L’inesauribile vena narrativa di Flavio Maestrini ha prodotto, e appena pubblicato, il settimo volume con altre inchieste condotte dal Dondina. Il simpatico Commissario di polizia ci racconta ora la storia de L’infame Conte tre volte vedovo. Il titolo ci porta già ad immaginare che quelle vedovanze non siano frutto della mala sorte. La storia si intreccia con tanti altri fatti criminosi che, oltre a produrre la suspense tipica dei gialli, danno al lettore uno spaccato di vita e costumi di una Milano risorgimentale.
Abbiamo posto qualche domanda all’autore per sapere se ha ancora altre inchieste da raccontarci.
Questo è il settimo libro sull’attività investigativa de El Dondina. Pensi sia l’ultimo o le storie continueranno?
«Quando nel 2017 scrissi il primo libro sul Dondina il titolo era semplicemente El Dondina, perché non pensavo proprio avesse un seguito. Sbagliato. Mi era sembrato che il Dondina mi guardasse in faccia dicendomi: ma come, mi lasci qui da solo? Non ho avuto il cuore di deluderlo e allora ho scritto il secondo, e poi il terzo… fino al settimo e non ho finito».
Tra questi sette libri ce n’è uno a cui sei particolarmente affezionato?
«Non vorrei fare un torto a qualcuna delle mie creature e allora provo a darti più risposte. È nella logica considerazione che l’ultimo nato sia il migliore anche se a me era piaciuto molto Un delitto con troppi colpevoli per El Dondina, questo perché si poteva intuire chi fosse il colpevole, ma nessuno dei mandanti si era prestato a offrire il benché minimo contributo per incriminarlo».

Di solito i romanzi gialli sono centrati quasi esclusivamente su un unico importante fatto criminoso, mentre tu hai sì un caso importante, ma racconti anche di altri meno rilevanti. Perché questa scelta?
«Nella realtà chi entra in un commissariato ha una vicenda da raccontare che si somma ad altre, quindi le varie indagini corrono parallele e, talvolta, si intrecciano o si sovrappongono. Vale quindi la pena di seguirle».
Ci sono le prove che El Dondina dei tuoi romanzi sia un poliziotto realmente vissuto a Milano e non il frutto della tua fantasia?
«Il vero nome del Dondina è Carlo Mazza, personaggio reale vissuto a Milano nel 1800; si tratta di un poliziotto un po’ particolare che spesso agisce fuori dalle regole. L’ho trovato citato in una filastrocca su Milano sconosciuta, libro scritto nel 1922 da Paolo Valera. Nel breve capitolo dedicato al Dondina sono riportate alcune sue gesta, ma nessun riferimento alla data di nascita e neppure a quella di morte. Comunque è certo che El Dondina sia nato e vissuto a Milano. Il suo amore per il dialetto milanese ne è la riprova».
Nella lettura dei tuoi libri non ho mai trovato una descrizione del Dondina: è una scelta o un caso?
«È una scelta. Ho pensato che poteva essere più intrigante lasciare al lettore la libertà di immaginarsi un ritratto del Dondina, che potrà subire delle modifiche a seconda della situazione che affronta. Ad ogni modo io, che lo conosco bene, posso dire che dimostra circa 45 anni, statura appena sotto la media, costituzione robusta. Altro non mi viene in mente. Prometto però che, se dovessi scoprire qualche nuovo dettaglio, non mancherei di informarne i lettori».
Le copertine, per altro molto particolari, riguardano l’inchiesta più importante di ogni singolo libro?
«Tutte le copertine sono dell’artista Andrea Bassoli che, in assoluta libertà, sceglie l’inchiesta che più lo ha interessato e spesso è quella più significativa. In questo caso è anche quella alla quale io avevo dedicato più attenzione. L’infame conte tre volte vedovo è una storia assolutamente vera scritta da Giuseppe Rovani, nel suo libro Cento Anni. Il Dondina ebbe la possibilità di leggere gli appunti che il Rovani passava all’avvocato Vigorelli per verificare che non ci fossero gli estremi per una querela. È la storia di una giovinetta, bella e talentuosa cantante, che purtroppo viene presa sotto la protezione di un monsignore del Duomo, che considera il teatro un luogo di perdizione. Con le lusinghe e le minacce riesce ad allontanarla dalla lirica e, spalleggiato dai genitori della ragazza, a fidanzarsi con il Conte, un miserabile individuo che già aveva causato la morte delle due precedenti mogli.
È annunciato nel titolo del libro che anche a Stefania, la terza moglie, sarà riservata la stessa sorte delle precedenti. Questa volta però il Conte non riuscirà ad evitare la punizione per i suoi crimini.
In questo genere di racconti, in cui la verità non è mai quella che sembra, i personaggi che appaiono improvvisamente guadagnandosi subito una posizione di rilievo non fanno che arricchire una trama che sembrava fin troppo semplice e invece, con lo svolgersi, si arricchisce di elementi sorprendenti».
Dopo le dichiarazioni di Flavio Maestrini possiamo tranquillizzare gli estimatori del Dondina: ci sono ancora tante inchieste da raccontare…