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Le magnifiche basiliche ambrosiane

di Maria Giuseppina Malfatti Angelantoni

Con l’Editto di tolleranza religiosa di Costantino del 313, furono costruite in Milano le prime chiese, non più “domus ecclesiae” all’interno di abitazioni, ma edifici ecclesiastici indipendenti e ben identificabili. Le prime furono la “basilica vetus”, piccolo edificio con fonte battesimale, rimasto in parte sotto la mole del Duomo, e la cattedrale chiamata “basilica nova”, o Santa Tecla, sul sagrato del Duomo, di grandi dimensioni, a cinque navate con abside, affine a contemporanee basiliche greche. Questa importante basilica fu gravemente danneggiata dagli Unni di Attila, ma fu ricostruita ancora più bella. Alla metà del ‘400 fu distrutta per l’avanzare della costruzione del Duomo.

È stata riscoperta sotto il sagrato a cominciare dagli anni ’40 del Novecento in occasione di scavi per un rifugio antiaereo, in seguito ha potuto essere indagata e studiata durante i lavori per la Linea 1 della Metropolitana Milanese. La basilica Nova, citata anche da Sant’Ambrogio che vi fu esposto alla sua morte, era una chiesa dalla ricca decorazione interna come testimoniano gli elaborati lacerti di pavimento in marmo,  visibili nel mezzanino della stazione Duomo della metropolitana. 

La basilica Vetus e la basilica Nova erano concattedrali, la prima era la Hiemalis, o invernale, la seconda l’Aestiva, o estiva.

Queste due chiese non furono costruite nel centro della città romana, nel Foro, ma presso le mura cittadine sulla strada con direttrice Como, l’attuale corso Vittorio Emanuele. Forse la scelta di una zona periferica poteva essere dipesa dai minori costi del terreno. 

Oltre queste due basiliche, già prima della elezione a vescovo di Aurelio Ambrogio, a Milano c’erano altri luoghi di culto che lui elenca. Ma per il prestigio della nuova religione e della città imperiale il vescovo Ambrogio, passata l’ondata eretica ariana sostenuta da alcuni imperatori, decide di fondarne di nuovi. 

Egli, influenzato come Agostino dal pensiero e dall’estetica neo-platonica, sosteneva che il culto a Dio doveva essere professato attraverso il Bello che nasceva dalle immagini e dalla musica. La dimora di Dio doveva essere adornata, doveva risplendere per pittura e mosaici, apportatori di luce. E, attraverso i secoli, il tema della Luce sarà sempre dominante nell’arte lombarda, dall’alto-medioevo al Foppa, al Caravaggio, fino alla pittura dell’800.

Come primo edificio sacro Ambrogio eresse il battistero ottagonale di San Giovanni alle Fonti presso l’abside della Basilica di Santa Tecla, se ne vedono i resti scendendo dalla controfacciata del Duomo: una vasca ottagonale, strutture in opus caementitium e pavimentazione con marmi bianchi e neri. Nel piccolo antiquarium in situ sono visibili tessere di opus sectile, frammenti di marmi pregiati di varia forma e colore con resti di doratura, forse erano parte del rivestimento della cupola sovrastante, andata perduta.

Per il battistero Ambrogio si era ispirato al mausoleo imperiale di Massimiano a Milano, a pianta ottagonale, antichissima forma simbolica di infinito, diffusa nel mondo orientale e romano. Sant’Ambrogio spiega il valore dell’ottagono nella cultura cristiana: l’ottagono dipende dal numero otto, somma dei Sette Giorni della Creazione più l’ottavo, quello della Resurrezione, il numero Otto corrisponde quindi per Ambrogio alla vittoria di Cristo sulla morte.

