di Roldano Radaelli – Ufficio Stampa Unione Artigiani
Ci sono 43mila posti di lavoro vacanti – turnover incluso – nelle 88mila imprese artigiane della grande Milano. Il 40% tra queste prevede di effettuare almeno un’assunzione nel 2023. Secondo Unione Artigiani, che ha effettuato un’indagine coinvolgendo 500 aziende associate, si possono stimare circa 32mila assunzioni attese nell’area metropolitana e nel capoluogo ed altre 11mila tra Monza e Brianza.
Gli imprenditori però non sentono quasi più nessuno bussare alle porte di capannoni, cantieri e piccoli botteghe: la stragrande maggioranza dei titolari sa che non troverà personale adeguato. E se avranno la fortuna di incrociare nel giro di un anno un lavoratore su misura, almeno un titolare su cinque sa che dovrà mettere sul piatto almeno tra il 5 e 10% in più della retribuzione minima contrattuale per non farselo sfuggire o limare i turni serali e del weekend.
Per i più giovani la strada è apparentemente in discesa anche se in realtà c’è spazio per personale di ogni età, purché sappia “fa andà i man”. Nel mercato del lavoro artigiano sono a disposizione tra Milano e la Brianza circa 15mila contratti di apprendistato, altri 28mila sono riservati a personale più esperto che le imprese si contendono a rilanci di superminimi, mentre è aperta la caccia anche a diverse decine di impiegati amministrativi ed esperti digitali.
Il segretario di Unione Artigiani Marco Accornero dichiara preoccupato: “Il settore dell’artigianato è ormai prossimo all’esaurimento delle risorse umane. Dalle scuole professionali giungono sempre meno giovani determinati, l’età media degli imprenditori italiani è sui 55 anni (gli stranieri ne hanno una quindicina di meno), scarseggia anche il ricambio generazionale mentre crescono le offerte di lavoro destinate a rimanere senza candidati. Serve una campagna di promozione e valorizzazione della figura dell’artigiano, specie tra le nuove generazioni: dobbiamo portare i ragazzi a vivere un’esperienza diretta nelle botteghe, a incontrare i nostri maestri. Il lavoro manuale deve tornare centrale e nobile nell’immaginario collettivo”.
Aggiunge Accornero: “Paradossalmente sui social è già così. I video che mostrano processi di realizzazione di oggetti, riparazioni, abilità manuali e tecniche raggiungono visualizzazioni da capogiro. Il valore del prodotto artigiano è riconosciuto anche dai consumatori. Chi di noi non si tiene stretto l’artigiano di fiducia? Ma dietro tutto questo non abbiamo chi voglia sporcarsi le mani. Per affrontare il problema abbiamo in corso un progetto con il Comune di Milano per il Patto per il Lavoro dedicato ai ragazzi delle scuole medie. Ripartiamo da loro, ma vedremo i risultati solo negli anni. Chiederemo alla prossima giunta regionale un grande sforzo per il rilancio della formazione professionale, che oggi include esperienze validissime come quelle degli IFTS e degli ITS. Senza dimenticare che il settore può essere una grande opportunità anche per i disoccupati che si vogliono riqualificare e per le persone espulse dal’mercato del lavoro”.
Come l’artigiano cerca il lavoratore
Immerso in una dimensione aziendale formata mediamente da 5 persone, preso dal lavoro quotidiano e dalla gestione della burocrazia, l’artigiano non ha spesso il tempo necessario per cercare un dipendente. Il 20% dei titolari contatta direttamente le persone che ha già visto all’opera, anche provando a strapparle alla concorrenza. Per gli apprendisti il canale diretto privilegiato è il Centro di Formazione Professionale. Il 10% chiede aiuto all’agenzia interinale, ma ancora pochissimi ricevono candidature attraverso i canali digitali delle imprese.
Anche se la formazione e l’esperienza sul campo potrebbero innalzare le qualità dei meno esperti, ci sono diversi giovani che si candidano ma che non accettano di alzarsi mezz’ora prima del solito la mattina e tantomeno di lavorare nei weekend. Quando poi si inizia a parlare di soldi, le richieste restano lontanissime tra aspirazioni e capacità concrete da parte dei giovani e le disponibilità del datore di lavoro: per questo, nonostante la detassazione dei premi e la riduzione del cuneo fiscale, con almeno un aspirante dipendente su tre la trattativa si arena immediatamente.
