Quando ero bambina le vie intorno a casa all’avvicinarsi della bella stagione si riempivano del profumo delle falegnamerie Paganoni. Tra quelle montagne di assi trovavano casa centinaia di pipistrelli che nelle sere d’estate tagliavano la luce dei lampioni, a caccia di falene. Con le piogge primaverili nei giardini intorno a via Padre Semeria si aprivano ampie pozze d’acqua piene di girini.
C’erano le lucciole a giugno, i passerotti d’inverno, e ancora molte farfalle in estate. Sembra niente, eppure era una sorta di biodiversità ora scomparsa. Durante alcune notti speciali si sentivano grida fortissime e ruvide, difficili da interpretare. Erano squadroni di gatti innamorati che si facevano largo nella loro vita mezza randagia per garantirsi sopravvivenza genetica, prima di finire tra le mani del bravo dottor Narciso, infaticabile veterinario di zona, pronto a metter fine a qualsiasi progetto riproduttivo.
Ad occuparsi delle colonie feline c’erano alcune signore, risolute come missionarie. Con i loro vari piattini disponevano cibo in quantità smodata sui marciapiedi o sotto ai camper e alle roulotte che non venivano spostate per intere stagioni, affinché tutti si potessero sfamare. E queste legioni di gatti vivevano felici tra i cespugli, nei giardini condominiali, al riparo degli androni. Se passavo con il cane lungo una certa via, dovevo stare attenta a non essere inseguita da un vecchio maschio rosso, con un solo occhio ma che ci vedeva bene.
Oggi di gatti che fanno quella bella vita da padrone a Precotto non ce n’è nemmeno uno. Comandano i cani, le cornacchie e i regolamenti cittadini, che non tollerano piatti di cibo sui marciapiedi e in generale vietano di alimentare gli animali a vita libera. La condizione del gatto di casa è vantaggiosa sotto molti aspetti, ma a me piace a volte ricordare il mio modello ideale: spazi aperti, compagnia ma possibilità di isolarsi, libertà di cacciare e alimentarsi, pur nella cura delle comunità umane.
Il gatto di casa sembra accudito e gratificato sotto ogni aspetto su quel bel divano verde, ma a ben vedere resta un predatore formidabile, vigile perfino durante il sonno, con una tolleranza limitata alla compagnia e al contatto fisico.
In un appartamento di cento metri quadri sembra che possano convivere veramente bene al massimo due gatti, ma a volte in spazi ben più piccoli se ne tengono altro che due. Il sovraffollamento in luoghi privi di quella ricchezza ambientale di cui un felino ha bisogno, producono noia e stress da coabitazione: è un problema quando non puoi nemmeno prendere le chiavi di casa e uscire a farti un giro, magari portando a spasso il cane… La necessità dell’arricchimento ambientale per i gatti domestici è stata colta dal mercato con la proliferazione di infiniti dispositivi per trasformare una piccola stanza in un grande parco giochi.
Il bisogno di alimentarsi liberamente è altrettanto importante. I gatti sono infatti naturali cacciatori di piccole prede e questo comporta in stato di libertà una decina di azioni di ricerca, cattura, predazione, consumo e riposo. E allora lasciamo a disposizione sempre un po’ di cibo, magari su tavolo o su una mensola.
Ai gatti piace mangiare in alto. Giochiamo con loro, dormiamo con loro, creiamo un nascondiglio per una rigenerante oretta di solitudine. E se abbiamo tanti gatti? Faremo una moltiplicazione miracolosa di queste risorse rare, utilizzando lo spazio anche in verticale. Lui osserverà il nostro piccolo mondo dall’alto di un armadio o di un albero di legno, e magari chiudendo gli occhi sognerà ancora pipistrelli, lucciole, falene, farfalle, girini, eccetera, eccetera….