San Giovanni alle Fonti  è rimasto per secoli il prototipo di battistero non solo in Lombardia, ma in tutta l’area del Mediterraneo. Nel battistero milanese, nella notte di Pasqua del 387, il vescovo Ambrogio battezzò Agostino e nella suggestiva cerimonia del battesimo, rituale, per immersione, i due grandi Santi composero l’inno del Te Deum di ringraziamento. Anche questo battistero, come Santa Tecla, alla metà del ‘400 fu distrutto per l’avanzare dei lavori del Duomo.

Ma oltre al battistero Ambrogio, per completare, abbellire, ma soprattutto consacrare la città nuova, cristiana oltre che imperiale, fece costruire quattro grandi basiliche ai quattro punti cardinali, dedicate ai Martiri, agli Apostoli, ai Profeti e alle Vergini. Dovevano essere il baluardo celeste per la città, Milano diventava la Civitas Dei, la dimora di Dio scesa fra gli uomini, secondo il pensiero di Sant’Agostino. 

Le basiliche erano poste nei luoghi dove arrivavano le grandi vie di comunicazione provenienti da ogni parte dell’Impero ed erano anche luoghi di protezione e scambi per il suburbio.

La prima basilica voluta da Ambrogio fu costruita fra il 379 e il 386 a occidente della città, fra Porta Vercellina e Porta Ticinese, presso la Via delle Gallie, in un sito cimiteriale pagano e cristiano. Qui si trovavano molti sacelli di martiri fra i quali   Gervaso e Protaso, Nabore e Felice, e Vittore. Era la Basilica Martyrum, chiamata però, vivente ancora il vescovo Ambrogio, Basilica Ambrosiana. Consisteva in un’aula rettangolare, divisa in tre navate longitudinali con abside centrale a oriente. Le navate laterali avevano una larghezza che era la metà della navata centrale dalla quale erano separate da tredici colonne, provenienti da edifici cadenti, o da templi pagani abbandonati, forse dono dell’imperatore Graziano. La basilica era preceduta da un nartece, o porticato quadrato.   

Sul lato sud, presso l’abside, secondo il costume orientale, fu costruito un sacello, la cappella funeraria, dove Ambrogio depose il fratello San Satiro. In seguito questo piccolo ambiente fu trasformato nel sacello di San Vittore detto in Ciel d’Oro per la ricca decorazione musiva, nella quale vi è anche il ritratto del Vescovo Ambrogio. 

L’interno della basilica Ambrosiana era molto ricco, il pavimento coperto con lastre di marmo esagonali, l’abside, poco profonda,  rivestita di mosaici con simboli cristologici e lungo le pareti una teoria di 21 pannelli musivi con scene dell’Antico e Nuovo Testamento, andati perduti come la maggior parte della decorazione. 

Di tutto il materiale ricco e sfavillante che ornava l’interno della basilica è rimasto poco, conservato nel Museo della basilica dove si trovano parti delle possenti porte lignee con scene della vita di David, ispirate da Ambrogio.

È rimasto però il grande sarcofago del IV secolo detto di Stilicone, il grande generale vandalo reggente del giovane imperatore  Onorio. Le scene che vi sono rappresentate, dal Peccato originale al Christus Docens nella Città Celeste, corrispondono all’insegnamento del Vescovo Ambrogio.

Negli stessi anni di costruzione della Basilica Ambrosiana Ambrogio eresse la Basilica Apostolorum, dedicata poi a san Nazaro, fuori di Porta Romana in direzione sud, verso Roma, era situata lungo la Via Porticata, l’attuale corso di Porta Romana. Aveva la pianta a croce greca, con bracci uguali, forma nuova in Lombardia e in Occidente, derivata dalla Basilica degli Apostoli di Costantinopoli. La basilica cruciforme era carica di simbolismo, la sua forma, imitata in molte chiese del Nord Italia, come il suo battistero ottagonale, spiega Ambrogio, era il segno della vittoria di Cristo sulla morte. 

