di Roberto Biscardini
Si terrà proprio a Gorla al Circolo Familiare di Unità Proletaria, in una data ancora da definire, un’assemblea pubblica sul tema dei Navigli a Milano e sullo stato di avanzamento del progetto di riapertura dei Navigli che hanno chiuso dalla Cassina de Pomm alla Darsena. Un’assemblea pubblica per tastare il polso della città, quella che votò a favore nel referendum del 2011, e che oggi esprime la sua delusione per i ritardi rispetto a una decisione democraticamente presa allora dai cittadini milanesi.
Ritardi non sufficientemente motivati, primo fra tutti quello che la non realizzazione del progetto sarebbe da ascrivere ai costi che non sono comunque stati resi noti, senza una documentazione ufficiale, senza un capitolato di spesa.
Un’assemblea pubblica per fare il punto della situazione e orientare le nostre nuove iniziative, consapevoli che bisogna partire proprio da Gorla. Perché proprio lì è il nodo da cui muoversi per proseguire lungo via Melchiorre Gioia e, in una prima fase, fino almeno ai Bastioni di Porta Nuova.
Le canoe che abbiamo visto qualche mese fa percorrere il tratto ancora aperto del Martesana dimostrano che il tema della navigabilità è una questione centrale e che la voglia di navigare non si ferma e supera tutti gli ostacoli.
Abbiamo dovuto mettere da parte per il momento l’idea di una grande mostra sulla storia dei Navigli milanesi e lombardi. Che è insieme la testimonianza della storia straordinaria della creatività milanese per garantire crescita economica e sviluppo di Milano fin dal 1300/1400 e la storia del loro futuro per la ricostruzione della “Milano città d’acqua”.
Un’iniziativa, la mostra, per ora congelata soprattutto per l’indisponibilità di molte istituzioni a farsene carico insieme a noi, anche dal punto di vista economico.
Ma il progetto non è morto, consapevoli che una mostra di questo genere avrebbe una risonanza nazionale e mondiale all’interno dei programmi internazionali per lo sviluppo della navigabilità.
Molte sarebbero le ricadute positive per la riapertura dei Navigli a Milano, dal punto di vista economico e ambientale, dal punto di vista naturalistico e della bellezza della città.
Così come appaiono subito belle e attrattive le città europee che hanno difeso i loro canali, li hanno protetti e ne hanno realizzati recentemente persino dei nuovi.
Più volte abbiamo parlato di queste ricadute ma di attualità oggi ce n’è una in più. Già sottolineata da noi sul piano qualitativo, oggi persino misurabile dal punto di vista quantitativo.

Il tema è il benessere e la salute dei cittadini, non dimenticandoci che il sindaco è il principale responsabile della salute pubblica, che oggi è strettamente connessa all’adattamento al riscaldamento globale.
Come ha recentemente sostenuto Elena Granata, docente del Politecnico di Milano, la città dovrà puntare su “grandi progetti e non su progetti grandi” per cambiare modello di sviluppo e raggiungere davvero il livello delle grandi città europee, “Dalla riapertura dei Navigli all’importanza della dimensione pubblica e gratuita”.
Una delle tante questioni che attengono al dibattito sul futuro della nostra città, oggi che Milano esce turbata e frastornata dalla crisi della gestione urbanistica e dai conseguenti interventi della magistratura. Un dibattito non nuovo ma che deve proseguire non perdendo occasioni già perdute.
A distanza di anni risuonano oggi le parole profetiche che monsignor Delpini pronunciò nell’omelia di sant’Ambrogio dello scorso anno. Disse allora Delpini “la città è stanca delle case abbandonate al degrado, del consumo avido del suolo, delle aree inutilizzate, delle case che potrebbero ospitare persone e che sono invece vuote per calcoli meschini”. La gente è stanca di una politica che si presenta come una successione irritante di battibecchi, di una gestione miope della cosa pubblica”.
E diciamo noi: “La gente è stanca di confrontare le proprie difficoltà quotidiane, i propri salari con un modello di città fatto solo per i ricchi, all’insegna di un progresso capitalistico orientato dai soli interessi della speculazione immobiliare e finanziaria, incapace di affrontare insieme la grande questione sociale dei più bisognosi”.
Ma torniamo al tema del benessere e della salute dei cittadini ed in particolare agli effetti drammatici delle isole di calore urbane, che stiamo vivendo in questa fase. Non ci stancheremo mai di insistere sul fatto che Milano debba fare azioni coraggiose e di grande respiro, a partire proprio dalla proposta di riaprire i Navigli che sono stati chiusi.
Ma non basterà. Per questo, non a caso, dai nostri studi, siamo in grado di sostenere come sia possibile, non con molti sforzi, né economici né progettuali, ricreare le condizioni per recuperare almeno in parte e per pezzi lo storico reticolo minore, capillare e diffuso, esistente a Milano fino alla fine del ’800. Recuperare per parti canali e rogge nei quali rivedere l’acqua scorrere a cielo aperto. Non una rivoluzione ma un intervento strategico per l’ambiente e la salute della nostra città.
Un’opportunità anche per integrare questo progetto a un piano di ripiantumazione delle aree troppo cementificate negli ultimi anni, e favorire così, anche da questo punto di vista, l’ombreggiamento e la riduzione delle temperature.
Da una recente classifica redatta dall’Imperial College of London e pubblicata su The Guardian, emerge che le morti dovute all’effetto delle isole di calore, collocano Milano drammaticamente in testa per numero di decessi. Ma nessuno se ne occupa.
Anzi, qualcuno smentisce l’attendibilità dei dati ma non ha il coraggio di dimostrare il contrario.




