opere sicuramente meno importanti di questa.

Per anni abbiamo indicato molte strade per trovare risorse senza pesare sulla casse comunali. Ma una strada in questa direzione non è stata mai veramente perseguita. Perché? Secondo noi è ancora possibile coinvolgere risorse private per dar vita ad un partenariato pubblico-privato. Abbiamo indicato la strada delle risorse europee sapendo che l’Europa è assolutamente disponibile a finanziare la riapertura dei Navigli a condizione di presentare un progetto credibile che a distanza di dodici anni non c’è ancora. Ma lo stesso Comune avrebbe potuto trovare in questi anni risorse proprie programmando un finanziamento pluriennale, come si fa di norma, coinvolgendo per altro la Regione e il Governo, come si fece quando si realizzò il Passante Ferroviario, ma anche questo non si è fatto. D’altra parte, nell’attuale discussione sulle difficoltà dell’urbanistica milanese, si è fatto notare come, sarebbe stato sufficiente aumentare appena del 2% gli oneri di urbanizzazione per tutti gli edifici costruiti in questi ultimi otto anni e così Milano avrebbe potuto finanziare non solo la riapertura dei Navigli, ma molte altre opere pubbliche e sociali di cui la città ha bisogno. Purtroppo, questo non è stato fatto nei confronti di nessun operatore immobiliare e finanziario, grande o piccolo, comprese le grandi società del Qatar che hanno finanziato gli ultimi grattacieli della nostra Milano. 

E così Milano è rimasta indietro al confronto di tutte le grandi e medie città del mondo che da tempo investono per la riapertura dei propri corsi d’acqua coperti e dismessi con la cementificazione del ‘900. L’hanno fatto molte città europee, non solo Parigi, Londra e le città olandesi, lo ha fatto recentemente Utrecht riaprendo un canale a suo tempo coperto da una superstrada. L’ha fatto Madrid, addirittura ripristinando la riqualificazione del fiume Manzanarre, e per questo interrando una strada a 6 corsie con un investimento di 4 miliardi di euro. Ed è grandioso il progetto di Tokyo in cui si comincia a parlare di riapertura dei corsi d’acqua sepolti sotto il manto stradale esattamente come quelli milanesi. 

Interventi giganteschi rispetto alla riapertura dei nostri Navigli, ma molto meno significativi dal punto di vista culturale e storico. La Milano città d’acqua e la storia della grande idraulica milanese prima e dopo Leonardo da Vinci.

Riaprire otto chilometri dalla Cassina de Pomm alla Darsena, facendo della riapertura del Martesana, lungo via Melchiorre Gioia fino ai Bastioni di Porta Nuova il primo lotto dei lavori, non è una cosa complessa. Si può fare bene e con grande sapienza. Restituendo alla parola Martesana il suo grande valore.

Oggi con Martesana si identifica un territorio che si estende a nord-est di Milano fino oltre Gorgonzola e Melzo. Si identifica il bellissimo Parco in Zona 2, si identifica l’Ecomuseo della Martesana e recentemente persino l’omonimo Festival. Ma non è ancora entrato del tutto nella coscienza dei milanesi che il Martesana è un Naviglio potenzialmente navigabile, di straordinaria importanza storica, realizzato a cavallo del ‘400, che collegava il Lago di Como e l’Adda a Milano e alla sua Cerchia dei Navigli, poi a Pavia e a Venezia. Averlo chiuso è stato un misfatto, riaprirlo il riscatto per ciascuno di noi. 

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