La chiesa, frequentata da personaggi illustri della corte, fra i quali Serena della famiglia imperiale e sposa di Stilicone, era ornata di marmi rari, ricca di epigrafi importanti e corredata di ricca suppellettile della quale è testimonianza una capsella, una scatola d’argento contenente le reliquie dei santi Andrea, Tommaso e Giovanni, inviate dal Papa. Sul coperchio è rappresentato a sbalzo Cristo fra gli Apostoli, sulla fronte la Vergine col Bambino, sugli altri tre lati scene bibliche. Questa capsella è un capolavoro di arte orafa, innovativa per il rapporto fra la frontalità delle figure centrali e il movimento delle figure intorno, con la luce che gioca sulla cesellatura conferendo dinamismo alle scene. Questo gioiello, che si trova nel Museo del Tesoro del Duomo, testimonia che al tempo a Milano c’erano botteghe di artisti e artigiani, in particolare orafi e mosaicisti, che realizzavano opere di grande bellezza e finezza. 

La Basilica Prophetarum et Confessorum, ovvero san Dionigi, si elevava fra porta Argentea e Porta Nova, sulla va orientale verso Aquileia. Fu fondata da Ambrogio che vi portò le reliquie del vescovo Dionigi, condannato all’esilio dall’imperatore Costanzo II. Questo vescovo aveva preceduto il vescovo ariano Aussenzio, al quale era succeduto Ambrogio. La chiesa era ad aula con un’unica navata e con due absidi sui lati lunghi per tombe insigni secondo il modello greco.

La Basilica Prophetarum fu distrutta nel 1549 dal governatore spagnolo di Milano Ferrante Gonzaga per la costruzione dei bastioni, per motivi militari. Fu distrutta  definitivamente nel 1783 per motivi urbanistici. I pochi resti sono visibili nei Giardini Pubblici, vicino al Planetario, a Porta Venezia. Qui vi era il magnifico labrum porphyireticum che ora si trova in Duomo, e il sarcofago di Valerio Petroniano del I sec.d.C., esposto al Museo Archeologico di Milano.

La Basilica Virginum fu eretta in onore della Vergine, contro l’eresia di Gioviniano, e come omaggio a tutte le Vergini. Fu chiamata subito anche di San Simpliciano in onore del successore di Ambrogio. Questa basilica era fuori di Porta Comacina, sulla via di Como, quindi dello Spluga, della Renania e di Treviri, altra sede imperiale, dove Ambrogio era nato e dove si recò in missione diplomatica. Questa basilica non viene nominata da Ambrogio ma da fonti medioevali, e nel corso dei secoli è molto cambiata per interventi di restauro. La pianta è basilicale ma quasi a “croce commissa”, con abside ad arco oltrepassato che diventava cassa di risonanza che faceva aumentare il tono del canto. Sulle pareti esterne sono ancora ben visibili le paraste raccordate in alto che costituiscono la più importante testimonianza di edilizia romana a Milano. 

L’interno è molto simile all’aula palatina del palazzo imperiale di Treviri, voluta così da Ambrogio a testimonianza della sua autorità di fronte al potere imperiale. La basilica era circondata da un portico, non comunicante con l’aula, che accoglieva pellegrini e penitenti. A lato dell’abside sul lato nord c’è un sacello forse quello che conteneva le reliquie dei martiri dell’Anaunia, missionari inviati da Ambrogio al vescovo Vigilio di Trento, uccisi in Val di Non.

Le belle basiliche paleocristiane edificate a Milano per volontà del vescovo Ambrogio, nel corso dei secoli hanno subito restauri che hanno loro cambiato lo stile originario. I restauri erano spesso necessari per la loro sopravvivenza, ma a volte erano solo per mutamento di gusto. Restano comunque testimonianza del potere della chiesa ambrosiana, depositaria delle tradizioni culturali e civili urbane che, in momenti di crisi e disgregazione, aveva dimostrato essere la vera forza riordinatrice del tessuto cittadino religioso e laico.

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