di Roldano Radaelli
A Milano, fra un secolo, rimarranno in attività meno di quattromila degli attuali 11mila artigiani italiani oggi sul mercato. E già nel 2075 gli artigiani meneghini saranno ridotti ad un terzo, sempre più anziani e che dovranno concorrere con un numero di ditte guidate da non italiani in fortissima crescita: imprese che dalle 9600 di oggi saliranno tra 50 anni a 13mila e per poi sfondare quota 14 mila fra un secolo, quando ci saranno quattro titolari stranieri per ogni ditta italiana sul mercato.
Un brutto sogno? “Abbiamo chiesto a diverse piattaforme dell’intelligenza artificiale, sulla base dell’andamento storico dei numeri delle imprese artigiane individuali degli ultimi 15 anni, che cosa accadrà al futuro del settore – spiega Marco Accornero, segretario di Unione Artigiani. Sulla base di queste previsioni statistiche – aggiunge – e se l’innovativa filiera formativa del 4+2 in rete con le imprese e gli Istituti Tecnici Professionali non garantiranno in termini di nuove risorse umane, temiamo che il nostro destino sia già scritto, salvo provvedimenti rapidi e rivoluzionari per lo sviluppo del settore specie tra i giovani italiani, che al momento non sono all’orizzonte.

Gli italiani, tra costi impossibili, crisi vocazionale, mancati passaggi generazionali uniti al crollo della natalità, passeranno la mano. Non voglio dire che l’artigianato si estinguerà nella città di Milano, di certo rischiamo di perdere conoscenze e tradizioni. Resisteranno i servizi legati al lusso e chi è riuscito a irrobustirsi, a fare reti nei quartieri e ibridarsi con i settori più avanzati della tecnologia e del green. Oppure chi stringerà alleanze con gli stranieri che presidieranno sempre più i servizi artigiani di base e della filiera casa e via via molto altro. È la realtà che in parte già registriamo oggi: anche noi come associazioni di categoria stiamo imparando come accompagnare gli artigiani stranieri che con coraggio decidono di avviare un’impresa”.
Ripartiamo quindi dagli ultimi dati: oggi a Milano città, le ditte individuali artigiane censite dal Registro Imprese sono 20.614 (25.923 includendo le società), quasi una su due è straniera (47%). Gli italiani sono già minoranza in tanti settori, a partire dall’edilizia e dalle pulizie e ogni anno sale il numero delle ditte non italiane nell’ambito del tessile, dell’alimentare ma oramai non c’è più una nicchia nella quale gli artigiani italiani possono stare al sicuro, a parte per ora la metalmeccanica, la chimica, le autoriparazioni, la cura del verde, l’ambito artistico-creativo.
Anche fuori dei confini cittadini, in Provincia, fra 50 anni gli attuali 23.037 artigiani italiani caleranno – sempre secondo l’intelligenza artificiale, a 13.000 – e poi si ridurranno, sempre fra un secolo, a 10.800. I non italiani, cresciuti del 30% negli ultimi 10 anni e arrivati oggi a quota 10.031, con questo tasso di intraprendenza potrebbero arrivare a quota 24mila fra 50 anni e sfiorare i 30mila fra 100.
Come è possibile invertire questa tendenza? “Ad oggi – conclude Accornero – ci vogliono almeno 15/20 anni di formazione ed esperienza sul campo per costruire un artigiano pronto ad affrontare il mercato. Con le nuove tecnologie questo processo lunghissimo può essere significativamente ridotto. Ma intanto sta cambiando tutto: l’IA ci farà abiti su misura in giornata, i robot costruiranno case e mobili. Ci sarà spazio solo per pochissime e lussuosissime nicchie, chi farà pezzi unici e super personalizzati anche se forse faremo fatica a distinguerli da quelli realizzati da una stampante 3d. Sarà più facile gestire la burocrazia ma i costi degli immobili dove operare saranno alle stelle.
Dovremo avere il coraggio di dare vita a politiche completamente nuove, vorrei dire disruptive. Penso a nuove alleanze tra artigiani, artisti, biologi, ingegneri e scienziati. Dovremo, ad esempio, garantire un reddito agli artigiani che tramandano un mestiere in via di estinzione. Mi immagino anche botteghe mobili dell’artigianato che possano animare periferie e piccoli centri per creare nuove economie locali. A spazi artigiani solo femminili.
Fondi per la riparazione degli elettrodomestici, come è stato fatto ad esempio in Francia. Andiamo oltre: pensiamo ad un servizio civico artigiano obbligatorio: 500 ore pagate con un bonus per creare generazioni empatiche verso i mestieri manuali, con scambi con l’estero, incubatori e certificazione di competenze con dei tutor. Questi possono essere dei bei sogni. Ma fin da ora dobbiamo mostrare ai giovani e ai genitori le potenzialità dell’artigianato.