di Marco Piccardi
Cominciamo con una doverosa precisazione: per musica contemporanea si intende la musica composta dalla metà del Novecento ad oggi, nata come sviluppo (e anche superamento) dell’atonalità e della dodecafonia. È musica colta d’avanguardia, di ricerca e sperimentazione.
Alla musica contemporanea sono dedicati numerosi festival in Europa e nel mondo. Ce ne sono diversi in corso anche in Italia e uno dei più importanti è il Festival Milano Musica nato nel 1992 dall’intuito e dall’intraprendenza di Luciana Pestalozza, direttrice delle edizioni musicali Ricordi e sorella di Claudio Abbado. Milano Musica faceva seguito dell’esperienza di Musica nel nostro tempo, vera e propria stagione di musica contemporanea organizzata a partire dal 1976 dalla Provincia di Milano con il coinvolgimento di molte istituzioni musicali milanesi. Nel 1988 era stato chiesto al compositore francese Pierre Boulez la disponibilità sua e dell’Ensemble Intercontemporain, di cui era allora direttore, per alcuni concerti. Il progetto “Boulez a Milano” venne effettivamente realizzato nel 1990, non più nell’ambito di Musica nel nostro tempo, che nel frattempo aveva chiuso i battenti, ma con la collaborazione del Centre Culturel Français.
Quello fu il punto di partenza del Festival Milano Musica, che prese il via due anni dopo e che arriva ora alla sua trentaquattresima edizione, grazie a sostegni pubblici e privati e alla partnership con il Teatro alla Scala, alternando edizioni dedicate a singoli compositori e proposte più differenziate, definite “Percorsi di Musica d’oggi”. I festival monografici sono stati dedicati tra gli altri a Edgard Varèse, Luciano Berio, György Kurtág, Luigi Nono, György Ligeti, Iannis Xenakis, John Cage, Niccolò Castiglioni, Morton Feldman, Fausto Romitelli, Bruno Maderna, Salvatore Sciarrino e Luca Francesconi. L’edizione di quest’anno, che si tiene dal 26 aprile al 6 giugno prossimi, è dedicata a Francesco Filidei, compositore pisano indicato da Classic Voice tra i dieci compositori più interessanti del panorama internazionale.
Dal 2012, alla scomparsa di Luciana Pestalozza, il Festival è diretto da Cecilia Balestra, che già ne era direttrice organizzativa. Balestra, laureata in Filosofia all’Università degli Studi di Milano e specializzata in Management Culturale presso la Civica Scuola d’Arte Drammatica, aveva altre esperienze da organizzatrice musicale alle spalle. L’abbiamo incontrata nella sede di Milano Musica, presso l’AGIS Lombarda (l’Associazione Generale dello Spettacolo, di cui il Festival è membro), proprio di fianco alla Stazione Centrale, in piazza Luigi di Savoia, nel cuore di Zona 2.
Obiettivo del Festival sembra essere quello di valorizzare sia la musica del Novecento sia i lavori dei compositori più giovani, realizzati in questi primi decenni del secolo in corso. E sembra esserci anche l’intenzione di ampliare il pubblico della musica contemporanea proponendola, oltre che nelle sedi storiche, in luoghi più decentrati e meno usuali, come l’Hangar Bicocca, il Teatro Elfo Puccini o il MEET/Digital Culture Center. Avete notato la presenza di un pubblico diverso da quello che viene, ad esempio, ai vostri concerti alla Scala?
“Milano Musica ha certamente particolare attenzione alla musica di oggi, a partire dal secondo Novecento, presentando opere in cui l’immaginazione creativa dei compositori si sviluppa attraverso la scrittura. Riguardo alla diffusione sul territorio, ci tengo a precisare che nella programmazione partiamo da una priorità artistico-culturale ampia e non da una priorità di intrattenimento pubblico. Il senso nel trovare spazi nuovi, alternativi alle tradizionali sale da concerto, è da ricercare nella relazione tra i repertori, gli organici con l’acustica e la suggestione dei luoghi stessi. In questa direzione, Milano Musica si apre a un pubblico più ampio e non necessariamente ad un pubblico specializzato: basta la curiosità, l’attenzione, il desiderio di conoscere”.
I numeri dimostrano che state riuscendo ad ampliare il vostro pubblico, e questo senza sconfinamenti in generi musicali diversi come il rock o il jazz, come accaduto ad altri festival. Peraltro gli stessi compositori contemporanei spesso allargano la loro proposta, inserendo elementi e strumenti diversi nella propria musica, tenendo conto dei suoni che stanno loro attorno.
“Sì, è una scelta di libertà, di ricerca. Abbiamo sempre cercato di sostenere artisti liberi e radicali, pur essendo rigorosi. La musica contemporanea tende a spostare il confine, ad andare oltre. Riguardo ai generi musicali, penso che ogni festival debba stare all’interno della propria missione, della propria competenza, avere un’identità forte. Mi pare inutile sovrapporsi ad altri proponendo un po’ di tutto. Questa non è una scelta elitaria, si tratta di stabilire un rapporto di fiducia col pubblico. E noi abbiamo il desiderio di condividere un repertorio che passa per essere raro, difficile”.
