di Sara Vidè
Il 5 agosto 1981 è stato un giorno importante per il nostro paese e per l’affermazione dei diritti che per molto tempo, direttamente o indirettamente, sono stati negati alle donne. In questa data, furono infatti aboliti dal codice penale il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, legati a una specifica idea della donna e del suo rapporto di assoggettamento al maschio. Una figura basilare, per arrivare ad un cambiamento radicale e ad una ridiscussione dei precedenti articoli, è stata la coraggiosissima Franca Viola.
Nata nel 1947 in Sicilia, da una modesta famiglia di mezzadri, Franca è una ragazza bella e umile. Quando ha quindici anni, Filippo Melodia, nipote di un mafioso locale, se ne invaghisce e i due si fidanzano con il consenso dei genitori di lei, ignari della cattiva fama del ragazzo.
Poco dopo, Filippo è accusato di furto, il fidanzamento si interrompe e lui scappa in Germania; quando torna in Sicilia, però, ha un unico scopo: “riappropriarsi” di Franca, in ogni modo.
Comincia allora a minacciare la sua famiglia, distruggendogli il vigneto e il campo di pomodori, bruciando la casetta di campagna: nonostante tutto Franca non cede, supportata dai suoi familiari.
Assieme alla sua banda, nel 1965 il Melodia va da Viola, picchia il padre, demolisce quello che trova e rapisce la ragazza, assieme al fratellino che le si è attaccato disperatamente alle gambe. La giovane resterà prigioniera del mafioso per giorni, malmenata, tenuta digiuna e impietosamente violentata, finché i carabinieri trovano il rifugio dell’uomo e la liberano.
Filippo viene arrestato ma si fa beffe dell’accaduto: all’epoca esisteva infatti il matrimonio riparatore che, come prevedeva la legge, estingueva il reato di violenza carnale se l’incriminato sposava la vittima.
Franca però si oppone, non vuole stare con il suo aguzzino e si impunta con eroismo, dando il via ad un processo senza precedenti. La stampa si scatena, l’attenzione è massima: è la prima volta che una donna sceglie di dichiararsi “svergognata”, decidendo di sfidare regole patriarcali e arcaiche, la mentalità antiquata e il pregiudizio. L’opinione pubblica è ostile, la giovane si deve chiudere in casa ed è piantonata dalla polizia, riceve minacce e insulti ma non molla.
“Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce” – dichiara con fierezza, partecipando ad ogni udienza, non senza difficoltà.
L’imputato tenta in tutti i modi di infangarla ulteriormente, raccontando che i loro primi rapporti erano consensuali e risalivano al loro fidanzamento; Franca resiste e scampa all’assurda richiesta dei legali difensori del Melodia di doversi sottoporre ad una perizia ginecologica.
Nonostante tutto, la ragazza più coraggiosa e femminista di tutti i tempi vince: Filippo viene condannato a undici anni di carcere, poi ridotti a dieci, ma lei ottiene il riconoscimento dell’abuso. Il no di Franca diviene un simbolo potente, detonante e scardina nel profondo una cultura irrispettosa, con una visione stereotipata della donna e in cui si crede di difenderla grazie ad un articolo che le “concede” di sposarsi con chi le ha arrecato il torto più orribile e irreparabile. La pena inflitta a Filippo Melodia non è sicuramente esemplare, ma mette in moto un movimento d’opinione che porta il legislatore a non considerare più un attenuante il matrimonio riparatore.
È l’inizio di una piccola rivoluzione che cambierà le cose, anche se ci vorranno ben sedici anni. Sarà appunto il 5 agosto del 1981, il giorno in cui le donne potranno sentirsi più rispettate e difese, senza rischiare di essere uccise dal marito, da un fratello o addirittura dal proprio padre, rivendicanti il diritto di poterle punire per una presunta offesa dell’onore di famiglia e non saranno più costrette a sposare il proprio stupratore. Grazie Franca da tutte noi!