14.9 C
Milano
martedì, 18 Novembre 2025
  • Intesa San Paolo SpazioXnoi
HomeChiese Zona 2La basilica di san Lorenzo Maggiore

La basilica di san Lorenzo Maggiore

di Maria Giuseppina Malfatti Angelantoni

Nella Milano cristiana di età imperiale non c’erano solo le due concattedrali e le basiliche ambrosiane, c’era anche l’importante basilica di San Lorenzo presso Porta Ticinese, ancora esistente, esterna alle mura cittadine e vicina al quartiere imperiale. Questo imponente edificio era stato costruito sul declivio di un poggio che si elevava in una zona paludosa creata da due corsi d’acqua, la Vetra e il piccolo Seveso. Nella parte bassa, a sud, erano state realizzate solide sostruzioni ottenute con le grosse pietre squadrate tolte dall’anello esterno della vicina Arena. Vista da dietro, da piazza Vetra, la mole possente e movimentata della basilica, con torri, cappelle e cupola, appare maestosa e suggestiva come un’isola che emerga dal mare. Ma questo valloncello fu purtroppo a lungo il luogo tristissimo delle esecuzioni capitali.

Le solide sostruzioni vennero scoperte già ai primi del ‘700 quando furono scavate le fondamenta per la cappella del Riscatto, attuale sacrestia della basilica, ma scavi archeologici e studi approfonditi furono avviati solo agli inizi del ‘900. Proseguite nella zona per lunghi anni, le indagini hanno potuto confermare ciò che, per una vasta area dentro e fuori le mura romane, la toponomastica – Viarena, via Circo e via Anfiteatro – già indicava, e cioè che lì si trovava il quartiere imperiale di Milano poiché quelli erano edifici di pertinenza esclusiva dell’Imperatore. 

Della basilica di San Lorenzo non si conosce la data di fondazione né il committente, non esistono documenti in proposito, ma è da escludere l’intervento da parte del vescovo Ambrogio. Poteva  essere la cappella palatina – destinata cioè alla famiglia imperiale – poiché solo l’Imperatore avrebbe potuto utilizzare il materiale tolto dall’Arena. Ciò porterebbe la datazione di fondazione della basilica agli anni 391 o 392, cioè al tempo dell’abolizione dei giochi pubblici voluta da Teodosio I. Committente della basilica quindi potrebbe essere stato questo Imperatore o suo figlio Onorio. Non è più accettata l’ipotesi che San Lorenzo fosse basilica ariana, la misteriosa Basilica Porziana contesa dal vescovo Ambrogio, poiché quando egli assunse la cattedra vescovile, gli Ariani erano già stati sconfitti. 

La dedicazione al martire Lorenzo appare solo nella seconda metà del V secolo. Dal ‘700,  fino ai primi del ‘900, gli storici milanesi hanno pensato che qui ci fossero le Terme di Massimiamo, o un tempio di Ercole, e che l’annessa cappella di Sant’Aquilino fosse il mausoleo di Galla Placidia, figlia di Teodosio, poiché era chiamata Cappella della Regina. 

La basilica è orientata secondo i canoni con l’abside a est e la facciata a ovest e la sua struttura è molto complessa. È a pianta centrale con i lati del quadrato di base che si allargano in esedre coperte da semicupole; in corrispondenza dei quattro angoli si alzano quattro torri che in origine forse superavano i 30 metri di altezza. Queste torri, che fungevano da controspinta alla struttura centrale della basilica, sono collegate fra loro da un deambulatorio dal quale si ha accesso alle logge sovrastanti aperte verso l’interno. Le quattro torri di San Lorenzo sono le costruzioni più alte della Milano romana ancora esistenti, ricoperte in parte con l’intonaco originale. 

Dominano nella basilica di San Lorenzo archi a tutto sesto, volte e cupole, elementi architettonici che sono simbolo dell’autorità che viene da Dio. Si ritrovano infatti nelle basiliche e nelle cappelle legate ad imperatori anche in età medioevale. 

Attualmente la basilica è coperta da una cupola fatta costruire alla fine del ‘500 dall’arcivescovo San Carlo, dopo la caduta della precedente di età medioevale. Probabilmente, considerando la spinta delle quattro torri, la copertura originale paleocristiana poteva essere con cupola a crociera o a vela.

Tre esedre sono collegate a tre cappelle esterne costruite in tempi diversi, sono a nord San Sisto, a est Sant’Ippolito che costituiva il Martyrion, cioè il luogo delle reliquie e del culto del santo al quale la chiesa era dedicata, e a sud Sant’Aquilino, la più grande e la più bella delle cappelle, dal ruolo particolarmente importante nell’architettura lombarda.

A occidente, sulla facciata ricostruita nel 1894, c’è un pronao a pilastri davanti al quale doveva trovarsi un atrio quadrato  preceduto dal colonnato formato da 16 colonne di spoglio. La sua posizione davanti alla basilica ne sottolineava il prestigio e ripeteva, nell’ultimo tratto della via Ticinese, l’ ingresso trionfale alla città ispirandosi a quello della via Porticata a Porta Romana. Per questo colonnato la basilica è detta anche San Lorenzo alle Colonne. 

La struttura complessa di San Lorenzo è presente anche in contemporanee chiese siriane e greche. Milano ebbe stretti scambi culturali con il mondo greco e orientale, i suoi primi vescovi infatti, come indicano i loro nomi, erano greci, ma in questo caso non si può parlare di influenza orientale su San Lorenzo: questa basilica segue i canoni della grande architettura classica romana che era la stessa in tutti i territori facenti parte dell’Impero, anche se con declinazioni derivanti dalla cultura locale. Ed è certamente opera di artisti e artigiani di alto livello.  