I settori principali
Edilizia. C’è stato un momento, nel pieno delle attività del superbonus “garantito” e in particolare in vista delle scadenze degli Stati Avanzamento Lavori, che le imprese si rubavano i lavoratori tra un cantiere e l’altro a colpi di migliaia di euro. Oggi la richiesta di lavoratori si è raffreddata, con tante piccole imprese che attendono di monetizzare i crediti che riempiono i loro cassetti fiscali. Ma è pronto a riprendere quota in poche settimane, quando vi saranno maggiori certezze sulla cessione dei crediti. Cerca comunque personale almeno il 55% delle 35mila imprese del settore (8mila in Monza Brianza). Le retribuzioni sono più alte di almeno il 20% rispetto ai minimi contrattuali.
Installatori, Impiantisti, Idraulici, Elettricisti, Fabbri. Richiesta fortemente in ascesa per tutti i mestieri che stanno a valle delle finiture delle case. Crescono ovviamente anche le retribuzioni medie. Per un dipendente capace e disponibile a lavorare dalla mattina presto al sabato spesso incluso, il 16% delle imprese è disposto a pagare fino al 20% in più dei minimi contrattuali.
Qui si concentra la domanda più forte di apprendisti: almeno 6mila, di cui 1500 in Brianza.
Manifatturiero. Dopo una stasi dovuta all’impennata dei costi energetici e delle materie prime, un’impresa su due tra le 5mila (1.788 in MB) sul mercato si prepara ad assumere. I titolari di imprese si scontrano contro l’inadeguatezza della preparazione dei candidati e con la scarsa propensione a fare turni. Anche in questo settore gli stipendi di base offerti sono accettati da un lavoratore sue due: l’imprenditore deve alzare la posta di almeno il 10%.
Servizi alla persona. Per parrucchieri ed estetisti assunzioni possibili in almeno un’impresa su tre tra le 8mila presenti tra Milano e la Brianza (1.750). Si cercano almeno quasi duemila apprendisti, ma la linfa vitale assicurata dai centri di formazione non rifornisce più manodopera adatta al turnover e alle nuove aperture. Le scuole per acconciatori registrano numerosi abbandoni e scarsa propensione dei ragazzi ad operare nel settore anche dopo l’abilitazione. I più giovani – secondo gli operatori del settore – non vogliono lavorare tutti i sabati. La ricerca di parrucchieri è ancora più complicata nei centri urbani dove le spese di trasporto e consumo dei pasti per i lavoratori sono maggiori e in particolare manca, tra gli acconciatori, la conoscenza delle lingue. Boom invece per la toelettatura degli animali, i tanti che hanno aperto sono tutti alla ricerca di personale di supporto.
Autotrasporto. Prevede di assumere autisti ed esperti del settore almeno un’azienda su tre delle 9mlla imprese del settore (1.200 in MB). L’abilitazione degli autisti è fortemente incentivata dal punto di vista economico, ma anche gli operatori riconoscono che è un’attività impegnativa ad alto contenuto di stress e, pur essendo sicura e continuativa, è al momento con bassi margini di crescita e carriera.
Autoriparazione. Un altro settore in ascesa. Il 65% delle circa 4mila imprese (1.000 in MB) ha dichiarato di volere effettuare almeno un’assunzione. Il mercato è in continua evoluzione: da una parte servono nuove competenze per la manutenzione delle auto ibride ed elettriche, dall’altra occorre ulteriore impegno per mantenere in efficienza le auto termiche meno recenti. Anche in questo caso sono sempre aperte le porte delle imprese per apprendisti e personale esperto. Sono stimati vacanti almeno 2.500 posti (600 in MB), di cui almeno la metà destinati ad esperti.
Tessile, Sartoria, Abbigliamento. Anche questo settore, l’ultimo dell’artigianato a riprendere quota dopo il Covid, registra assunzioni: almeno un’impresa su tre tra le 4.700 attività operative (1.100 in Brianza) vuole assumere almeno una persona. La stragrande maggioranza cerca personale esperto.
Legno e Arredo. Nelle circa 4.500 imprese del distretto del mobile (2mila in MB) si fa fatica a trovare falegnami e tappezzieri finiti. Almeno due terzi delle imprese ne assumerebbe anche più di uno, se li trovasse. E’ per questo che le offerte restano inevase con un turnover che non viene sostituito. Chi ha alle dipendenze artigiani del settore oramai specializzati lo sa, se li tieni stretti a colpi di superminimi e premi, anche se pensionati.
Pulizie. La domanda è incessante in un settore che richiama il maggior numero di lavoratori stranieri, molti dei quali divenuti essi stessi imprenditori. Il 70% delle 5.300 imprese attive (1.000 in MB) tiene le porte aperte anche solo per un part-time. Per molte imprese la difficoltà principale è trovare lavoratori automuniti in grado di spostarsi autonomamente tra i vari clienti.