di Roldano Radaelli
“Vedi il tuo futuro nell’artigianato? A Milano non avrai certo problemi di dover chiedere il salario minimo e non conta nemmeno se sei italiano o straniero ma solo se sei capace. Anzi, i dati delle migliaia buste paga che elaboriamo ci dicono che nessuna impresa basa gli stipendi sui minimi contrattuali, altrimenti rischiano di restare senza personale. Certamente non all’inizio della carriera, quando non sai fare quasi niente ma non appena accumuli un minimo di esperienza puoi dettare tu le condizioni al mercato”.
Marco Accornero, segretario generale di Unione Artigiani, non ha dubbi: “Il mercato del lavoro del settore tira ancora. Alcuni settori certamente non possono garantire stipendi al top e pagano quanto possono, strangolate da affitti, costi dell’energia e ovviamente una tassazione considerata eccessiva”.
Le soluzioni? Secondo Accornero si basano sugli investimenti sulla formazione e sulla digitalizzazione, puntando sull’efficientamento e la sostenibilità degli impianti, sulla detassazione del lavoro straordinario e notturno specie per ospitalità e ristorazione, e combattendo senza tregue lavoro nero e contratti pirata che fanno concorenza sleale ed erodono i margini delle imprese serie.
“Da parte nostra – continua Accornero – stiamo dando il massimo supporto alle nostre imprese che vogliono innovare. Il sistema pubblico può fare una riforma a costo zero. Ad esempio assegnando appalti e subappalti solo alle imprese che assumono con i contratti dell’artigiano firmati dalle organizzazioni più rappresentative e che pagano il sistema della bilateralità artigiana, chiudendo definitivamente le porte che applicano i contratti pirata”.
“Sul caso Milano – è il giudizio del segretario di Unione Artigiani – si è oramai giunti ad un punto di svolta: se il territorio non vuole perdere lavoratori deve partire un tavolo tra tutti gli attori della vita politica, economica, sociale e istituzionale in grado di incidere profondamente sul modello stesso del contratto di lavoro, serve una rivoluzione sul welfare su casa e servizi, a partire dai trasporti, formazione. Milano faccia da apripista”.
E per i giovani, quelli che iniziano quasi da zero? Vanno rivisti i compensi dell’apprendistato. Questo contratto di formazione e lavoro resta il canale principale d’ingresso nel mercato del lavoro e definisce tappe precise per gli aumenti contrattuali. È anche oggettivo che ad oggi registriamo sofferenza sui salari d’ingresso, specie su Milano, che blocca anche i giovani più entusiasti e ad alta potenzialità. Certamente qualunque impresa può scegliere quanto pagare un giovane dipendente ma riteniamo sia utile prevedere una detassazione completa dell’apprendistato per lasciare più soldi nelle tasche dei più giovani.
L’artigianato del resto cerca disperatamente personale: oltre 40mila posti vacanti solo tra MI e MB. Oramai il rischio vero è quello dell’estinzione, anche per i settori che non ti aspetti: meccanici, parrucchieri, panettieri, falegnami.
Le scuole professionali non riescono a star dietro all’offerta di lavoro. Concludono il circuito della formazione professionale ogni anno circa 4000 ragazzi ma il mercato ne assorbirebbe il triplo.
Tutto questo in un divario che si allarga a dismisura tra artigiani italiani sempre più anziani e privi di ricambio generazionale e la crescita alla velocità della luce delle imprese straniere nell’ambito dell’economia di prossimità di artigianato e del piccolo commercio. È un fenomeno che certamente si osserva per le strade, certificato dalla Camera di Commercio.
Nel giro degli ultimi 36 mesi la crescita delle micro imprese guidate da titolari stranieri è stata letteralmente verticale. Centinaia di nuovi cittadini provenienti da ogni angolo del mondo – dopo aver accumulato l’esperienza giusta come collaboratore o dipendente – stanno rilevando o semplicemente prendendosi la propria fetta di mercato di tante attività di italiani.
Le imprese straniere della filiera casa sono oramai il doppio di quelle italiane: quasi 8000 su 12mila. Nell’ambito della pulizia il sorpasso è effettuato da tempo: 3181 contro 2085. Ora si registra un boom con numeri enormi sul commercio ambulante di tutti i tipi, dall’abbigliamento all’alimentare: gli stranieri sono oltre il 70% e il dato tendenziale è in continua crescita. Risultano in crescita enorme le attività legate al cibo da asporto, la sartoria, la pelletteria e i servizi di riparazione e quelli alla persona.
“Diventare imprenditori rispettosi delle regole è sicuramente una delle vie maestre per una maggiore integrazione sociale. Occorre sapersi confrontare con gli enti pubblici, i fornitori, i lavoratori, le banche”, commenta Marco Accornero, Segretario di Unione Artigiani Milano. Certamente, agli imprenditori stranieri toccherà affrontare concretamente le situazioni che hanno vissuto gli italiani, aggravate dalla lingua, dalla complessità della norme e di un mercato dei servizi che non è ancora pronto per un mondo che è cambiato. “Qualche esempio: le banche faticano ancora ad aprire conti correnti e linee di credito ai titolari stranieri che spesso si arrangiano come possono, ricorrendo agli aiuti della comunità ma rischiando di finire anche in mani criminali. Non esiste, nemmeno a livello di sistema nazionale un corso sulla sicurezza del lavoro in lingua straniera. Insomma – è l’analisi del Segretario di Unione Artigiani – non rimane altro che prendere attivamente atto di questa trasformazione e far crescere la cultura imprenditoriale e la capacità di questa imprese. Dobbiamo unire i controlli contro i rischi di concorrenza sleale, elusione fiscale e di infiltrazioni criminali con corsi di formazione a ciclo continuo e servizi in lingua. Unione Artigiani ha attivato una sperimentazione col cinese che sta registrando l’attenzione di svariate decine di nuovi imprenditori”.