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Non “festa”, ma Giornata della donna

di Roberta Osculati – Vicepresidente del Consiglio comunale di Milano

Sta per avvicinarsi l’immancabile annuale Festa della Donna. Celebrata per la prima volta nel 1911, istituita in Italia nel 1922 e riconosciuta ufficialmente dalle Nazioni Unite solo tra il 1975 e il 1977, l’8 marzo si colora di giallo-mimosa, cene, feste e manifestazioni di vario tipo, una sorta di mix tra stereotipi e rivendicazioni. 

Intanto partiamo col precisare che non si tratta di una “festa”, bensì della Giornata internazionale della donna, voluta – soprattutto in origine, ma non meno necessario ancor oggi – per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a un necessario miglioramento della condizione femminile in termini di uguaglianza e per portare all’evidenza il contributo positivo delle donne al funzionamento della società. 

Negli anni sono cambiate le urgenze, le richieste e anche le modalità di celebrazione della giornata della donna. Se inizialmente si lottava per il diritto al lavoro, al voto, alla formazione, per andare contro la cultura patriarcale e porre fine alla discriminazione di genere, per poter ricoprire cariche pubbliche e varcare la soglia della sfera domestica; col tempo, si sono un po’ sbiadite le rivendicazioni tipicamente femministe e la lettura politica di questa giornata che, infatti, si è sempre più connotata come “festa”. E come festa viene celebrata dalla maggior parte delle donne e ragazze, che in quel giorno e in quel giorno soltanto, si concedono una serata tra amiche, per festeggiare e festeggiarsi.

Tuttavia, a giudicare dai dati, non c’è molto da festeggiare. Il Global Gender Gap Report 2024 elaborato dal World Economic Forum, che mette a confronto la parità di genere in 146 economie, evidenzia – ahimè – che nessun paese ha raggiunto la piena parità di genere. E l’Italia, in particolare, è ulteriormente scivolata in basso rispetto all’anno precedente, collocandosi ora all’87° posto della classifica, con il 70,3% (nel 2023 era al 79°). Se è vero che l’adozione di politiche economiche per promuovere l’uguaglianza di genere è complessivamente aumentata, le prospettive economiche per le donne e le ragazze sono minacciate dalle continue recessioni e dalle prolungate crisi.

Di conseguenza, un dato è certo: la portata e la velocità dei progressi non sono del tutto sufficienti per raggiungere l’uguaglianza di genere entro il 2030, ovvero uno degli obiettivi fissati dal movimento globale per uno sviluppo sostenibile. Ciò significa che il raggiungimento dell’uguaglianza di genere richiede che i governi e le imprese spostino sia le risorse che le mentalità verso un nuovo paradigma di pensiero economico, in cui la parità di genere sia accolta come condizione per una crescita equa e sostenibile.

Queste considerazioni ci fanno dire che è proprio a causa della disparità di genere, che spesso si traduce in disparità di trattamento e di diritti, che è necessario accendere i riflettori sul ruolo e la condizione femminile in giornate come l’8 marzo, non tanto per “fare festa”, ma soprattutto per rilanciare le battaglie e le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne di tutto il mondo. Da qui il convincente sloganproposto da alcune femminste: “Lotto marzo”. Perché le battaglie da fare sono ancora molte: dalla segregazione occupazionale al divario di retribuzione salariale in base al genere; dalle molestie dentro e fuori i posti di lavoro alla violenza di genere, fino agli irrefrenabili femminicidi; dalla mancanza di sostegno alla maternità da parte delle istituzioni all’affacciarsi di una “gestazione per altri solidale” nel nome dell’autodetermianzione delle donne.

Tra un femminismo radicale da un lato e chi, dall’altro, guarda con sarcasmo a certe battaglie derubricandole a comportamenti o ideologie moralizzanti, io scelgo uno sguardo di donna nello spirito della sorellanza e della “sororità”, parola così poco usata nel linguaggio comune da essere indicata come errore nei programmi di scrittura (!), ma che racconta una relazione di amicizia, solidarietà, comunione “al femminile” tra sorelle e tra sorelle e fratelli, ponendosi dal punto di vista della donna. Superiamo gli stereotipi che dividono e creano solchi invalicabili e sentiamoci invece unite e alleate, per tenere alta l’attenzione sulle condizioni delle donne e costruire alleanze capaci di donare sostegno reciproco.

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