La basilica di San Lorenzo fu oggetto di ammirazione da parte di molti illustri viaggiatori antichi che lasciarono descrizioni ammirate soprattutto dell’interno ricoperto da marmi pregiati, mosaici sfavillanti e dipinti, nel tempo purtroppo perduti, salvo alcuni lacerti, a causa di incendi e crolli; la struttura interna attuale è costruzione romanica. 

Questo meraviglioso complesso fu visitato, ammirato e studiato anche dagli artisti che si trovavano a Milano per lavorare alla corte dei Visconti o degli Sforza. In particolare fu studiato da Leonardo, che ne lasciò un piccolo disegno, e da Donato Bramante per il quale forse fu fonte di ispirazione per la cupola di Santa Maria delle Grazie, per la nuova basilica di San Pietro a Roma e per la meno nota, ma non meno bella, chiesa cinquecentesca detta Tempio della Consolazione a Todi.

Ma la descrizione più puntuale ci è arrivata da un disegno e dagli appunti di un altro grande architetto, il fiorentino Giuliano da Sangallo che nel 1492 visitò San Lorenzo affermando in particolare che la cappella di Sant’Aquilino era tutta rivestita di porfido, il marmo imperiale, confermandone così la  funzione di mausoleo. 

Questa cappella è la parte della basilica che ci è arrivata più integra. Costruita per ultima ne fu considerata a lungo il battistero ma, oltre a mancare tracce del fonte battesimale, questo ruolo le sarebbe stato impossibile poiché l’unico accesso all’ambiente era attraverso la basilica e i Catecumeni, cioè coloro che dovevano essere battezzati, non vi sarebbero potuti entrare. L’ ipotesi del battistero derivava dalla pianta ottagonale simile a quella del battistero di San Giovanni alle Fonti, voluto da Ambrogio presso la cattedrale. Ma la forma ottagonale, simbolo antichissimo di eternità e di rinascita, adottata per i mausolei pagani come quello di Massimiano a Milano, era stata “copiata” da Ambrogio per il suo battistero dove, grazie al battesimo, il cristiano passava dalla morte alla vita. Quindi la stessa struttura poteva essere simbolo di redenzione e rinascita sia per i mausolei che per i battisteri. L’ottagono di Sant’Aquilino era un mausoleo costruito verosimilmente per accogliere colui che aveva fatto costruire la basilica, l’imperatore Teodosio che però fu sepolto a Costantinopoli. 

Il mausoleo in origine era dedicato a San Genesio, ma poi dall’XI secolo fu dedicato a Sant’Aquilino, ucciso dai Catari a Milano. Le sue spoglie riposano in un ricchissimo sarcofago di cristallo di rocca e argento posto sull’altare maggiore.

Nella cappella, coperta da volta originale a ombrello, si trovano otto nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari, in una di queste si trova un grande sarcofago romano considerato la vera tomba di Galla Placidia. A metà altezza si snoda un matroneo dove sono ancora visibili frammenti di eleganti affreschi geometrici o con animali, simili ad altri rinvenuti in domus milanesi. 

La cappella è unita alla chiesa da un corridoio “a forcipe”, cioè con esedre nelle pareti laterali, l’accesso all’ottagono è costituito da un portale dalla raffinata cornice in marmo, del I secolo, decorata  con elementi vegetali, girali ed eroti negli stipiti e con una scena di corse con bighe, allusione a giochi funebri, nell’architrave. 

Sia nel corridoio a forcipe che nelle semicupole dei due vani  di fianco alla zona absidale, vi sono lacerti di mosaici. Nel corridoio, dai personaggi rappresentati – gli Apostoli, i Patriarchi e i Martiri – incorniciati da una struttura architettonica, si può dedurre che vi fosse rappresentata una “Gerusalemme Celeste”, La Casa di Dio fra gli Uomini. I volti rappresentati sono quasi di tre quarti con l’intento di personalizzazione, i colori sono vivaci, dominati dal blu, lo stile è quasi impressionista. All’interno della cappella, nel catino della semicupola di sinistra è rappresentato il “Carro di Elia che sale in cielo”, con una scena pastorale classicheggiante in primo piano, dai colori caldi. È la rappresentazione della Salvazione, l’ascesa dell’anima in Dio. Per la caduta di una parte dello strato musivo si vede il disegno sottostante, la sinopia, ben delineata. Nella corrispondente semicupola di destra, dal rivestimento musivo intatto, si impone l’immagine solenne di una “Maiestas Domini”, un Cristo imberbe che domina e istruisce gli Apostoli.  Sui loro manti, i pallii, sono scritte le lettere della Redenzione, i gammadia: I, cioè H, che indica il numero 8, la Resurrezione, e Z, cioè il numero 7, che indica i doni dello Spirito Santo. Questi mosaici sono stilisticamente “romani”, non bizantini, sono luminosi, dai colori vividi, le immagini hanno volume e non sono statiche. Nei due mosaici lo sfondo è dorato, indica l’infinito del cielo, mutuato in seguito dall’arte bizantina.  

Dopo i lavori di restauro terminati nel 2020, la cappella è tornata a splendere e sono stati recuperati anche affreschi del ‘300 e del ‘600 che nel tempo erano stati occultati. Da dietro l’altare con l’urna di sant’Aquilino si può scendere da una scaletta per ammirare le sostruzioni sottostanti.

La cappella di sant’Aquilino ebbe a lungo una forte influenza sull’architettura lombarda per la forma ottagonale imitata nei battisteri, e per la ripresa del motivo delle loggette sotto la linea di gronda che nell’architettura romanica lombarda si ritrovano nelle absidi e nei tamburi delle chiese. 

ARTICOLI CORRELATI

Articoli più letti

Numero 03-2025

Interviste recenti