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Michele Diegoli, filosofo-cabarettista

Intervista a Michele Diegoli, 26 anni vissuti a Precotto tra formazione personale e viaggi-spettacolo in metropolitana.

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Di giorno professore di filosofia al liceo linguistico Varalli, dalle parti di piazza Abbiategrasso, di sera cabarettista di successo nei teatri e nei locali della periferia milanese (tendenzialmente al giovedì sera). Michele Diegoli, 53 anni, milanese, da 8 a 34 anni abitante a Precotto (fino al 2001), padre di quattro figli maschi, racconta con acutezza ironica alcune sue vicende autobiografiche o delle riflessioni su temi della nostra vita quotidiana, a volte lanciandosi anche su filoni impegnativi. Continua a mantenere vivi i suoi rapporti amichevoli con i “Precottesi” e appena può si esibisce nel suo quar­tiere preferito, dove a 14 anni ha esordito nel teatro parrocchiale di S. Michele.

Com’è nata la tua passione per il teatro e in particolare per il genere comico?

Sin da piccolo io facevo ridere i miei compagni di scuola. Alle elementari facevo le imitazioni di Fantozzi e di Mike Bongiorno. E così anche alle medie. È un dono, un talento naturale, neanche coltivato con rigore. Anche se lo spettacolo l’ho replicato venti volte, è sempre una prima, perché c’è sempre una percentuale di imprevedibilità. È importante modulare il monologo a seconda del pubblico che hai davanti, per questo mi piace molto improvvisare.

Tu scrivi anche i testi…

Io sono egocentrico: sul palco devo esserci solo io, scrivo io, recito io e, tra l’altro, parlo molto di me. Ogni testo è un pezzo di me… mi racconto. I miei primi spettacoli li ho cominciati a fare sulle carrozze della metropolitana, durante il viaggio che tutte le mattine facevo da Precotto a Loreto e poi alla Stazione Centrale per andare a scuola dai salesiani in via Melchiorre Gioia. I miei coetanei di Precotto se lo ricordano ancora oggi. Lo spettacolo si chiamava PIM: personalizziamo il metrò, fatto di giochi, battute, con la collaborazione degli amici “precottesi”. L’ho fatto poi anche durante il periodo universitario. A quel punto avevo vent’anni e ho pensato che questi spettacoli avrei potuto farli in un teatro vero. Per sei anni ho partecipato nel ruolo di Erode nel musical Jesus Christ Superstar in dialetto milanese nel teatro Delfino della parrocchia di San Nicolao della Flue in piazza Ovidio. Poi con un’altra compagnia teatrale ho recitato nella commedia Provaci ancora Sam. Da 10 anni sono in giro con spettacoli tutti miei, scritti e recitati da solo. Ormai vedo che questo stile di teatro funziona bene, io continuo a scrivere e le offerte di lavoro sono in continuo crescendo.

Il tuo pubblico, che pubblico è?

È variegato, normalmente molto acuto, attento, che coglie anche le sfumature del testo, che si diverte ma che sa che c’è anche molto spessore di contenuto. Tra il pubblico spesso ci sono anche molti amici, molti colleghi, molti ex studenti. Il numero varia da 50 a 300 spettatori, dipende dai teatri. In zona 2 sono spesso al Girasole di via Doberdò, qualche volta al Refettorio di Greco, ma mi muovo in tutta Milano, anche in provincia.

Parlami della tua esperienza scolastica

Con i ragazzi bisogna creare un rapporto di fiducia reciproca, ma anche di complicità. I primi cinque minuti della lezione sono dedicati a un po’ di battute e di ilarità, che sono funzionali ad avviare l’impegno di studio in modo più morbido. 

In una classe nuova, che a settembre inizia un nuovo anno scolastico, sono fondamentali i primi tre minuti, in cui i ragazzi ti osservano attentamente e tu devi cercare un patto di lealtà e di rispetto reciproco. Se questo patto funziona, si lavora bene e magari di tanto in tanto ci si diverte anche insieme e non ci sono problemi disciplinari. È una bella generazione quella attuale, i ragazzi fanno fatica a concentrarsi, ma hanno un senso morale più elevato degli adulti, sono fragili e sono impauriti e lo sanno; sono un po’ preoccupati per il loro futuro. Hanno sete di rapporti veri con una persona adulta di cui fidarsi.

I figli come considerano la tua attività?

Sono veramente dei mie fan, sono contenti, sono molto partecipi. C’è un clima molto allegro con loro.

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