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Amici per la pelle

Di Nicoletta Bevere, Medico Veterinario

A metà aprile il mio cane Panda si è ammalato gravemente. La notte in cui tutto è cominciato è stato per primo Matteo ad accorgersi che qualcosa non andava. Matteo nel cuore della notte ha provato a svegliarmi per chiedere aiuto, perché secondo lui Panda respirava in maniera strana.

Io quella notte evidentemente dovevo dormire come un orco, perché non solo non mi ero accorta del cane, ma nemmeno di Matteo che cercava di svegliarmi sfiorandomi il viso, come fa di solito, delicatamente. Allora Matteo, infastidito dalla mia inerzia, ha cominciato a fare un sacco di rumore inutile, al solo scopo evidente di svegliarmi e occuparmi del cane che respirava male. Fino a qui nulla di strano, se non fosse che Matteo è il mio gatto. Matteo per fare rumore non aveva miagolato, ma aveva usato la cassapanca di legno della camera da letto, l’aveva fatta scricchiolare saltandoci sopra, producendo un rumore secco e irregolare fino ad ottenere lo scopo.

I gatti sono animali che difficilmente rinunciano a raggiungere un risultato e quindi, se Matteo aveva deciso che dovevo scendere dal letto, prima o poi avrebbe trovato il modo. Naturalmente aveva ragione lui: il cane era sdraiato nella cuccia e sembrava dormire, ma aveva una frequenza respiratoria troppo alta e soprattutto respirava a bocca aperta, un fatto assolutamente insolito durante la notte. Così mi sono alzata e mi sono data da fare.

Ma cosa aveva spinto il gatto a cercare il mio aiuto? Per chi ha animali o per chi conosce storie di animali questo comportamento è del tutto ovvio, e lo è anche per me. Cosa c’è di strano nell’aiutare chi sta soffrendo? Eppure aiutare gli altri richiede diversi passaggi, e non è detto che sia tutto così scontato: per aiutare chi soffre è necessaria prima di tutto la percezione della sofferenza altrui, ossia noi stessi dobbiamo sperimentare la sofferenza altrui come qualcosa di negativo e spiacevole. Vediamo qualcuno che soffre e proviamo dolore personale, perché abbiamo un sistema invisibile che converte l’informazione visuale esterna in un malessere fisico interno: questa capacità è nota con il nome di empatia.

A ben pensarci è straordinario che esista un simile collegamento tra il nostro dentro e il nostro fuori. Come è possibile che la visione astratta di un individuo che sta male possa far percepire ad un altro individuo in salute una sensazione fisica di malessere? La curiosità negli anni Ottanta ha portato un gruppo di neuroscienziati italiani a scoprire l’esistenza di neuroni specializzati a collegare il nostro dentro con il nostro fuori: i neuroni specchio.

Loro sono questo collegamento, almeno in parte. Un esempio tipico di come lavora un neurone specchio è il seguente: vedo qualcuno mangiare e nella mia testa si attivano gli stessi neuroni che si sarebbero attivati se io stessa avessi compiuto l’azione di mangiare. Solo che non sto mangiando. Ecco come la visione astratta si traduce in sensazione reale. Tuttavia, per essere di aiuto agli altri, non bastano i neuroni specchio (che tra l’altro sono stati individuati solo nell’uomo e in pochissime specie animali) perché il sentimento di empatia deve anche farci agire individualmente, in prima persona.

Questo è il secondo passaggio: sarebbe più semplice allontanarsi dalla sensazione negativa sottraendoci, andando altrove, distogliendo lo sguardo e disattivando il neurone specchio. E invece, per portare aiuto, dobbiamo restare in quella situazione anche se in teoria non ci riguarda. Quindi oltre all’empatia abbiamo bisogno di un altro ingrediente chiamato altruismo.

Gli animali possono essere empatici e altruisti? È impossibile negarlo. Ci sono tantissimi esempi che documentano come gli animali si possano aiutare in modo altruistico ed empatico, o almeno vediamo tra gli animali comportamenti che non hanno una diversa spiegazione logica. A volte è necessario rinunciare alle spiegazioni scientifiche e limitarsi a registrare l’evidenza. Quella notte Matteo ha provato a salvare il mio cane, anzi il suo cane. Davvero non serve spiegare tutto e comunque a volte basta solo esserci per gli altri, al momento giusto.

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