Esiste una piccola strada a Milano, laterale di via Melchiorre Gioia, intitolata a Clelia del Grillo Borromeo.
Mi sono chiesta molte volte chi fosse questa donna, sicuramente nobile considerati i cognomi, e quali fossero stati i suoi meriti per essersi guadagnata un simile riconoscimento. La sua biografia mi ha illuminata perché ci racconta che, nel Settecento, il secolo in cui è vissuta, era considerata una delle donne più colte esistenti. Nata nel 1684 da una nobile e ricca famiglia genovese dedita ai commerci, Clelia sposa nel 1707 il conte Giovanni Benedetto Borromeo Arese. Il matrimonio col conte Borromeo, dal quale avrà otto figli, è a lungo contrastato dal padre di lui, il quale non apprezza nella giovane Clelia l’autonomia di pensiero, l’eccentricità e la libertà nei comportamenti, comune anche alle sue sorelle. Dalla famiglia ha ricevuto una formazione più qualificata sul piano culturale rispetto a buona parte delle sue coetanee ed ha il vantaggio di essere vissuta in un ambiente aperto e cosmopolita. Da documenti esistenti risulta che la famiglia Grillo possedesse un importante patrimonio, tra cui feudi in Spagna. Per meglio amministrare i loro interessi e adempiere agli obblighi derivanti dalle cariche presso la Corte spagnola, i componenti maschili della famiglia risiedevano principalmente in Spagna. A Genova restava la parte femminile, che godeva di ampia facoltà di amministrazione del patrimonio famigliare e, per questa ragione, godeva anche di grande libertà di azione ed indipendenza. Questa situazione contrastava decisamente con i costumi di altre realtà italiane, compresa quella milanese. Forse di qui discende l’ostilità al matrimonio del futuro suocero
Appena giunta a Milano, dove vive nei Palazzi dei Borromeo, Clelia dà vita ad un salotto culturale/scientifico attraverso il quale si pone “l’obiettivo di accogliere intorno a sé i più eruditi tra i Milanesi e assidersi fra essi come protettrice e fautrice delle scienze”. Riesce nel suo intento perché “congiunge allo splendore del casato e alle dovizie, una erudizione prodigiosa: conosce le lingue principali d’Europa, oltre il latino, il greco e l’arabo: è dotta in filosofia, teologia, matematica, nelle scienze naturali”. Non è chiaro dove e quando abbia incominciato ad introdursi alle scienze naturali e alla matematica. Questi interessi la porteranno ad ospitare nella sua casa non i nobili ma gli intellettuali, i naturalisti e gli scienziati italiani e stranieri. La disinvoltura con cui si muove nella società del tempo le procurerà molte critiche, ma Clelia continuerà incurante a diffondere le nuove scienze. In questo quadro si inserisce un episodio decisamente trasgressivo che ci mostra il carattere volitivo e non conformista della contessa Borromeo. Vuole conoscere il celebre naturalista e medico Antonio Vallisneri, che vive e insegna a Padova: lo stesso scienziato racconta di essere stato svegliato alle due di notte da Clelia, che transita in quella zona e non vuole rinunciare ad un incontro con lui. Per non essere scortese con una dama di tale livello, Vallisneri la riceve in veste da camera e berretto da notte. Da questo incontro nasce una solida amicizia che si rinsalderà a Milano, dove Vallisneri si recherà più volte e scriverà lo Statuto della “Academia Cloelia Vigilantium” (Accademia Clelia dei Vigilanti), centro culturale cui Clelia tiene moltissimo, fondato nel 1719 nel salotto del suo palazzo di via Rugabella. I due discutono di anatomia, filosofia e mineralogia. Nel 1721 Vallisneri le dedica l’opera “De’ corpi marini che sui monti si trovano” nel quale, usando un metodo sperimentale, spiega la presenza di fossili sui monti. Il matematico Guido Grandi le rende omaggio dedicandole le “clelie”, tipi di curve geometriche che ricordano la forma di un fiore a più petali uguali, di cui parla nel suo trattato “Flores geometrici”.
Clelia, nel suo salotto, tratta anche argomenti considerati al tempo sconvenienti e scabrosi, come il generare, ovvero il concepimento e lo sviluppo del feto.
Charles de Montesquieu, in viaggio a Milano nel 1728, incontra Clelia, che lo riceve con grandi onori, e racconta di essere stato intimorito da quella donna imprevedibile, di cui commenta la “improbabile pettinatura”, giocandosi così la sua amicizia. Dal Cusani Clelia viene descritta come una donna di bellezza maestosa, modi signorili, ingegno e dottrina straordinari.
Quanto all’Accademia, il progetto incontra l’ostilità del suocero ma soprattutto viene guardato con sospetto dall’Imperatrice Maria Teresa, preoccupata dalla fama e dalla crescente influenza conquistata dalla contessa, che deve quindi rinunciarvi, in quanto allineato ai principi della cultura gesuitica e sostanzialmente su posizioni antiaustriache. Non rinuncia però alle riunioni scientifiche nel suo palazzo e allo scambio di carteggi con i dotti e con le Accademie straniere. Il desiderio di un più ampio respiro rispetto alla cultura milanese in generale e a quella della famiglia Borromeo in particolare, inducono Clelia a cercare altrove interlocutori. Riceve quindi frequenti visite dai personaggi illustri di passaggio a Milano che ambiscono dissertare con lei di scienza e matematica.
