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50 anni di Greco: borgo, comune, quartiere

Sono passati oltre 50 anni dalla pubblicazione di un libretto che testimoniava la vitalità di un quartiere in crescita.

di Gianni Banfi


54anni fa un gruppo di giovani grechesi, precedendo molte iniziative del genere, diede alla luce il libro: Greco un Borgo un Comune un Quartiere, questa iniziativa perseguiva lo scopo di dare a ogni famiglia grechese (allora circa 5000 famiglie) il volumetto (160 pag.) quale strumento di conoscenza del quartiere.

Vennero stampate 5000 copie che vennero distribuite gratuitamente a tutte le famiglie, però, all’interno del libro una lettera precisava che il ricevente poteva contribuire alla spesa con una libera donazione. A operazione conclusa vennero pagate tutte le spese e la cifra avanzata (70mila lire) venne donata alla scuola elementare Bottelli.

Il libro era diviso in tre parti:

  • Storia di Greco, di Siro Gorla
  • Folclore di Giovanni Bortolin
  • Urbanistica di Gianni Banfi ed Enrica Chiapparelli.

Per Greco, per la prima volta, si ebbe una, seppur breve, storia organica del quartiere e dei suoi borghi.

Nel secondo capitolo (il Folklore e tradizioni) balza evidente, rispetto alla situazione attuale, quanto sia decaduta la vita comunitaria di oggi rispetto a quella di solo 50 anni fa, bastano questi confronti: vi erano 3 squadre di calcio con tre campi! Decine di bar con organizzazioni varie di club sportivi, bocciofile, pesca sportiva, l’oratorio con compagnie teatrali e musicali, vi si svolgevano processioni, feste patronali, nonché una vita culturale più viva che ha consentito di realizzare lo stesso libro, c’erano, persino, due partiti politici (P.C. e D.C.) che conducevano le proprie attività in… piena armonia. Insomma una vita di quartiere piena, dove ogni singola persona, se voleva, poteva trovare un proprio ambiente in cui potersi esprimere.

Il terzo capitolo sull’urbanistica, ovvero lo sviluppo del quartiere Greco che passava dall’essere una località periferica, ex rurale, di Milano, a quartiere pienamente integrato nella città e, soprattutto, dotato di spazi liberi (ex campi) che avrebbero consentito un organico sviluppo futuro.

Già da allora (nel primo dopoguerra fino agli anni 60/70) il libro denunciava che il quartiere era sottoposto a una massiccia costruzione di nuove case (come era giusto che fosse in quanto si registrava la prima grande immigrazione del dopoguerra) senza peraltro porsi il problema di dare, non solo dei servizi adeguati, ma anche una situazione urbanistica/viabilistica adeguata, visto che il quartiere era già tagliuzzato da una serie infinita di rami ferroviari. 

Questa la situazione: Si costruirono case in: via Bettoni; via Stella, via Bottelli, via E. De Marchi, via Comune Antico, viale Rimembranze, via C. Conti (complesso), via Ussi, via Ugolini, via Zuretti, via Fava (ex Il Giorno), praticamente su tutto il territorio, fino alla quasi totale saturazione degli spazi liberi. Scomparivano i campi sportivi della Pomense (sull’area delle 3 Torri) e del Greco-Pantagon, mentre il terzo, il campo Villa di via Ussi (ex U.S. Greco) veniva praticamente espulso dal quartiere con lo sbarramento ferroviario in via Comune Antico. 

Per quanto riguardava la viabilità, visto l’aumento massiccio della popolazione e lo sviluppo automobilistico, col conseguente bisogno di posti macchina, non si può certo dire che il problema si sia posto né tanto meno risolto.

Già allora (1970) si denunciavano queste anomalie:

1) per raggiungere viale Zara, Greco aveva disponibili solo due passaggi, il primo in via Cagliero, poi un “muro” invalicabile fino a via Salvatore Pianell per 2,2 km, cioè a Segnano, praticamente su tutta la lunghezza del paese/quartiere non vi erano (e non vi sono) passaggi.

2) Così pure per raggiungere viale Monza; partendo dall’ultimo tunnel di via Sammartini fino a via Rucellai per 2,6 km, non vi è alcuna possibilità, ma non solo, la tortuosità della strada rende oltremodo difficile questo percorso.                                                                                                                                       

I 50 anni passati da quella denuncia non hanno risolto questa anomalia, così era allora, così è oggi, anzi peggio perché il traffico di oggi è almeno doppio rispetto allora.

La condizione dei posteggi stradali; Greco (come il resto della città) non è messa bene, normalmente vengono occupate le corsie sia di destra che di sinistra nonché, là dove possibile, anche i marciapiedi. Il massimo lo troviamo nel tratto di via M. Gioia dove vi sono sei linee di posteggi sulla stessa via. Risultato, qui come altrove, la città è letteralmente “lastricata” da automobili. Problema che sembra non interessare, visto il continuo peggiorare della situazione senza intervenire con seri provvedimenti.

Quali soluzioni andrebbero ricercate in Greco? Le recenti nuove costruzioni e quelle future in arrivo, non faranno che peggiorare la situazione? Sappiamo di dire banalità ma sarebbe bene che a queste a banalità si dia anche una risposta:

1) ogni nuova costruzione dovrebbe mettere disponibile un certo spazio per posteggi pubblici, oltre ai propri (e questo varrebbe per tutta la città).

2) Che dire e che fare delle innumerevoli arcate ferroviarie vuote? Perché non impiegarle per posteggi auto, anche a pagamento?

Ma le Ferrovie, dall’alto delle loro insindacabili decisioni, possono (devono) aver riguardo della popolazione che, in qualche modo, subisce le decisioni, giuste o sbagliate che siano? Non dovrebbero risarcire, almeno in parte, la cittadinanza? Questo non è successo quando l’ultimo ramo ferroviario ha spaccato in due l’unico campo sportivo rimasto (Greco-Pantagon) riducendo a una larva il futuro campo sportivo. Qui vogliamo ricordare, polemicamente, qual’era l’estensione dei campi di 50anni  fa, con l’attuale situazione dove tutto è stato sacrificato, ne fa testo l’inutile successo: Il ragazzo della via Gluck.

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