Nel programma dei singoli concerti proponete spesso anche accostamenti con brani musicali di compositori dei secoli passati…
“Certo. Non abbiamo mai interpretato la musica contemporanea come rottura col passato. I compositori del secondo Novecento hanno mantenuto uno sguardo sulla musica classica e il dialogo con quei grande Maestri. E lo stesso vale per i compositori di oggi”.
Il Festival propone spesso prime assolute e commissioni di nuove opere, cosa credo importante per Milano Musica.
“In Italia è in effetti abbastanza raro, ma ad esempio in Francia, con politiche culturali che si basano sul sostegno alla creazione artistica, è molto più frequente. Le commissioni sono un impegno economico per noi ma rappresentano anche il punto più alto della nostra missione: sostenere la nascita di un nuovo repertorio e dare la possibilità agli artisti di far sentire la loro voce, e tanto più in un periodo storico così complesso. Ma altrettanto interessante è riproporre brani già più volte eseguiti che consideriamo di valore e dunque attuali”.
Vuole dirci qualcosa sui progetti di Milano Musica collaterali al Festival: quelli sociali, in Mozambico e nelle nostre carceri, e quello didattico?
“Pensiamo che il Festival debba essere in stretto contatto con la società e con il mondo, altrimenti quella che consideriamo qualità artistica rimane un concetto astratto. Ci interessa scoprire quale può essere la forza dell’arte nella società. Così in collegamento con Music Fund, associazione belga senza scopo di lucro che sostiene scuole di musica e progetti socio-artistici in Europa e nei Paesi in via di sviluppo, dal 2011 ci siamo attivati nella raccolta di strumenti musicali per le orchestre giovanili e infantili in Italia e in Mozambico. Recentemente, attraverso il progetto “Costruendo con la musica” dell’Agenzia Italiana Cooperazione e Sviluppo, abbiamo portato in Mozambico alcuni musicisti delle Percussions de Strasbourg, attivando scambi con le tradizioni e i musicisti locali. Altre azioni sociali ci vedono impegnati, con la collaborazione della Fondazione Monzino, in attività musicali in vari istituiti penitenziari, tra cui il carcere di Bollate. Infine, i nostri progetti didattici si svolgono nelle scuole, dalle primarie alle secondarie di secondo grado, favorendo la fruizione dei concerti di musica contemporanea da parte degli studenti con momenti di preparazione all’ascolto ed incontri con artisti e compositori.
Ci anticipa qualcosa sul 34° Festival Milano Musica, che parte ad aprile e ha come titolo “Francesco Filidei. Fiori, tempo, respiro”?
“Abbiamo cominciato a immaginare l’edizione di quest’anno già nel 2020. Il programma è dedicato a Francesco Filidei proprio in coincidenza con il debutto della sua opera “Il nome della rosa”, liberamente tratta da Umberto Eco, al Teatro alla Scala dal 27 aprile al 10 maggio, con la regia di Damiano Michieletto. Le scelte artistiche del Festival sono concordate con la Scala, con la quale il festival è in stretta collaborazione: infatti l’inaugurazione è al Teatro alla Scala il 26 aprile, giorno che precede la prima dell’opera, con un concerto dell’Ensemble Intercontemporain e dell’Ensemble vocale Les Métaboles, che eseguono musiche di Filidei, compositore molto riconosciuto ed apprezzato a livello internazionale”.

Per chiudere, segnaliamo che Milano Musica 2025 propone 28 concerti sinfonici e da camera, musica elettronica e video, 2 proiezioni, con 7 prime esecuzioni assolute e 16 prime in Italia, di cui 5 dietro commissione. Il programma del Festival mette a confronto le composizioni di Francesco Filidei con quelle di autori del passato – come Liszt, Debussy, Messiaen, Ligeti, Xenakis, Berio e Boulez – e del presente. Un altro concerto alla Scala si tiene il 2 maggio con l’Orchestra Sinfonica della RAI (musiche di Cattaneo, Filidei e Gervasoni), mentre il 16 e 18 maggio all’Auditorium di Milano l’Orchestra Sinfonica di Milano e il Coro I Giovani di Milano eseguono musiche di Filidei e Debussy. Numerose le sedi “alternative” diffuse nel territorio milanese: la Basilica di San Simpliciano, la Chiesa di Sant’Angelo, l’Institut Français, il MEET/Digital Culture Center, l’Orto Botanico di Brera, Palazzo Invernizzi, Palazzo Reale, l’HangarBicocca, il Teatro Elfo Puccini, il Teatro Gerolamo e il Teatro Arsenale.
Il programma completo del Festival – con indicazione di sedi, orari e modalità di accesso dei singoli concerti – è online sul sito www.milanomusica.org.