di Sara Motzo – avvocato
Si è di fronte a un contratto a prestazioni corrispettive quando entrambe le parti devono fare qualcosa per l’altra (come per esempio una pagare e l’altra consegnare un bene o svolgere un servizio). Se una delle due parti agisce in giudizio per richiedere la risoluzione dell’accordo per inadempimento dell’altra parte deve solo provare al giudice l’esistenza del contratto e l’inadempimento (anche solo parziale) da parte dell’altra parte. Dovrà quindi provare l’altra parte di aver adempiuto correttamente nei termini pattuiti.
Chiarito quanto sopra, accade frequentemente che la parte venditrice di un immobile si impegni contrattualmente a liberare l’immobile da tutte le garanzie gravanti sullo stesso (quali per esempio le ipoteche) entro la data della stipula del rogito.
Alla luce di quanto sopra esposto, il promissario acquirente può agire in giudizio per richiedere la risoluzione del contratto preliminare qualora la condizione di liberazione dell’immobile entro la data del rogito non si sia verificata. Sarà onere del promissario venditore provare che non vi sia stato inadempimento ovvero che la mancata cancellazione delle garanzie sull’immobile non sia dipeso dalla sua volontà ma da forza maggiore ex art. 1218 e 1256 codice civile.
Pertanto, il debitore deve considerarsi responsabile per l’inadempimento dell’obbligazione sino alla possibilità della prestazione stessa dovendo quindi presumersi – fino a prova contraria – che l’impossibilità sopravvenuta sia a lui imputabile. Dovrà inoltre considerarsi se l’inadempimento debba essere considerato grave e tale valutazione viene rimessa al giudice. Difatti, un conto è vendere un immobile gravato da una garanzia non estinta e un altro caso è la garanzia ormai non più “operante” ma mai cancellata.
La Suprema Corte di Cassazione ha precisato che “il promissario acquirente di un immobile, garantito libero da ipoteche, ma, in realtà, da esse gravato, ha la facoltà, non l’obbligo, ai sensi dell’art. 1482 c.c., comma 1, applicabile al contratto preliminare, di chiedere al giudice la fissazione di un termine per la liberazione dal vincolo da parte del promittente venditore, ma se ha chiesto la risoluzione del preliminare, per effetto dell’art. 1453 c.c., comma 2, il promittente venditore non può più attivarsi per ottenere la cancellazione della garanzia. Inoltre il promissario acquirente può sospendere il pagamento delle rate di prezzo pattuite, ai sensi dell’art. 1482 cod. civ., comma 1” (Cass., n, 15380 del 2000; Cass., n. 3565 del 2002).
“La valutazione della gravità dell’inadempimento – prendendo le mosse dall’esame dei fatti e delle prove inerenti al processo – è rimessa al giudice del merito ed è incensurabile in Cassazione se la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o giuridici (nei sensi suddetti, tra le tante, Cass., n. 14378 del 2004; Cass., n. 10454 del 2003; Cass., n. 6756 del 2003)” (Cassazione Civile n. 19097/2019).
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