Per la sua opposizione all’Austria è costretta a lasciare Milano e a riparare a Bergamo, subendo anche il sequestro dei beni, tramutato poi in confisca, per non aver ottemperato all’ordine asburgico di andare in esilio a Gorizia. Dopo molte resistenze si sottomette al volere dell’Imperatrice la quale, paga del mutato atteggiamento, la riabilita annullando le restrizioni precedentemente imposte. Clelia si trattiene a Venezia e rientra solo dopo quattro anni a Milano, dove riapre il suo salotto impostandolo su storia, poesia e teatro. Ma, ormai, tutto è cambiato, lutti famigliari e salute malferma la costringono a fare una vita più ritirata, fino alla morte avvenuta nel 1777.
Per tre quarti del Settecento questa donna, fornita di brillante intelletto e di conoscenze scientifiche fuori dal comune per l’epoca, gode di una grande fama, non solo a Milano ma in molte parti di Europa. Come si pone nel panorama culturale della nostra città? La cultura scientifica si presenta eterogenea e complessa. A fronte di un tenace conservatorismo sociale e delle professioni, vi sono istituzioni scientifiche di ottimo livello, come il Collegio gesuitico di Brera, perfettamente aggiornato sugli sviluppi della ricerca europea negli ambiti fisico-matematici e astronomici. Esistono anche ambienti privati interessati al dibattito scientifico. La presenza di Vallisneri a Milano e la sua frequentazione del salotto di Clelia e del suo gruppo intellettuale, è importante sia per Clelia sia per lo stesso scienziato, che ne ha un ritorno in termini di prestigio sociale, di rafforzamento e di ampliamento della sua sfera di influenza, contribuendo allo svecchiamento della medicina pratica ed esercitando un peso non irrilevante sulla cultura scientifica milanese.
Sul fronte femminile, l’interesse per la scienza si fa attendere a lungo. Raccontando il percorso di Maria Gaetana Agnesi (cfr. n. 3/2024 del nostro giornale), abbiamo citato Clelia del Grillo Borromeo per il suo salotto, già famoso quando Maria Gaetana era ancora una bambina. La Agnesi nasce circa trent’anni dopo la contessa Borromeo ed è proprio la figura di M. Gaetana, che al tempo della sua prima giovinezza ha stupito il mondo della cultura per la sua preparazione scientifica, a far nascere il dibattito sulla opportunità di accesso delle donne al mondo della scienza e delle lettere. E il dibattito, aperto proprio dal prof. Vallisneri, grande ammiratore delle due studiose e assiduo anche in casa Agnesi, è molto acceso; finirà con il consenso, da parte di tutti gli intellettuali che frequentano quel prestigioso salotto, all’apertura alle donne degli studi fino ad allora negati.
Va detto che, dalla metà del Seicento in avanti, vi furono donne che si occuparono di scienza, ma non fecero mai parte di istituzioni ufficiali e la loro attività si svolse in spazi privati, come i salotti.
Le figure delle donne competenti di scienza nel Settecento, come Clelia, Maria Gaetana e poche altre, non sono però da vedere come preannunci della conquista dei diritti civili, che si avrà solo da metà Ottocento in avanti. I rari esempi di donne scienziate sono ritenuti delle eccezioni, che non modificano la convinzione generale dell’inopportunità degli studi femminili. Il genere di studi di cui si sono occupate queste due illustri e singolari studiose, resterà per molto tempo appannaggio degli uomini.
A lungo dopo la morte, Clelia Borromeo è stata praticamente dimenticata, nonostante sia stata una donna straordinaria per la sua esemplare dedizione a studi complessi e alla passione politica che l’ha portata a subire pesanti ritorsioni da parte degli Asburgo.
Solo nel 1865 sembra che Giuseppe Rovani, autore del romanzo storico “Cento Anni”, si sia ispirato alla sua figura per farla protagonista del suo libro, attribuendole situazioni romanzesche.
Recentemente la fama della contessa è stata riportata alla luce. Alla fine del 2007 si è tenuto a Cesano Maderno un convegno su “Clelia Grillo Borromeo Arese. Un salotto letterario settecentesco tra arte, scienza e politica”, che ha affrontato, al di là delle celebrazioni localistiche, la rivisitazione della figura controversa della contessa Borromeo.
La sua morte ha segnato la fine di una donna colta, appassionata, complessa, non apprezzata dai Borromeo perché, come abbiamo visto in precedenza, troppo diversa dalla loro cultura e da quella di un’epoca in cui le donne non si interessavano alle scienze. La sua storia ci ha permesso, però, di conoscere i fermenti sociali e culturali di cui è stata portatrice col suo salotto, considerato uno dei cenacoli intellettuali più avanzati del Settecento milanese.
Per approfondire cfr.:
- Anna M. Serralunga Bardazza, Clelia Grillo Borromeo Arese-Vicende private e pubbliche virtù di una celebre nobildonna nell’Italia del Settecento, Eventi &Progetti Editore;
- G. Rovani, Cento Anni, ed. Rizzoli con richiami a F. Cusani, Storia di Milano;
- Biblioteca dell’edizione nazionale delle opere di A. Vallisneri, a cura di Dario Generali, Clelia Grillo Borromeo Arese-Un salotto letterario settecentesco tra arte, scienza e politica, Leo S.Olschki Editore.